Una prima convergenza tra PD e M5S
Il forno non solo funziona, ma ha anche cotto le prime pagnotte, senza offesa per i due docenti di diritto fino a ieri sconosciuti alle cronache che ora rischiano addirittura di passare alla piccola storia della politica italiana: Silvana Sciarra e Alessio Zaccaria entrano infatti rispettivamente alla Corte costituzionale e nel Csm come i primi frutti (magari anche gli ultimi, ma a questo punto chi può dirlo) di una convergenza parlamentare tra Pd e Cinquestelle.
La doppia elezione di ieri può rimanere un episodio isolato o può aprire una fase nuova della legislatura. Oppure, terza ipotesi più probabile, può smuovere le acque del centrodestra – lasciato in un angolo, sconfitto e impotente – convincendolo di doversi impegnare di più nella spinta alle riforme, lasciando perdere i toni vanamente altezzosi che gente come Gasparri e Brunetta non possono evidentemente più permettersi.
Sia chiaro, nel nome di Zaccaria e Sciarra non nasce alcuna nuova maggioranza. Le scene isteriche dei grillini a Montecitorio, in queste stesse ore contro il ministro Boschi, confermano che con loro non si può andare oltre manovre tattiche di reciproca utilità. La novità al loro interno è l’affermarsi definitivo di figure come Di Maio in grado di gestire operazioni politiche fin qui impensabili. Tutti ragionano intorno alla possibile ricaduta sulla riforma elettorale, sulla quale Pd e M5S avevano già aperto una trattativa al famoso tavolo in streaming, prima che Grillo facesse calare la saracinesca. Può darsi, chissà, che il comico non sia più tanto autocrate da poter porre veti.
In giorni in cui tutti si occupano dei caratteri della leadership di Renzi, il paradosso è che le leadership effettivamente sfidate sono quella appunto di Grillo e quella di Berlusconi. La cui famosa agibilità politica, ben più che dalle ordinanze della magistratura, è ormai limitata se non negata da gente come Raffaele Fitto.