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  • Mercoledì 19 giugno 2024

25 libri consigliati dal Post

La consueta lista messa insieme da redattrici e redattori per chi non sa cosa leggere quest'estate o è solo in cerca di spunti

(Mario Weigt/Anzenberger/contrasto)
(Mario Weigt/Anzenberger/contrasto)

La consueta lista di libri consigliati dalle persone del Post arriva in aiuto di chi sta cominciando a pensare a cosa mettere in valigia in vista di una partenza – chi legge su cartaceo sa quanto sia importante fare una scelta ponderata –, di chi vuole tenersi via qualche titolo per farsi compagnia nei momenti di riposo estivi o di chi semplicemente cerca nuovi spunti. Tra i consigli di quest’anno ci sono dichiarati «conflitti – o coincidenze – di interessi», saggi sull’Asia o sul lavoro, grandi classici da riprendere in mano, recenti successi editoriali e libri non facilissimi da trovare, ma che potrebbero motivarvi a una caccia a quell’edizione da collezione.

Se nessun libro vi ispira, potete sempre dare un’occhiata a quelli che ci erano piaciuti l’anno scorso o l’anno ancora prima o ancora più indietro. Ma pure quelli consigliati lo scorso Natale, tra i quali trovate comunque consigli per tutte le stagioni.

Mostri, di Claire Dederer
Trattasi di palese e sfacciato conflitto di interessi – o meglio, di coincidenza di interessi – ma il libro che consiglio assai è Mostri di Claire Dederer (lo ha pubblicato Altrecose, il nuovo progetto editoriale del Post): e il mio egoismo nel consigliarlo è persino duplice, nel senso che non solo penso sia una lettura molto piacevole e interessante, ma che leggerlo sia un prezioso contributo alle nostre teste e ai nostri dibattiti. Non tanto e non solo per il suo argomento – che sono molti argomenti, intorno al conflitto che viviamo quando apprezziamo un’opera e disprezziamo il suo autore o la sua autrice – ma per il modo in cui Dederer dispiega riflessioni, dubbi, pensieri duttili. È una specie di libro contro l’assolutismo del pensiero e la pretesa di categorie esatte e righe tracciate, e in più raccontato tra canzoni, librerie Ikea, gestione di bambini e altre leggerezze familiari a chi legge. Così lontano dall’assolutismo e apprezzabile da tutti che ha una bella prefazione di Giulia Siviero del Post, ha ricevuto una entusiasta recensione da Francesco Piccolo su Repubblica e l’ho trovato esaltato (“libro dell’anno”) persino su Libero. Ed è pieno di occasioni di discussione estiva a quell’ora in cui si rincasa dal ristorante nella “località di vacanza” e ci si attarda sotto il cielo stellato con animo brillo e pensoso.
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Luca Sofri

La parte sbagliata, di Davide Coppo
Volevo suggerirvi Le schegge di Bret Easton Ellis perché se non l’avete ancora letto è il momento di farlo, poi ho iniziato La parte sbagliata di Davide Coppo e ho cambiato idea. Erano anni che non leggevo un romanzo italiano scritto così bene, equilibrato nella struttura, meticoloso nella scelta di ogni parola, limato all’essenziale: è un raro libro scritto con cura. La storia è quella di un ragazzino della provincia milanese che negli anni Duemila scopre e si fa coinvolgere nel mondo dell’estrema destra, e mi ha sorpreso la capacità di ricordare e raccontare così esattamente anche lo smarrimento, le suggestioni e le atmosfere dell’adolescenza. Se siete interessati alla moda – o se la detestate – potrebbe incuriosirvi invece La vita delle forme, scritto dal filosofo Emanuele Coccia con Alessandro Michele, ex direttore creativo di Gucci ora da Valentino. Potete saltare direttamente alle parti scritte da lui per capire come lavora una delle personalità creative che più hanno cambiato il modo in cui ci vestiamo adesso.
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Arianna Cavallo

