Che ne sarà dei minori ucraini ospitati in un paesino della bergamasca

Ne rimangono alcuni tra quelli arrivati a marzo 2022, il governo ucraino ha chiesto che tornino ma molti vorrebbero prolungare l'accoglienza

(AP Photo/Michal Dyjuk)
(AP Photo/Michal Dyjuk)
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Da alcune settimane famiglie, educatori e insegnanti della valle d’Imagna, in provincia di Bergamo, stanno cercando soluzioni e sostegni per evitare il rimpatrio verso l’Ucraina di circa sessanta minori che da marzo 2022 sono ospitati in tre comuni lombardi: Rota d’Imagna, Bedulita e Pontida. Sono parte dei 115 minori arrivati a marzo del 2022 dall’orfanotrofio di Berdyansk, città portuale ucraina sul mar Nero occupata un mese prima dall’esercito russo: allora Rota d’Imagna, paesino da 900 abitanti in mezzo alle montagne della bergamasca, aveva deciso di ospitare la gran parte dei ragazzi e dei bambini in fuga dalla guerra (i più piccoli erano andati invece negli altri due comuni).

Il futuro dei minori è in discussione da circa un anno. Nell’agosto del 2023 il governo ucraino chiese il rimpatrio dei più grandi: alla fine partirono in 35 verso una struttura di Oleksandrija, città quasi al centro dell’Ucraina, a meno di tre ore in auto da Dnipro e da Zaporizhzhia, dove si trova una linea del fronte. Ora è stata fatta una nuova richiesta. In settimana la presidente del tribunale dei minorenni di Brescia Cristina Maggia potrebbe dare il benestare al trasferimento: in quel caso se ne andrebbero anche gli ultimi dei 93 minori che sono stati ospitati a Rota d’Imagna, in parte cambiando quel paese.

In questi 30 mesi l’accoglienza si è estesa a scuole, famiglie e istituzioni della valle e della provincia. Chi se ne è occupato lamenta l’interruzione brusca del processo e si chiede se il ritorno in Ucraina rispetti “l’interesse superiore dei minori”, il principio giuridico che dovrebbe guidare questo genere di decisioni.

I disegni dei bambini e delle bambine ucraine ospitati alla Stella Mattutina di Rota d’Imagna (foto Il Post)

I ragazzi arrivarono in 115 la sera del 20 marzo 2022, piuttosto improvvisamente: Zlaghoda, associazione ucraina di Bergamo, aveva accolto l’appello dell’orfanotrofio di Berdyansk che cercava un posto per trasferire bambini e ragazzi. Il comune di Rota d’Imagna offrì un albergo, l’Hotel Posta, vuoto e inutilizzato: restarono lì sette mesi, poi si trasferirono nella casa d’accoglienza Stella Mattutina, una struttura dell’Azione Cattolica normalmente dedicata ai campi estivi e presa in affitto dal comune. Dopo una fase iniziale caratterizzata da alcuni incidenti e qualche piccolo problema di gestione e di reperimento dei fondi, l’accoglienza si è nel tempo stabilizzata.

– Leggi anche: L’orfanotrofio ucraino che ha cambiato un paese delle valli bergamasche

Giovanni Locatelli, sindaco di Rota rieletto a giugno per un terzo mandato, dice: «Ormai siamo un sistema rodato e non ci sono problemi di gestione: sono anche arrivati i rimborsi dal ministero». Per oltre un anno comune e privati hanno dovuto anticipare i soldi necessari, per alcuni ritardi nei fondi stanziati dal governo per l’accoglienza dei profughi, che ora sembrano per lo più superati.

I ragazzi sono stati inseriti nelle scuole locali (soprattutto nell’Istituto comprensivo di Sant’Omobono Terme) e dal 2023 è partito anche un progetto di accoglienza familiare. Una sessantina di famiglie ospita nei weekend alcuni dei bambini e dei ragazzi, per un massimo di tre notti consecutive: alcune hanno creato rapporti costanti con loro, altre si sono rese disponibili ad ospitarli a rotazione, altre ancora li hanno portati al mare per brevi vacanze. Diego Mosca, coordinatore del progetto di accoglienza scolastica, dice: «È una cosa iniziata spontaneamente, che poi si è strutturata ed estesa: oggi c’è una rete larga di 69 famiglie in tutta la bergamasca, ma anche in provincia di Milano».

Molte di queste famiglie sono fra le promotrici della petizione online che chiede di rinviare di almeno 12-24 mesi il rientro dei minori in Ucraina, per permettere loro di continuare il percorso scolastico in Italia e per procedere a uno «svuotamento dall’interno» dell’esperienza, che si compia con adozioni da parte di famiglie ucraine o statunitensi (c’era un canale aperto già quando i minori erano a Berdyansk) o con il raggiungimento della maggiore età di alcuni dei ragazzi. La petizione ha raccolto 17mila firme in meno di un mese. Famiglie e operatori stanno valutando di continuare la campagna di sensibilizzazione anche con altre forme.

Una delle camerate della Stella Mattutina (foto Il Post)

A fine giugno però il governo ucraino ha ribadito la richiesta di un rientro entro settembre di tutti i minori. Dice Mosca: «Noi abbiamo fatto colloqui con tutti i bambini e i ragazzi, in presenza dei loro tutori legali, e ci risultava che circa 9 su 10 volessero restare in Italia». Dopo alcune settimane la procura per i minorenni di Brescia ha ascoltato tutti quelli che hanno più di 12 anni ottenendo, dice sempre Mosca, risultati meno netti, frutto a suo parere di alcune pressioni dalla dirigenza dell’orfanotrofio e di una generale confusione.

Se la procura darà l’autorizzazione ci saranno pochi margini per evitare il rientro in Ucraina, che dovrebbe concretizzarsi in due strutture, una al confine con la Romania, l’altra a Oleksandrija, dove già erano stati trasferiti alcuni dei più grandi l’estate scorsa. Gli educatori che sono rimasti in contatto con i ragazzi trasferiti ad agosto dicono che, pur essendo una situazione abbastanza sicura, ci sono frequenti cali di corrente, allarmi per possibili bombardamenti e rifornimenti di cibo non troppo vari. L’alternativa legale per restare in Italia sarebbe la richiesta da parte dei minori della protezione internazionale, con lo status di rifugiati, ma cambierebbe comunque la loro attuale situazione. Il processo per il riconoscimento dello status può durare un paio d’anni, i minori rientrerebbero in un altro circuito di assistenza, in comunità diverse e separate. A Rota, ma anche a Bedulita, sono rimasti invece sempre insieme.