È stata distrutta una coltivazione sperimentale di riso in provincia di Pavia

Era stata realizzata dall’Università Statale di Milano ed era il primo esperimento in campo autorizzato sui nuovi metodi di modifica genetica: qualcuno ha rimosso le protezioni e distrutto le piante

Piccola risaia recintata, con le piante strappate sul pelo dell'acqua
Il campo sperimentale di RIS8imo sfalciato, a Mezzana Bigli, il 21 giugno 2024 (Vittoria Brambilla/Università Statale di Milano)
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Nella notte tra il 20 e il 21 giugno a Mezzana Bigli, in provincia di Pavia, è stata distrutta una piccola coltivazione sperimentale di riso curata da un gruppo di ricerca dell’Università Statale di Milano. Lo scorso 13 maggio il campo era stato seminato con una varietà di riso sviluppata dai ricercatori con le “tecniche di evoluzione assistita in agricoltura” (TEA), metodi per modificare il DNA degli organismi vegetali diversi rispetto a quelli usati per i cosiddetti “organismi geneticamente modificati” (OGM). Questa varietà, chiamata RIS8imo, è stata studiata per essere più resistente al brusone (Pyricularia oryzae), un fungo molto dannoso per le coltivazioni di riso.

Venerdì mattina la piccola risaia è stata trovata sfalciata, cioè con le piante di riso sradicate. Finora non sono stati ricevuti messaggi di rivendicazione dal gruppo di ricerca, che però sospetta che la coltivazione sia stata distrutta da un «gruppo di ecoterroristi», che hanno manomesso la telecamera di sorveglianza e rimosso la rete metallica di protezione attorno al campo.

In Italia la coltivazione degli OGM è vietata, mentre da meno di un anno è possibile fare richiesta per la sperimentazione in campo di piante sviluppate con le TEA grazie a una delle norme contenute nella legge 68 del 13 giugno 2023, dedicata prevalentemente alle misure di contrasto alla siccità. La legge prevede la possibilità di seminare varietà vegetali prodotte «con tecniche di editing genomico mediante mutagenesi sito-diretta o di cisgenesi a fini sperimentali e scientifici», solo all’interno di siti sperimentali autorizzati e per scopi di ricerca scientifica, e più precisamente per ottenere piante più produttive e resistenti a batteri, funghi e condizioni ambientali difficili, come la siccità.

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Il RIS8imo è stato sviluppato con queste tecniche a partire da un riso da risotto, il Telemaco, che è simile all’Arborio. Gli studi sulla varietà erano iniziati nel 2017 e fino a quest’anno erano stati condotti solo in laboratorio. A progettarlo è stato il gruppo di ricerca guidato da Vittoria Brambilla e Fabio Fornara, docenti di Botanica dell’Università di Milano (oltre che moglie e marito), con l’idea di consentire coltivazioni meno dipendenti dall’uso dei funghicidi.

Più nel dettaglio per produrre il RIS8imo il gruppo di ricerca di Brambilla e Fornara ha usato la tecnica CRISPR/Cas9 – quella per cui nel 2020 Emmanuelle Charpentier e Jennifer A. Doudna hanno vinto il premio Nobel per la Chimica – per “silenziare” l’espressione di tre geni che influenzano la suscettibilità del riso al brusone. È un processo che potenzialmente può avvenire in modo spontaneo anche in natura e che però i ricercatori hanno riprodotto in laboratorio intenzionalmente.

Una pianta di riso strappata dal terreno

Una pianta di riso strappata dal terreno (Vittoria Brambilla/Università Statale di Milano)

La semina del RIS8imo in campo aperto era stata autorizzata dal ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica all’inizio dell’anno e aveva lo scopo di verificare se davvero in un campo la varietà modificata fosse più resistente al brusone rispetto al normale riso Telemaco.

La risaia sperimentale è ampia 28 metri quadrati, dunque ha una superficie limitata, ed è ospitata da un’azienda agricola locale. Era interamente recintata e coperta da una rete, in modo che uccelli e roditori non potessero entrare e dunque potenzialmente portare le piante di RIS8imo altrove.

Sempre per evitare la diffusione delle piante al di fuori dell’area recintata, e in particolare nelle risaie per la produzione alimentare, i terreni più vicini al campo sperimentale erano stati lasciati incolti, come richiesto dalle regole per l’autorizzazione. La porzione di terreno agricolo usata per “isolare” il campo sperimentale è di 400 metri quadrati, quattro volte più estesa di quella teoricamente necessaria per evitare impollinazioni incrociate con piante spontanee o infestanti, secondo le valutazioni degli scienziati.

«Come scienziati pubblici esprimiamo sconcerto e tristezza per aver subito una violenza ingiustificata, frutto di oscurantismo e pulsioni antiscientifiche», hanno scritto Brambilla e Fornara nel comunicato sulla distruzione della coltivazione.