Io sono Marie Curie, di Sara Rattaro
Avrò letto almeno una decina di libri sulle storie dei fisici da fine Ottocento ai primi decenni del Novecento, un periodo pazzesco di fermento intellettuale e scoperte scientifiche incredibili, che difficilmente si potrà ripetere. Quando ho visto che era uscito un libro su Marie Skłodowska Curie non ho resistito, convinto che avrei letto storie che conoscevo già ma che mi sarebbero comunque piaciute. E invece ho scoperto che ignoravo quanto fosse interessante e femminista la sua storia: prima donna a vincere un premio Nobel, unica donna a vincerne due, e unica persona ad averne vinti due in due materie scientifiche. Scusate se è poco. Non è una biografia, è un romanzo, ma per quanto ho potuto verificare, e da quanto ricordavo, i fatti narrati sono tutti corretti, e affascinanti, e raccontano la lotta di una donna eccezionale contro un potere maschile.
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Marco Surace

Il profilo dell’altra, di Irene Graziosi
È stato uno dei libri dell’anno di qualche anno fa, almeno dentro certe bolle, nel frattempo è stato tradotto all’estero venendo recensito più che dignitosamente dal New York Times. È la storia di due giovani donne e dei loro mondi così diversi che improvvisamente collassano uno dentro l’altro, ma le cose migliori sono il costante soliloquio della protagonista e soprattutto il contesto in cui si svolgono le vicende: i social media, l’attivismo, i brand, i call out, la body positivity, la popolarità di persone giovanissime, le loro performance, l’industria sgangherata che gli si muove attorno. Dentro questo libro ho trovato la descrizione migliore di un fenomeno che potremmo sbrigativamente chiamare “Instagram culture” e di cui siamo intrisi più di quanto pensiamo.
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Francesco Costa

Stranieri a noi stessi, di Rachel Aviv
Abbiamo tanto discusso del “bonus psicologo” ma ci sono ancora tante persone che credono che fare psicoterapia serva solo a chi ha ricevuto una diagnosi psichiatrica, o che non serva a nulla (pur non avendola mai fatta), o che chiunque la faccia soffra di una malattia. Faccio terapia da alcuni anni e scontrandomi con opinioni simili di persone vicine ho pensato che anche in questo senso siamo stranieri a noi stessi, come nel titolo di questo libro. Racconta le storie di sei persone – cinque statunitensi tra cui l’autrice, una indiana – con una patologia psichiatrica, non solo in quanto casi clinici, ma anche riflettendo sui limiti di diversi approcci terapeutici, e sui conflitti che nascono tra l’identità personale e una diagnosi psichiatrica. È un libro che aiuta a capire meglio gli altri (forse anche noi stessi?) e magari può servirci a chiedere più cura e attenzione per la psiche anche alla politica.
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Ludovica Lugli

Nella casa dei tuoi sogni, di Carmen Maria Machado
Lo ammetto, e ammettendolo dico sicuramente qualcosa di terribile sulle mie capacità di critica letteraria: i libri sperimentali mi piacciono sempre molto di più nella teoria che nella pratica. A tutto c’è però un’eccezione, ed è sicuramente il caso di Nella casa dei tuoi sogni, lo strano memoir con cui Carmen Maria Machado vuole aggiungere un tassello importante alla comprensione collettiva delle relazioni romantiche tra donne. Un po’ autobiografia, un po’ saggio, in qualche assurdo tratto libro-game o addirittura stand up comedy, è un libro che si può scegliere se leggere molto velocemente o con molta calma. La storia in sé è molto pesante e dolorosa: segue lo sviluppo e l’esplosione di una relazione abusante tra una donna molto bella e una che pensa di non meritarla. Ma il senso dell’umorismo e la scrittura brillante di Machado lo rendono una lettura avvincente, istruttiva senza essere didascalica. Perfetta per chiunque si interroghi sui lati più complessi del desiderio e delle relazioni.
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Viola Stefanello

