L’azienda marchigiana che contribuì a definire il suono del rock degli anni Settanta

Gli organi Farfisa furono utilizzati da Genesis, Kraftwerk, Led Zeppelin, Doors e soprattutto dai Pink Floyd, come ricorda un festival annuale

Un Farfisa Compact Duo (Wikimedia Commons)
Un Farfisa Compact Duo (Wikimedia Commons)

Quando Claudio Capponi entrò per la prima volta nello stabilimento della Farfisa (acronimo di Fabbriche Riunite di Fisarmoniche), una delle più famose aziende italiane specializzate nella produzione di strumenti musicali, aveva solo 20 anni. Nonostante l’età, aveva già acquisito una certa esperienza come accordatore di pianoforti e riparatore: a 15 anni era stato assunto dalla CRB Elettronica, un’importante azienda marchigiana che produceva radio, pianole e armonium, uno strumento musicale ad aria dal suono simile a quello di un organo.

«Conoscevo già abbastanza bene il mio lavoro, ma entrare in un contesto come quello di Farfisa fu comunque un qualcosa di impressionante: era un contesto enorme e di grande avanguardia, con un migliaio di dipendenti divisi tra tre stabilimenti», racconta Capponi, che oltre a curare un archivio storico ogni anno organizza a Castelfidardo il Farfisa Day, un festival in cui viene allestita una mostra temporanea di alcuni modelli storici prodotti dall’azienda. La 13esima edizione inizierà sabato 31 agosto.

Per più di vent’anni, Capponi è stato testimone di un periodo irripetibile per le aziende italiane produttrici di strumenti, che in quasi tutti i casi erano aziende marchigiane. Tra gli anni Sessanta e Settanta, accanto alla Farfisa, tra Ancona e Macerata furono fondate aziende che produssero strumenti destinati a definire la storia della musica elettronica e del synth pop. Uno dei casi più famosi è quello del Synthex prodotto dalla Elka (un’azienda di Castelfidardo), un sintetizzatore modulare che fu utilizzato, tra gli altri, da Jean Michel Jarre, Stevie Wonder, Keith Emerson e Martin Gore dei Depeche Mode. Fu una vera e propria epoca d’oro, che oggi può essere rivissuta in parte visitando una delle mostre organizzate periodicamente dal Museo del Synth Marchigiano di Macerata.

Quando Capponi cominciò a lavorarci, la Farfisa era già riconosciuta come una delle aziende leader nel campo dell’elettronica applicata alla musica. I suoi organi elettronici erano apprezzati in tutto il mondo, e venivano usati da musicisti di fama internazionale come Sly Stone dei Sly & the Family Stone, Hugh Banton dei Van der Graaf Generator, John Paul Jones dei Led Zeppelin, Tony Banks dei Genesis, Steve Schroyder dei Tangerine Dream e Ray Manzarek dei Doors, solo per citarne alcuni. Lavorò con i Farfisa anche Philip Glass, uno dei più grandi compositori viventi, ed è un Farfisa anche quello che si sente in “O Superman”, la più celebre canzone di Laurie Anderson.

Un Farfisa Combo Compact Deluxe in mostra al Metropolitan Museum of Art di New York (Nancy Kaszerman/ZUMA Wire)

Il principale estimatore degli organi Farfisa, quello che contribuì più di ogni altro a rendere il marchio famoso in tutto il mondo, era però Richard Wright, il tastierista dei Pink Floyd. Utilizzò un Farfisa Compact Duo per buona parte della sua carriera, fin dai primi concerti all’UFO Club di Londra, e anche al mitico Live at Pompeii del 1972. «Fabbricavamo tutti i giorni strumenti destinati a caratterizzare il suono di band enormi, ma ai tempi non ci facevamo troppo caso: dovevamo lavorare di fino, fare attenzione ai dettagli e mantenere un livello di qualità altissimo», racconta Capponi.

La Farfisa era stata fondata nel 1946 a Camerano, un piccolo comune della provincia di Ancona, per iniziativa dei titolari di fabbriche marchigiane specializzate nella produzione di fisarmoniche – la Settimio Soprani di Castelfidardo, la Scandalli di Camerano e la Frontalini di Numana – che decisero di unirsi per fare cartello, allargare il loro giro d’affari e provare a dominare il mercato.

Il progetto fu un successo: nei successivi vent’anni diventò la più grande fabbrica del settore, distinguendosi soprattutto grazie al successo del modello Super VI, che in quegli anni divenne la fisarmonica per definizione, qualcosa di simile a ciò che la Fender Stratocaster rappresentava per le chitarre elettriche o il Selmer Mark VI per i sassofoni.

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Capponi racconta che «ben prima del mio arrivo, l’azienda aveva portato a compimento una grande rivoluzione tecnica. Verso la fine degli anni Cinquanta i gusti musicali delle persone stavano cambiando, e l’azienda riuscì ad adattarsi alla perfezione a questo cambiamento, abbandonando progressivamente la produzione di fisarmoniche per concentrarsi sugli strumenti che venivano utilizzati nel rock».

