Me la prendo
Sono arrivato ieri sera a Londra, una città dove non sarei mai definito “una donna senza ciclo mestruale” davanti a 15 milioni di telespettatori imbesuiti. Un posto dove nessuno potrebbe fare brutta comicità in diretta televisiva lavorando sui peggiori stereotipi e sul cliché della checca da avanspettacolo anni ’50. Dove non si consentirebbe a un gruppo popolare presso i giovani di mandare il messaggio che il bullismo antiomosessuale è figo e vincente, che chi prende per il culo i gay fa ridere e fa i soldi e che facendo così si arriva sul palcoscenico dell’Ariston.
“Ah, che fai, te la prendi?”. Sì, me la prendo. Me la prendo per i ragazzini e le ragazzine che passano il loro inferno in tutte le scuole d’Italia con il beneplacito e la benedizione di due brutti ceffi di comici che si danno, scegliendosi un nome che glielo consente in modo massimamente snob, delle arie da intellettuali che rileggono in modo dissacrante la nostra società.
E me la prendo per me, che da europeo vedo come siamo messi. Ieri ero a Roma a questo convegno organizzato dall’Ufficio Antidiscriminazioni del Ministero delle Pari opportunità. Si ospitava una delegazione del Consiglio d’Europa venuta a concordare col governo italiano un piano d’azione per risollevare la situazione delle persone GLBT in Italia. Un piano simile è stato messo in piedi per questi altri stati: Lettonia, Polonia, Serbia, Montenegro e Albania. Noi siamo in quel gruppetto là, per intenderci.
E mi fa specie vedere sulla mia bacheca di Facebook e nelle risposte ai miei tweets un sacco di gente pronta a giustificare, a sottilizzare, a difendere il diritto di espressione, a ricordarmi che una donna incinta sta peggio di un gay nel mondo del lavoro. Un sacco di distinguo pelosissimi e schifosi, per non avere il coraggio di dire che tutto questo è semplicemente inaccettabile. Non solo per me che sono gay ma per tutti voi, cari concittadini con la testa nella sabbia che avete così facilmente abdicato al rispetto per noi dimenticando che il rispetto non conosce destinatari. O c’è per tutti o non c’è.
E questi sono i miei lettori, quelli che mi seguono, quelli che mi conoscono da una vita. In alcuni casi, anche conoscenti o amici personali. Se penso al resto del mondo, quello che sulla mia bacheca di Facebook non passa, o quelli che nemmeno sanno Facebook cos’è, allora mi cadono le braccia. E’ davvero con una certa diffidenza che sto guardando oggi il biglietto del mio volo di ritorno, lunedì sera.