Cosa si sa della legge di bilancio approvata dal governo

Nel 2025 confermerà buona parte delle misure introdotte finora, come la riduzione dell'IRPEF e del cuneo fiscale

Il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni alla Camera, a dicembre 2023 
(ANSA/Massimo Percossi)
Il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni alla Camera, a dicembre 2023 (ANSA/Massimo Percossi)

Martedì sera il Consiglio dei Ministri ha approvato due documenti importanti per la programmazione economica dello Stato per il 2025: il disegno di legge di bilancio, cioè quella legge che indica come varieranno la spesa e le entrate dello Stato il prossimo anno, e il Documento Programmatico di Bilancio (DPB), un riepilogo di ciò che è contenuto nel disegno di legge che viene mandato ogni anno alla Commissione Europea. Sono due documenti all’apparenza tecnici, ma sono in realtà fra i più politici tra quelli approvati ogni anno, perché contengono le priorità economiche del governo in carica.

Ci sono ancora pochi dettagli sui contenuti puntuali della legge di bilancio, e il governo li illustrerà più nel dettaglio in una conferenza stampa mercoledì mattina. Quello che si sa è che le misure previste nel disegno di legge costeranno complessivamente 30 miliardi di euro nel 2025, nel senso che il governo ha in programma di “manovrare” le voci del bilancio dello Stato di pari ammontare rispetto allo status quo (da qui l’espressione giornalistica “manovra”). Queste cifre serviranno al governo per confermare alcuni provvedimenti già in vigore e per introdurne di nuovi: il governo ha deciso di finanziare questa somma perlopiù attraverso riduzioni di spesa e aumenti di tasse, e per circa un terzo in disavanzo, cioè aumentando il debito pubblico.

Gran parte delle risorse saranno destinate alla conferma di misure esistenti. Quelle più importanti riguardano la conferma della riduzione dell’IRPEF, l’imposta sui redditi delle persone fisiche, e quella del cuneo fiscale, cioè la differenza tra il costo del lavoro per le aziende e quanto il dipendente riceve effettivamente di stipendio netto.

L’IRPEF resterà con una struttura a 3 aliquote, cioè quelle percentuali che si applicano al reddito guadagnato per calcolare quante imposte pagare: il reddito fino a 28mila euro continuerà a essere tassato al 23 per cento, mentre fino al 2023 la soglia era fissata a 15mila euro, e per i redditi tra 15mila e 28mila euro si pagava il 25 per cento.

È stata confermata anche la riduzione del cuneo fiscale, cioè una riduzione dei contributi a carico dei lavoratori per i redditi medi e bassi, che riduce così il costo del lavoro e fa aumentare gli stipendi netti: fino a quest’anno la riduzione è stata del 7 per cento per i redditi fino a 25 mila euro, del 6 per cento per i redditi fino a 35 mila euro. La misura ha coinvolto finora 14 milioni di lavoratori dipendenti, con un aumento di circa 100 euro al mese in busta paga.

In un post sui suoi social la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha detto che le riduzioni sono state rese strutturali, nel senso che il governo ha trovato il modo di reperire permanentemente le risorse necessarie a finanziarle: finora erano interventi temporanei, e il governo aveva dovuto rinnovarle di anno in anno, con una certa incertezza per chi ne beneficiava.

Queste misure, per come sono strutturate adesso, costano all’incirca 15 miliardi: se confermate tali e quali prenderanno dunque metà dei fondi di tutta la legge di bilancio. Tra le voci di spesa risulterebbero anche le risorse per il rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici, che richiederanno aumenti di stipendio, l’introduzione di una “carta per i nuovi nati”, un sussidio da mille euro per i neogenitori con un reddito ISEE sotto i 40mila euro, la conferma dell’adeguamento completo delle pensioni all’inflazione, e il rifinanziamento per l’anno prossimo della carta “Dedicata a te”, la carta che le famiglie a basso reddito possono usare per acquistare beni di prima necessità.

Bisognerà comunque aspettare la conferenza stampa per i dettagli sulle altre misure, come la discussa tassa sugli “extraprofitti” delle banche e l’aumento dei fondi per la sanità. E soprattutto per capire come tutto questo sarà finanziato, cioè quali sono quelle che in gergo giornalistico si chiamano le coperture di bilancio. Semplificando, le coperture per finanziare nuove spese possono essere reperite in tre modi: riducendo un’altra spesa, aumentando le entrate – ossia le tasse – oppure aumentando il debito pubblico.

Dal Piano Strutturale di Bilancio, il nuovo documento di finanza pubblica che il governo è tenuto a presentare secondo la riforma delle regole europee sui bilanci degli stati, si sa già che per il prossimo anno il governo potrà finanziare la legge di bilancio ricorrendo a un maggiore indebitamento per al massimo 9 miliardi di euro: significa cioè che per i restanti 21 dovrà ricorrere per forza a riduzioni di spesa o aumenti di tasse.

Il disegno di legge approvato dal Consiglio dei ministri è comunque solo il primo passo per il varo della legge di bilancio, che deve avvenire necessariamente entro la fine dell’anno. Nelle prossime settimane inizierà l’esame del parlamento e ci saranno anche le consuete interlocuzioni con la Commissione Europea, che dovrà dire la sua su quanto la politica economica del governo sia in linea con gli ambiziosi obiettivi di lungo termine per il risanamento dei conti pubblici che il governo ha concordato con la Commissione stessa. Sebbene da qui alla fine dell’anno potranno essere richiesti aggiustamenti in entrambi i casi, è probabile che l’impianto generale resti sostanzialmente lo stesso.