La metamorfosi, di Franz Kafka
Di recente ho consumato di nuovo La metamorfosi di Franz Kafka, uno di quei classici della letteratura su cui vale la pena tornare di tanto in tanto. Già dal suo celebre incipit mette di fronte al tema della diversità, che diventa presto quello della vergogna, della sofferenza e dell’alienazione, ma anche della vergogna per la diversità, tutte questioni ancora molto attuali. Il grande racconto di Kafka, che morì nel giugno di cent’anni fa, mi ha fatto pensare non solo alla solitudine e alle pressioni sociali che a volte spingono all’autoisolamento, ma anche a quanto ancora dobbiamo imparare su di noi e su ciò che riteniamo altro.
Della Metamorfosi ho in casa una vecchia edizione di Edizioni Clandestine ma questa volta l’ho ascoltato come audiolibro, in inglese, e ho già messo gli occhi sulla nuova edizione in inglese di Penguin per la collana illustrata da Coralie Bickford-Smith: da solo un motivo per volerlo recuperare.
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Susanna Baggio

Non me la bevo, di Michele Fino
L’Italia è uno dei principali produttori di vino al mondo e uno dei paesi con il più alto consumo di vino, eppure non abbiamo una grande conoscenza della bevanda che più caratterizza il nostro paese. Intorno al vino ci sono molti stereotipi e convinzioni errate, sia sul modo in cui veniva e viene prodotto sia sui suoi effetti sulla salute, in parte diffusi da chi ha interesse a promuoverne il consumo. Michele Fino, professore dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo in Piemonte, smonta amichevolmente e scientificamente molte di quelle convinzioni errate e offre qualche dritta preziosa e talvolta sorprendente per orientarsi tra etichette, denominazioni e marketing. Non è una guida ai vini e non è un libro per chi beve vino, ma un racconto per curiosi di un settore che ha fatto un pezzo di storia del nostro paese.
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Emanuele Menietti

How Asia Works, di Joe Studwell
Una mia ossessione recente è cercare di leggere più cose possibile su perché alcuni paesi diventano ricchi e prosperi e altri no. Questo interesse non è storiografico: non mi interessano i paesi che sono già ricchi e prosperi, ma quelli che lo stanno diventando, o quelli che ci hanno provato e hanno fallito. Cercare di capire queste cose mi sembra importante per comprendere un po’ meglio come funziona il mondo di oggi, dove la competizione economica è sempre più agguerrita e dove un grande paese che sta diventando ricco e prospero (la Cina) sta facendo la guerra economica con un altro grande paese che lo è già (sapete chi). Uno dei libri più utili che ho letto sull’argomento si intitola How Asia Works: si occupa di prendere in considerazione molti paesi asiatici e di spiegare perché alcuni sono diventati ricchi (Giappone, Corea del Sud, Taiwan), perché altri no (Thailandia, Malaysia, Indonesia) e cosa sta succedendo con la Cina. È un libro vecchiotto, è del 2013, ma l’analisi e le spiegazioni tengono ancora, e ci sono alcune lezioni notevoli. Una su tutte: se governate un paese in via di sviluppo e volete farlo diventare una grande economia, tenetevi lontani dagli economisti. Su Storytel c’è anche la versione audiolibro.
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Eugenio Cau

Atti puri, di Alice Scornajenghi
Non voglio suonare presuntuosa ma sono abbastanza sicura che non abbiate mai letto niente del genere: Atti puri è una raccolta di brevi racconti porno (non erotici, proprio porno) scritti bene e originalissimi. Per quelli che «anche la trama e i dialoghi sono importanti», in questo libro ogni racconto è una piccola composizione perfetta, surreale, distopica (ma sempre a lieto fine…), a metà tra Black Mirror ed Erika Lust. L’autrice, Alice Scornajenghi, nella vita fa la direttrice creativa e prima di pubblicare questo libro aveva creato Ossì, «un giornaletto porno fatto bene», che purtroppo ora è molto difficile reperire. I personaggi sono uomini, donne, panda e alieni, ma la voce femminile si sente ed è esilarante, irresistibile, scatenata.
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Marta Impedovo

