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  • Domenica 21 settembre 2025

Trump sta forzando le cose

Usa i poteri presidenziali in modo sempre più ampio, in alcuni casi sfidandone i limiti: lo si è visto per esempio coi media

(AP Photo/Julia Demaree Nikhinson)
(AP Photo/Julia Demaree Nikhinson)
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Da quando è tornato a essere presidente degli Stati Uniti, lo scorso gennaio, Donald Trump ha usato o alluso alla possibilità di usare i propri poteri molto estesamente, in molti casi forzandone i limiti. L’ultimo di questi casi, piuttosto esemplificativo, è relativo ai media: giovedì Trump ha detto infatti che l’autorità delle comunicazioni statunitense (la FCC, Federal Communications Commission) dovrebbe ritirare il permesso di trasmettere alle televisioni che parlano male di lui.

Ha applicato questo approccio a molti ambiti, dall’immigrazione all’ordine pubblico, passando per la gestione delle agenzie federali e anche dei fondi delle università. Per farlo sfrutta poteri di emergenza, interpretazioni ampie e discutibili della legge e anche, più banalmente, la grande influenza politica che ha come presidente e come leader del Partito Repubblicano.

Fin da subito Trump ha promosso politiche aggressive per arrestare ed espellere gli immigrati e in generale ridurre l’immigrazione, sia legale che illegale, con procedure spesso contestate e che in vari casi sono state bloccate dai tribunali: tra le altre cose a marzo la sua amministrazione aveva fatto espellere circa 200 immigrati venezuelani a El Salvador, contro il parere di un giudice federale e in alcuni casi in modo illegittimo.

Sta anche provando ad allargare il ruolo dell’esercito, schierandolo per questioni che non gli competerebbero e dentro ai confini degli Stati Uniti, una cosa molto inusuale e che solleva vari dubbi legali. La decisione più plateale è stata quella di inviare la Guardia Nazionale a Los Angeles e a Washington, per motivi diversi: nel primo caso per fermare delle proteste contro operazioni della sua amministrazione per arrestare presunti immigrati irregolari (proteste che c’erano, ma secondo molti non di intensità tale da richiedere l’intervento di forze federali); nel secondo per risolvere quella che lui sostiene essere un’«emergenza criminalità», che però non trova riscontro nei dati.

La Guardia Nazionale è un corpo di riservisti dell’esercito: può essere convocata per rispondere a catastrofi naturali o a gravi disordini, ma quasi sempre succede in accordo con il governatore dello stato in questione. Sia a Los Angeles che a Washington invece Trump si è mosso da solo, senza considerare l’opposizione dei leader locali, entrambi Democratici. Ha già espresso l’intenzione di mandare la Guardia Nazionale anche in altre città governate da Democratici, tra cui Memphis.

– Leggi anche: Trump sta cambiando il ruolo dell’esercito

Altri esempi includono le decisioni di licenziare o provare a licenziare alcuni importanti funzionari pubblici, come la consigliera della Federal Reserve (la banca centrale degli Stati Uniti), Lisa Cook (la decisione è stata poi bloccata da un tribunale), e la direttrice dei CDC (Centers for Disease Control and Prevention, gli organi che si occupano di salute pubblica), Susan Monarez, a causa delle critiche che lei aveva rivolto al segretario alla Salute, Robert Kennedy Jr., vicino a Trump e noto per le sue teorie antiscientifiche e antivacciniste.

– Leggi anche: Robert Kennedy Jr. sta smontando le regole sui vaccini negli Stati Uniti

Trump ha avviato anche una campagna contro molte università statunitensi, comprese quelle più note e prestigiose, minacciando di tagliare miliardi di dollari in fondi pubblici se non avessero adattato le loro politiche interne alle sue richieste. Alcune hanno ceduto o si sono mostrate più collaborative, come la Columbia University di New York; altre hanno fatto causa, come Harvard.

