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  • Giovedì 4 settembre 2025

Le proteste contro la squadra israeliana alla Vuelta di Spagna

Si sono fatte molto notare, fino a far finire una tappa prima del previsto: sono pro Palestina, ma soprattutto contro la Israel-Premier Tech

Bandiere palestinesi all'arrivo dell'11esima tappa della Vuelta, il 3 settembre a Bilbao, in Spagna (Tim de Waele/Getty Images)
Bandiere palestinesi all'arrivo dell'11esima tappa della Vuelta, il 3 settembre a Bilbao, in Spagna (Tim de Waele/Getty Images)
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Mercoledì una manifestazione a favore della Palestina ha fatto finire tre chilometri prima, e senza un vincitore, l’undicesima tappa della Vuelta di Spagna maschile, la terza più importante corsa a tappe del ciclismo mondiale. Così come diverse altre volte in questi giorni alla Vuelta, e ancora prima a molti altri eventi del ciclismo su strada, oltre a essere a sostegno della popolazione palestinese le proteste erano contro la presenza nella corsa della squadra Israel-Premier Tech, fondata con l’obiettivo dichiarato di promuovere con lo sport l’immagine di Israele.

L’intensità delle proteste è legata anche al fatto che l’undicesima tappa ha avuto partenza e arrivo a Bilbao, nei Paesi Baschi, dove per via del forte movimento separatista locale c’è una storica e forte vicinanza alla Palestina.

Una bandiera basca e diverse bandiere palestinesi il 3 settembre a Bilbao, in Spagna (Tim de Waele/Getty Images)

Oltre che per le questioni legate all’uso di grandi manifestazioni sportive come strumento per far parlare di temi extrasportivi, la recente manifestazione pro Palestina alla Vuelta ha fatto discutere per altre due ragioni: la sicurezza dei corridori in situazioni di questo tipo, e il dibattito sulla presenza alla Vuelta della Israel-Premier Tech. Si è parlato di una chat tra corridori in cui diversi di loro avrebbero chiesto l’estromissione o il ritiro della squadra, e di quella possibilità ha parlato anche Kiko García, direttore tecnico della Vuelta. La Israel-Premier Tech ha detto di voler continuare a correre la Vuelta, la cui nuova tappa è in programma oggi e la cui ultima sarà il 14 settembre.

La decisione di “neutralizzare” la tappa (cioè farla finire prima, con condizioni diverse da quelle previste) è stata presa a circa 15 chilometri dall’arrivo. È arrivata dopo che già dalla partenza c’erano già state proteste e perché negli ultimi metri prima dell’arrivo c’erano centinaia di manifestanti con bandiere e cartelli a favore della Palestina. Nel comunicare la neutralizzazione della tappa la Vuelta ha parlato di “incidenti” nella zona d’arrivo dove alcuni manifestanti stavano cercando di superare le transenne ed entrare in strada, e dove nel frattempo era arrivata la polizia basca.

Nelle precedenti tappe della Vuelta, oltre a numerose proteste pacifiche e molte bandiere palestinesi a bordo strada, c’erano state proteste contro la Israel-Premier Tech: una in particolare durante la cronometro a squadre (in cui le squadre gareggiano una per una, e in cui la protesta contro la squadre poteva quindi essere particolarmente efficace). Ancora prima, sia al Giro d’Italia che al Tour de France (le altre due importanti corse a tappe del ciclismo mondiale) c’erano state proteste e manifestazioni a favore della Palestina e contro la squadra israeliana.

Di certo le proteste e le tante bandiere palestinesi viste durante la Vuelta (che si corre lungo migliaia di chilometri, su strade vicino a cui può arrivare chiunque) sono state efficaci nell’attirare l’attenzione. Come ha notato su X il professore e storico dello sport Nicola Sbetti, esperto del rapporto tra sport e politica internazionale, hanno generato inoltre – ancor più delle precedenti – una sorta di cortocircuito negli obiettivi della Israel-Premier Tech, che di certo non sta riuscendo nel «ripulire» l’immagine di Israele.