1947, di Elisabeth Åsbrink
Quando penso al Novecento mi vengono in mente alcuni anni fissati sulla linea del tempo come punto di orientamento. Sono anche i più noti: il 1918, il 1929, il 1945, il Sessantotto, il 1989. Ognuno poi ne aggiunge altri in base ai suoi interessi o alla sua vita, soprattutto se ne ha trascorso un pezzo durante il Novecento. Mai, tuttavia, mi verrebbe in mente di mettere sulla linea del tempo il 1947, un anno trascurato dalla memoria collettiva, apparentemente insignificante, e invece centrale per molte delle cose che sarebbero successe dopo. Lo racconta bene Elisabeth Åsbrink, giornalista e scrittrice, figlia di un ebreo ungherese che ha perso i genitori nella Shoah e che proprio alla fondazione dello Stato di Israele dedica molte pagine di questo libro: il 1947 è l’anno dell’incredibile storia della nave Exodus, è l’anno in cui il comitato delle Nazioni Unite si dà quattro mesi per trovare una soluzione alla questione palestinese, ma è anche l’anno in cui inizia la Guerra fredda, in cui Mikhail Kalashnikov progetta un nuovo modello di fucile, più pratico e letale, in cui Christian Dior crea il New Look e George Orwell termina la prima stesura del suo 1984. Insomma, un anno che merita di essere raccontato: Åsbrink lo fa in modo coinvolgente passando con efficacia dalla storiografia al romanzo.
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Isaia Invernizzi

The Mysteries, di Bill Watterson e John Kascht
Patti chiari: se è un libro, è di un tipo particolare. E non è nemmeno un fumetto: è una favola illustrata, mettiamola così. Contiene 43 frasi, lapidarie, e 34 immagini, in bianco e nero. Le parole sono sulle pagine a sinistra, al centro, e le tavole a destra. La storia è ambientata nel Medioevo, ma non c’è una storia. C’è più uno spazio, cupissimo, popolato da personaggi silenziosi e senza nome: cavalieri, re, artisti, maghi. The Mysteries ha poco di ciò che ci si aspetterebbe da un libro o da un fumetto: probabilmente è la ragione per cui se n’è parlato poco dopo la pubblicazione, a ottobre 2023. In compenso se n’era parlato moltissimo prima. Bill Watterson – uno dei due autori, insieme al caricaturista John Kascht – è l’autore di Calvin & Hobbes, una delle strisce a fumetti più amate di sempre, alla cui popolarità contribuirono la riservatezza di Watterson e il suo rifiuto di autorizzare forme di commercializzazione delle strisce diverse dal fumetto. Cultori di Watterson a parte, potrebbe piacere anche ad altre persone, ma a patto di prendersi più tempo di quello necessario a leggerlo. Serve un po’ perdercisi dentro, osservare a lungo le tavole. Forse funziona più di notte, e in silenzio. È una via stretta, insomma, ma c’è. Si adatta bene a una frase del filosofo francese Michel Foucault: «il mondo non è complice della nostra conoscenza».
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Antonio Russo

Ragazza, donna, altro, di Bernardine Evaristo
È il primo libro di Evaristo che leggo, e appena finito mi è venuta voglia di leggerne altri. È uno di quelli in cui ogni capitolo è dedicato a una persona: alla sua storia, alla sua famiglia, alla sua vita e alle sue relazioni. Non è una struttura particolarmente originale, ma funziona, e in maniera sempre un po’ sorprendente queste persone finiscono per conoscersi, sfiorarsi, determinarsi e condizionarsi a vicenda: nei modi poco o molto originali con cui succede anche nella vita. È un libro scritto a metà fra una non-prosa e una non-poesia: frasi brevi e frasi lunghe che si rincorrono senza punti e si leggono con il ritmo di una canzone piena di parole, dove si respira solo quando si va a capo, per poi ricominciare uguale. È un libro in cui persone inglesi di prima, seconda o terza generazione raccontano di normalità e razzializzazione, di generazioni che fanno fatica a parlarsi, di politica e nostalgia, di amore e amicizia. Più polifonico che corale, una specie di romanzo di formazione frammentato in 12 (e più) storie diverse.
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Valentina Lovato