La «rivoluzione tecnica» della Farfisa cominciò nel 1962, prima con la presentazione della Cordovox, una fisarmonica elettronica che «si poteva abbinare a un generatore e a un amplificatore, oppure suonare in modo tradizionale», e poi con la presentazione della Compact, la sua prima serie di organi elettronici. Capponi spiega che, ai tempi, il mercato era dominato dall’azienda statunitense Hammond, il cui nome era praticamente diventato sinonimo di organo elettronico. L’Hammond però «aveva un’altra timbrica, e soprattutto era molto ingombrante e difficile da trasportare. I gruppi beat del tempo lo adoravano, ma non potevano portarselo in giro».

Gli organi elettronici erano stati perfezionati a partire dagli anni Trenta, e consistevano in sostanza in delle tastiere in grado riprodurre un suono simile a quello degli organi a canne, attraverso un meccanismo che, nel caso dell’Hammond, si basava su decine di “ruote foniche”, che girando producevano un segnale elettrico che veniva poi amplificato da un sistema a valvole e riprodotto da un diffusore. A partire dagli organi elettronici sarebbero poi stati sviluppati a partire dagli anni Sessanta i primi sintetizzatori, che invece non imitavano il suono di un organo, ma ne producevano di tipi completamente nuovi (e che successivamente avrebbero imitato altri strumenti ancora).

Farfisa ebbe una «grande intuizione imprenditoriale»: creò uno strumento che potesse reggere il confronto con l’Hammond, e quindi dotato di caratteristiche tecniche ugualmente esaltanti, ma che fosse più maneggevole e facilmente trasportabile. «L’organo, la pedaliera, il leggìo e il pedale del volume entravano tutti comodamente in una valigia: fu un’innovazione che consentì a decine di gruppi di portarsi dietro tutto ciò di cui avevano bisogno senza troppi sforzi».

Uno dei primi a cogliere le potenzialità degli organi “compatti” prodotti da Farfisa fu il musicista rock americano Sam the Sham, che nel 1965 utilizzò un Compact Duo nella canzone “Wooly Bully”. L’anno dopo lo stesso organo fu usato in “Double Shot (Of My Baby’s Love)”, del gruppo statunitense degli Swingin’ Medallions. Nello stesso periodo il suono degli organi Farfisa cominciò a essere una presenza costante anche nel rock sperimentale inglese.

Rod Argent, il tastierista del gruppo beat britannico degli Zombies, per esempio amava utilizzare un Compact Duo in accoppiata con un Vox Continental, un altro popolarissimo organo elettronico del periodo di produzione inglese ma assemblato in Italia, negli stabilimenti della Eko. Capponi però precisa che «il più noto utilizzatore di Farfisa era Wright, che rese il Compact Duo famoso in tutto il mondo e diventò una sorta di testimone involontario del marchio». Wright usò organi Farfisa soprattutto nei primi dischi dei Pink Floyd, da The Piper at the Gates of Dawn Ummagumma ad Atom Heart Mother, accompagnandolo e poi sostituendolo con l’Hammond, che aveva un suono più morbido. Ma non abbandonò mai gli organi Farfisa, che si possono sentire per esempio anche in “Time”, contenuta in The Dark Side of the Moon.

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Negli anni Settanta, con l’avvento dei sintetizzatori e in particolare del Minimoog, il primo synth portatile e venduto a un prezzo relativamente accessibile della storia, lo spazio di mercato degli organi Farfisa cominciò a restringersi.

L’azienda provò a intercettare la mania dei synth producendo alcuni modelli di tastiere multi timbriche (ossia in grado di produrre più suoni diversi) di discreto successo. Tuttavia, gli organi Farfisa continuarono a essere utilizzati anche negli anni Settanta: l’applicazione più celebre di quel decennio fu probabilmente quella di Elton John in “Crocodile Rock”.

A partire dalla metà degli anni Settanta l’azienda visse un periodo di grande crisi, dovuta soprattutto alla forte ascesa di produttori giapponesi come Korg, Roland, Kawai e Yamaha, che nel decennio successivo avrebbero dominato il mercato dei sintetizzatori insieme ad aziende americane come Sequential Circuits e Moog.

Nel luglio del 1980 chiuse lo stabilimento di Castelfidardo, quello più grande e in cui veniva prodotta la maggior parte degli strumenti. Dalla metà degli anni Ottanta, quando fu acquistata dall’azienda di strumenti Bontempi, e fino al 1998, l’anno della chiusura, la Farfisa continuò ad andare avanti tra molte difficoltà, mantenendo in cassa integrazione centinaia di dipendenti e diventando sempre meno rilevante per il mercato musicale.

Oggi gli organi Farfisa continuano a essere richiesti sul mercato dell’usato, e continuano a essere utilizzati da musicisti e gruppi interessati a ricreare suoni e atmosfere che rimandano agli anni Settanta, come per esempio gli Yo La Tengo o i Brian Jonestown Massacre, o in Italia i Baustelle, che citano l’organo Farfisa nella loro canzone “San Francesco”.