La vittoria di Allawi non dà certezze all’Iraq
È improbabile che Allawi riuscirà a governare con soli 2 seggi di vantaggio su al-Maliki, che intanto denuncia brogli
La vittoria dell’ex primo ministro Allawi alle elezioni irachene non calmerà la situazione in Iraq, anzi. Secondo diversi analisti politici i soli due seggi di vantaggio ottenuti da Allawi sul rivale e premier uscente al-Maliki non basteranno a garantire un parlamento stabile. E forse non basteranno nemmeno per riuscire a formarlo. I 91 seggi raggiunti dalla coalizione di Allawi sono infatti lontani dai 163 che servono a ottenere una maggioranza in parlamento, una cifra che potrà essere raggiunta solo con la collaborazione degli altri partiti. Ma la strada che porterà tutte le coalizioni a lavore insieme è più che impervia.
Secondo l’opinione di Joost Jiltermann dell’Internationl Crisis Group, la parte dell’elettorato di Allawi di radice sunnita renderà molto difficile un’alleanza con i curdi, che dalla loro hanno i 43 seggi ottenuti in Parlamento. E Al-Maliki, con i suoi 89 seggi, non ha nessun interesse ad agevolare la vita del nuovo governo, perché in caso Allawi non riuscisse a controllare la situazione la palla passerebbe a lui.
Ad Melkert, il rappresentante delle Nazioni Unite, ha definito il voto regolare, ma Al-Maliki ha già annunciato che farà ricorso per brogli, affermando che ripetere le votazioni sarà necessario per prevenire un “ritorno alla violenza”. Proprio poche ore prima dell’annuncio della vittoria di Allawi 43 persone sono morte in un doppio attentato a Khalis, a nord di Baghdad, a opera prima di un’autobomba in un mercato e poi di un kamikaze che si è fatto saltare in aria mentre i soccorritori erano in arrivo.
L’ambasciatore degli Stati Uniti Cristopher R. Hill e il Generale Ray Odierno, il capo delle operazioni militari americane in Iraq, hanno chiesto a tutti i partiti di evitare di dire o fare cose che potrebbero infiammare la situazione, già tesa. Le reazioni degli iracheni vanno dalla gioia alla paura: c’è chi fa festa in strada suonando i clacson, c’è chi fa provviste di viveri, temendo scontri violenti e un nuovo coprifuoco. Ma di certo c’è che queste elezioni non hanno tranquillizzato il paese come si sperava.
“In Diyala nessuno è felice,” dice Qais Jihad, 30 anni, riferendosi ai due attentati. “La vittoria ha il sapore del sangue. Vogliamo che i problemi delle elezioni finiscano, e si formi un governo che faccia smettere all’Iraq di sanguinare.” E di questo passo, il ritiro delle truppe americane sembra allontanarsi ancora di più.