Eureka Street, di Robert McLiam Wilson
È probabilmente il miglior libro per capire a fondo la questione dei “Troubles” in Irlanda del Nord, ed è un romanzo. È una fiction così verosimile da confonderla, a tratti, con la non fiction, che è quella della sua ambientazione: Belfast, nel 1994, con gli ultimi attentati dell’IRA (la milizia nazionalista che combatteva perché l’Irlanda del Nord uscisse dal Regno Unito per unirsi all’Irlanda), la provincia profonda, bigotta ma generosa, e le illusioni di fine millennio. Ha un protagonista che non crede più in niente, circondato da una società che è ancora divisa in due, come i quartieri di Belfast lo sono su base religiosa, tra protestanti e cattolici. Uno schema settario, ormai interiorizzato dagli abitanti di Belfast, che infatti restano interdetti quando compare una terza, misteriosa, sigla oltre a quelle dei movimenti di lotta armata a cui tutti sono abituati. Eureka Street contiene forse la più memorabile descrizione di un attentato terroristico che io abbia mai letto, e la più azzeccata e poetica definizione di Belfast, «una città in cui la gente è disposta a uccidere e morire per pochi brandelli di stoffa colorata». Eureka Street da solo non basta a raccontare cosa siano davvero stati i Troubles né chi abbia pagato il prezzo di quell’odio (su questi aspetti c’è un’inchiesta incredibile, “Non dire niente” di Patrick Radden Keefe). Però spiega perché non sono finiti del tutto.
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Matteo Castellucci

Raving, di McKenzie Wark
Questo libro è a metà tra un romanzo e un saggio, un flusso di coscienza fumoso e onirico e un’analisi lucida di temi attuali e importanti: gli effetti della gentrificazione sui quartieri, l’appropriazione delle sottoculture da parte del capitalismo, la capacità delle comunità di fare politica prendendosi lo spazio urbano e sottraendosi alle regole. L’autrice, McKenzie Wark, è una scrittrice e teorica di media, teoria critica e studi culturali; ma è anche una raver trans newyorchese, che frequenta il mondo dei free party e li racconta con un linguaggio crudo e diretto. Le riflessioni sul tempo e sulla capacità della musica techno di trasformare il tempo in un infinito presente sono anche parte del motivo per cui questo libro vale la pena di essere letto.
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Antonella Serrecchia

Il più grande uomo scimmia del pleistocene, di Roy Lewis
In questo libro ambientato nella preistoria incontriamo la famiglia di Edward, uomo primitivo e fervido progressista ante litteram, che decide di abbandonare la vita sugli alberi per dedicare anima e corpo alle invenzioni e alle scoperte che hanno definito la storia degli esseri umani: dal fuoco alla pittura, fino all’istituto del matrimonio. In un susseguirsi di riferimenti volutamente anacronistici degli stessi protagonisti e numerose situazioni comiche (ho riso parecchio leggendo), la lotta per la sopravvivenza della famiglia si intreccia con le grandi sfide dell’evoluzione e le scelte che ne conseguono: cambiare o mantenere lo status quo? Condividere le conoscenze acquisite o usarle per sopraffare il prossimo? È scorrevole e divertente, perfetto per alleggerirsi l’estate.
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Giovanni Bonometto

In India, di William Dalrymple
In India è un libro del 1998, che racconta quasi un decennio di viaggi di William Dalrymple, storico scozzese trasferitosi in India dagli anni Ottanta: i contenuti da reportage giornalistico possono sembrare datati, e forse lo sono. Dalrymple però sa trasformare le singole storie in porte d’ingresso per vari mondi del subcontinente indiano, anche molto distanti fra loro. Ci sono i rapper di Mumbai, i sacrifici delle vedove sulle pire dei mariti, la corruzione diffusa, i trafficanti di droga del confine settentrionale, la religione e il fondamentalismo. Il titolo italiano è in parte fuorviante: alcuni capitoli sono dedicati a Pakistan, Sri Lanka e anche all’isola della Réunion. Quello originale, The age of Kali, fa riferimento all’era di Kali, in cui stiamo vivendo, secondo l’induismo: un’epoca oscura, caratterizzata da guerre e materialismo. Vista da qui, la parte più sorprendente è la diffusa e feroce violenza di gran parte della società indiana, dove linciaggi, faide di casta e guerre religiose non sono eventi eccezionali. Purtroppo in questo il libro non risulta datato.
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Valerio Clari

