Il progetto Life Ursus è «sfuggito di mano», dice l’ex presidente della provincia di Trento

Carlo Andreotti ha parlato al Corriere dell’iniziativa con cui furono reintrodotti gli orsi bruni in Trentino

Orsi Trentino
Un orso al parco faunistico di Spormaggiore, in Trentino (Alessio Mamo/Redux)
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Sul Corriere del Trentino Carlo Andreotti, che fu presidente della provincia autonoma di Trento (1994-1999) e poi della Regione autonoma Trentino-Alto Adige (2002-2004), ha commentato la questione dei molti orsi presenti nella regione: è un tema di cui si discute ciclicamente da anni e di cui si è tornati a parlare nelle ultime settimane, soprattutto perché a fine luglio un’orsa ha ferito un turista francese a Dro, in Trentino, ed è poi stata abbattuta.

Andreotti ha detto che il progetto Life Ursus è «sfuggito di mano, andando oltre a quelle che erano le più rosee aspettative», dato che «in pochi credevano davvero che gli orsi potessero adattarsi così bene al nuovo habitat». Il riferimento è a un progetto finanziato dall’Unione Europea che tra la fine degli anni Novanta e i primi anni Duemila (quindi anche nel periodo in cui Andreotti fu presidente della provincia, eletto con il Partito Autonomista Trentino Tirolese) reintrodusse in Trentino gli orsi bruni.

Gli orsi erano sempre stati presenti nella zona, ma nel corso dei secoli quelli del Trentino e in generale delle Alpi furono portati all’estinzione a causa della caccia. Il progetto Life Ursus partì nei primi anni Novanta grazie alla collaborazione del Parco Naturale Adamello Brenta, della provincia autonoma di Trento e dell’Istituto nazionale per la fauna selvatica (che fu soppresso nel 2008 e confluì nell’Ispra). Tra il 1999 e il 2002 vennero introdotti in Trentino dieci orsi bruni, scelti con l’obiettivo di ricreare in circa quarant’anni una popolazione di orsi di 40 0 50 individui.

Il progetto si è concluso nel 2004, e ha funzionato: oggi si stima che nelle Alpi centro-orientali ci siano tra 86 e 120 orsi, che vivono in un territorio di circa 2.300 chilometri quadrati compreso quasi interamente nel Trentino occidentale. Il problema è che con la crescita del numero di orsi in un territorio molto antropizzato, cioè abitato dalle persone, è aumentata la frequenza degli incontri tra gli esseri umani e quella minoranza di orsi che, sia per questioni di personalità dei singoli individui (naturalmente presenti nelle popolazioni di animali selvatici), sia per abitudini apprese anche a causa di comportamenti umani scorretti (come la disponibilità di cassonetti dei rifiuti accessibili), mostrano comportamenti “confidenti”, come si dice in gergo, cioè non timorosi degli esseri umani. Per esempio, succede che degli orsi si avvicinino molto ai centri abitati o ai rifugi di montagna. In questi casi vengono attivate delle misure di gestione coordinate dalle autorità locali e dagli enti competenti, che però non sempre riescono a scongiurare danni e incidenti.

– Leggi anche: Come sono gestiti gli orsi del Trentino

Negli ultimi anni sono stati abbattuti diversi individui che avevano ferito alcune persone. Ci fu anche un caso di aggressione mortale, lo scorso anno: Andrea Papi, un uomo di 26 anni, venne ucciso da un’orsa che incontrò nei boschi della provincia di Trento mentre tornava da un’escursione. Fu la prima aggressione mortale di un orso in Italia: si discusse a lungo dell’opportunità di abbattere l’orsa che lo aggredì, chiamata JJ4, che ora si trova in un centro faunistico vicino a Trento ma dovrebbe essere trasferita in Germania.

Si è parlato parecchio anche dell’orso M49, che fino a qualche anno era solito fare incursioni nei centri abitati ed evase un paio di volte (dal 2020 si trova nello stesso centro faunistico di JJ4), e di recente di KJ1, l’orsa che lo scorso 16 luglio ha aggredito e ferito un turista francese a Dro, in provincia di Trento, ed è stata abbattuta lo scorso 30 luglio.

In Trentino la presenza ormai massiccia dei cosiddetti grandi carnivori (gli orsi, ma anche i lupi) nelle zone intorno ai centri abitati è da tempo al centro di un animato dibattito. Anche se con varie sfumature intermedie, la popolazione si divide tra chi giudica positivamente il fatto di aver reintrodotto gli orsi vent’anni fa e chi invece ritiene che sia stata una scelta sconsiderata e dannosa. Secondo i contrari, in particolare, la soluzione al problema sta nello spostare o uccidere parte degli animali: la pensa così anche il presidente della provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti (Lega), che lo scorso ottobre basò la campagna elettorale con cui fu eletto per un secondo mandato proprio sulla promessa di uccidere gli animali pericolosi.