Corridori della Israel Premier-Tech e bandiere palestinesi, il 3 settembre a Bilbao, in Spagna (AP Photo/Miguel Oses)

Pochi minuti dopo l’arrivo dell’undicesima tappa García, il direttore tecnico della Vuelta, ha detto che l’organizzazione non può imporre alla Israel-Premier Tech di ritirarsi, ma che la squadra «deve rendersi conto che la sua presenza complica la sicurezza di tutti».

In un comunicato pubblicato nella tarda serata di mercoledì la Vuelta è stata più cauta: ha parlato della sicurezza come di una «priorità assoluta» e ha «condannato con forza» le proteste. Senza fare alcun riferimento alla squadra ha poi aggiunto: «La Vuelta rispetta e difende il diritto di manifestare pacificamente nel contesto dell’evento».

L’UCI, l’organizzazione che gestisce il ciclismo mondiale, ha «condannato le azioni che hanno portato alla neutralizzazione della tappa» e citando il Movimento Olimpico ha sottolineato «la fondamentale importanza della neutralità politica delle organizzazioni sportive». Senza citarla direttamente, il comunicato continua mostrando sostegno verso la Israel-Premier Tech.

Manifestanti pro Palestina il 3 settembre a Bilbao, in Spagna (Tim de Waele/Getty Images)

È più variegata la posizione dei corridori (alla Vuelta ce ne sono al momento più di 160). Si è parlato di una chat WhatsApp in cui sono presenti diversi di loro e in cui alcuni avrebbero invitato i corridori della Israel-Premier Tech a ritirarsi. Di certo c’è stato un incontro tra alcuni loro rappresentanti e l’organizzazione, per parlare però della situazione relativa alla loro sicurezza, e non della possibilità che la Israel-Premier Tech lasci la Vuelta. In una precedente tappa della Vuelta il tentativo di bloccare la strada al passaggio della corsa aveva causato la caduta dell’italiano Simone Petilli, che corre per la squadra francese Intermarché-Wanty.

Il CPA, il sindacato dei corridori, ha parlato del «diritto di tutti a manifestare» ma anche del fatto che le proteste «non possono essere fatte mettendo in pericolo atleti che stanno facendo il loro lavoro». I ciclisti durante le tappe vanno veloci (in pianura anche a 60 chilometri all’ora), e se qualcuno si mette davanti si creano situazioni potenzialmente molto pericolose sia per chi corre che per chi protesta.

Intervistato mercoledì in The Cycling Podcast, l’italiano Elia Viviani, che corre per la squadra belga Lotto, ha detto: «Da parte dei corridori non è mai esistita questa cosa [il ritiro della Israel-Premier Tech], perché non siamo dell’opinione di andare contro dei nostri colleghi».

In generale le posizioni e le dichiarazioni dei corridori – almeno quelle degli ultimi giorni – sono molto legate a questioni relative alla loro sicurezza e allo svolgimento della corsa, molto meno alle posizioni personali sulle proteste e sulla presenza della squadra israeliana, che in un comunicato ha scritto: «La Israel-Premier Tech è una squadra professionistica di ciclismo. Come tale, resta dedicata a correre la Vuelta. Ogni altro evento rappresenterebbe un pericoloso precedente per il ciclismo e per tutte le sue squadre».

Fondata nel 2015 e controllata dall’imprenditore israelo-canadese Sylvan Adams, nel 2020 la squadra è arrivata nel World Tour, il massimo livello del ciclismo mondiale. L’obiettivo dichiarato di Adams è di usare la squadra, tra le altre cose, per promuovere l’immagine di Israele attraverso lo sport e nel maggio del 2023 aveva detto: «I nostri corridori sanno che, facendo parte di una squadra israeliana, sono ambasciatori del suo paese di origine». Sempre Adams nel novembre del 2023 aveva parlato dell’invasione israeliana della Palestina come di «bene contro il male e civiltà contro la barbarie».