Patria, Fernando Aramburu
Patria è uno di quei libri dove i personaggi sono descritti talmente bene che riesci quasi a immaginarti cosa farebbero nella vita reale. In una cittadina rurale nei Paesi Baschi, nel nord-est della Spagna, due famiglie inizialmente molto legate vengono separate dalle violenze dell’ETA, il gruppo terroristico che abbandonò la lotta armata solo nel 2011, dopo un lungo conflitto per l’indipendenza dallo stato spagnolo.
In un periodo storico sanguinoso ma poco conosciuto, il romanzo racconta la storia di un’intera comunità che si ritrova a fare i conti con le conseguenze della lotta armata. Aramburu, originario proprio dei Paesi Baschi, addolcisce tutto con ambientazioni familiari, osterie e gite in bicicletta: quando uscì in Italia nel 2017 fu uno dei romanzi dell’estate e continua a essere perfetto anche adesso.
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Laura Loguercio

Lo statuto delle lavoratrici, Come ti senti, a cosa hai diritto, dove possiamo cambiare, di Irene Soave
Non che di lavoro prima non si parlasse, anzi, ma dalla pandemia in poi i discorsi su questo aspetto così importante della nostra vita hanno trovato una chiave di lettura più complessa rispetto a quella basilare e binaria a cui eravamo abituati, per cui il lavoro semplicemente ce l’hai o non ce l’hai, e se ce l’hai devi essere solo contento o contenta: si è iniziato a parlare con più insistenza di flessibilità sul lavoro, di qualità delle ore passate davanti al computer, di settimana corta, di quiet quitting, e via così. Il saggio di Irene Soave, giornalista del Corriere della Sera, fa un passaggio ulteriore, e arricchisce questi ragionamenti con una dimensione «sentimentale» del lavoro, quindi con tutte quelle esperienze comuni e reali che servono a dare concretezza a quelle cose di cui leggiamo sempre in modo astratto: la disoccupazione, i licenziamenti, le situazioni di stress e insoddisfazione, l’ambizione, il disagio generazionale dei millennial, le ingiustizie e la fatica della genitorialità per chi lavora, soprattutto per le madri. Lo statuto delle lavoratrici non parla però di fenomeni legati al lavoro in quanto tali, ma ne parla come la somma di tutti quei comportamenti individuali che mettiamo in atto in prima persona, e che spesso ci fanno sentire soli. E leggerne fa un gran bene perché, come dice l’autrice, «capire la dimensione collettiva di un problema che pensiamo privato può servire ad addomesticarlo».
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Mariasole Lisciandro

Chi dice e chi tace, di Chiara Valerio
Ho espresso entusiasti apprezzamenti per questo libro ben prima che fosse inserito tra i finalisti dello Strega, i colleghi della chat “libri” del Post lo possono testimoniare. Al di là del valore che ha in sé, credo che sia una lettura estiva perfetta, malgrado io l’abbia letto sul finire dell’inverno. È infatti un romanzo maneggevole e delicato, anche se racconta di un lutto e della sua elaborazione, ed è ambientato a Scauri, una cittadina di mare del Centro Italia con una sua «grazia scomposta», da dove peraltro viene l’autrice. Sarà che sono cresciuto anch’io in una cittadina di mare del Centro Italia – Nettuno – ma in Chi dice e chi tace ho trovato una descrizione perfetta di come può essere la vita di provincia di quelle zone: sospesa, snervante, ritmata, raccolta, senza pretese, dove le cose si sanno ma spesso vengono taciute, appunto. E poi non è solo una storia di provincia, è soprattutto una storia di donne protagoniste, con uomini più sullo sfondo. Mi piace molto come Valerio ha costruito le personalità di questi uomini: neanche i più deprecabili sono bidimensionali. Un’altra cosa che mi piace è che una volta che l’ho finito, il libro mi ha lasciato la sensazione che le cose, anche quando sono antichi garbugli, si rimettono a posto. Qui se ne può leggere un estratto.
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Mario Macchioni