Trump accusava le università di non aver fatto abbastanza per contrastare episodi di antisemitismo nei campus durante una serie di proteste contro la guerra nella Striscia di Gaza. In realtà, i problemi della destra statunitense verso le istituzioni accademiche sono cominciati tempo fa e hanno ragioni politiche e culturali profonde, che hanno a che fare anche con l’orientamento generalmente progressista degli atenei.

– Leggi anche: Perché Trump ce l’ha con le università americane

Donald Trump parla alla base militare di Al Udeid, in Qatar, il 15 maggio 2025 (AP/Alex Brandon)

Donald Trump parla alla base militare di Al Udeid, in Qatar, il 15 maggio 2025 (AP/Alex Brandon)

Trump sta anche facendo ampio ricorso a poteri che dovrebbero essere usati solo in situazioni emergenziali. La legge prevede che in quel caso il presidente possa dichiarare lo stato di “emergenza nazionale”, che gli attribuisce poteri più ampi rispetto alla norma. Trump non è il primo presidente che sfrutta questa possibilità per prendere decisioni politiche: lo sta facendo, però, molto più spesso dei suoi predecessori.

Secondo vari esperti Trump ha dichiarato le emergenze nazionali in modo strumentale, per avere la possibilità di attuare politiche dibattute attraverso ordini esecutivi, che sono immediatamente efficaci ed evitano l’approvazione del Congresso. Finora ha sfruttato le emergenze nazionali, tra le altre cose, per espellere più facilmente gli immigrati, per approvare enormi dazi verso moltissimi paesi e anche per imporre sanzioni contro la Corte penale internazionale.

I criteri per definire una situazione di emergenza sono piuttosto vaghi, ha spiegato il giornalista Adam Kushner del New York Times, notando come per Trump queste siano ormai diventate «uno stile di governo». Kushner ha notato che i giudici che vogliono annullare le decisioni di Trump devono anche valutare se sia un’emergenza reale oppure no. È una decisione particolarmente complicata, anche perché per farlo devono tenere conto del principio legale della «presunzione di regolarità», sulla base del quale, in sostanza, si presume che il governo agisca in buona fede.

Donald Trump stringe la mano al presidente della Corte suprema John Roberts alla cerimonia della propria inaugurazione, il 20 gennaio 2025

Donald Trump stringe la mano al presidente della Corte suprema John Roberts alla cerimonia della propria inaugurazione, il 20 gennaio 2025. Roberts è stato nominato alla sua posizione attuale nel 2005, ed è generalmente considerato un giudice di orientamento conservatore moderato (AP/Kenny Holston)

Trump è anche favorito dal fatto che in questo momento la Corte suprema, il più importante tribunale statunitense, è composta in maggioranza da giudici conservatori e più vicini ai Repubblicani (sono 6 su 9).

Trump riesce a forzare i limiti del suo potere presidenziale anche perché, banalmente, al momento è molto forte dal punto di vista politico. Negli anni scorsi ha rivoluzionato il Partito Repubblicano, diventandone la figura centrale e riuscendo a imporsi sui critici: per questo può contare sul fatto che al momento i politici del suo partito disposti a criticarlo sono pochissimi, e nel suo secondo mandato si è circondato appositamente di persone fedelissime, che assecondano le sue decisioni. I Repubblicani hanno anche la maggioranza sia alla Camera sia al Senato.

Banalmente, quindi, Trump è in una posizione di grande potere personale, che può sfruttare a fini politici anche al di fuori delle proprie funzioni. Un esempio è il fatto che, nei giorni scorsi, la rete televisiva ABC ha sospeso il talk show del noto presentatore Jimmy Kimmel, dopo che questo aveva fatto una battuta in cui accusava la destra di voler sfruttare politicamente l’assassinio dell’attivista Charlie Kirk. Il capo della FCC, Brendan Carr, è un ideologo di destra nominato da Trump: dopo la battuta aveva minacciato ritorsioni, e dopo poche ore la rete televisiva ABC, che lo trasmetteva, ha sospeso il programma.

– Leggi anche: La campagna di Trump contro i media