I (non) marines che si suicidano
Marco Fisk segnala due gallerie fotografiche (sul Corriere e su Repubblica) che parlano di una marcia a petto nudo dei marines per ricordare i «22 marines che negli Stati Uniti, ogni giorno, si tolgono la vita» (Repubblica: il Corriere, anche se nel titolo scrive «Ogni giorno si suicidano 22 marines», nel testo parla di «22 reduci dei marines». Per prima cosa, appunto, non sono i marines che si stanno suicidando in massa ma i reduci, cioè coloro che «were identified as having history of U.S. military service on death certificates» (cito dal rapporto ufficiale). Ma c’è dell’altro.
Il punto principale da considerare è infatti un altro: quel numero da solo non significa nulla. Il rapporto scrive specificatamente che stima che il 22% dei suicidi abbia fatto il servizio militare, che la maggior parte dei suicidi sono di maschi, e che il 21% dei maschi sopra i diciotto anni abbia fatto il servizio militare. Cito ancora il testo: «It is therefore possible that epidemiologic characteristic of suicide in the general population (i.e. higher rates of suicide among older adult males) may contribute to a comparatively high prevalence of Veterans among those who die from suicide.»: in pratica il rapporto afferma correttamente che non è possibile dimostrare un rapporto di correlazione specifico tra l’aver fatto il militare e il suicidarsi, perché non è facile distinguere i veterani dalla popolazione maschile nel suo complesso. (Perché allora è stato fatto questo rapporto? Uscendo dal campo matematico, posso immaginare che poiché un veterano ha fatto qualcosa per lo Stato allora lo Stato pensa un po’ a lui, farebbe molto americano: ma qui esuliamo dallo scopo del post).
In definitiva, ricordatevi sempre di guardare i numeri ma non prenderli mai come assoluti!