Storia di mia vita, di Janek Gorczyca
«Questo sarà un breve racconto di mia esperienza sulla vita per la strada. Tutto comincia nel 1998 di ottobre, io sto in una stanza a Campo dei fiori, contratto di lavoro scaduto, permesso di soggiorno uguale, ho un milione e mezzo di lire in tasca, e penso come riprendere tutto, ma non è facile». Comincia così il libro di Janek Gorczyca, che ha trascorso gran parte dei suoi ultimi trent’anni vivendo per strada, in case che sono grandi come città e abitando una lingua materna, il polacco, contaminata dal dialetto romano. Una lingua magica e sgangherata, che sembra essere un’andatura, che resta agganciata alle cose senza tradimenti. Ha ragione Lorenzo Camerini quando scrive che «si ha l’impressione, leggendolo, di star seduti di notte con Janek su due sedie di plastica bianca lasciate per strada da un bar chiuso, e di ascoltarlo mentre ti racconta le sue memorie dividendo una bottiglia di vodka calda presa al supermercato». È un libro incredibile, dolce e brutale. E se ne può leggere un pezzetto qui.
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Giulia Siviero

Cucina aperta, di Tommaso Melilli
Tommaso Melilli è uno chef giovane e in gamba che ha aperto un ristorante a Milano dopo aver passato parecchi anni in Francia. È possibile che non lo conosciate perché non va in tv, né in quelle trasmissioni con le luci sparate dove si preparano piatti domenicali, né in quella dove un gruppo di persone che fa da decenni un certo lavoro giudica e sbertuccia altre che vorrebbero farlo, quel lavoro, davanti a milioni di spettatori. Non fa nemmeno i reel su Instagram. Eppure, se vi piace il cibo e tutto quello che ci gira intorno – come lo si prepara, perché lo si prepara in un certo modo, come mai ci piacciono proprio certe cose, perché ne siamo diventati ossessionati, in questi anni – dovreste conoscerlo. Quest’anno per l’editore 66thand2nd ha scritto Cucina aperta. È una via di mezzo fra un manuale di storia della cucina, un ricettario, un’autobiografia e una dettagliata spiegazione di un’idea di cucina. La prima cosa che si percepisce è che dietro tutto questo c’è una ricerca e una profondità di pensiero assai rare: soprattutto in un mondo che ormai vive di ricette da 45 secondi o menate nazionaliste. Si imparano molte cose, fra cui l’origine dei gianduiotti, le qualità fondamentali di un buon minestrone, e perché alla fine noi umani ci nutriamo di «idee che per convenzione abbiamo deciso di chiamare “piatti”» . Ah, è pure ben scritto.
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Luca Misculin

Cronache di poveri amanti, di Vasco Pratolini
C’è una piccola via a Firenze dietro al museo degli Uffizi abbastanza ignorata dai gruppi di turisti che intasano le strade del centro: si chiama via del Corno. Quando ero bambina ci portavamo sempre a riparare le bici, ma da qualche anno il biciclettaio ha chiuso e non ci sono più negozi. In via del Corno nacque e visse Vasco Pratolini e quando era giovane ci ambientò uno dei suoi primi romanzi, uno dei miei libri preferiti: Cronache di poveri amanti racconta le vicende d’amore, rivalità e quotidianità di un gruppo di abitanti della Firenze popolare fra il 1925 e il 1926 e di come le loro storie si intersechino con quella nazionale dell’ascesa violenta del fascismo. La conformazione di via del Corno, stretta e con i suoi muri spessi su cui le parole rimbalzano, non permette ai suoi abitanti di avere segreti, perché tutti sentono tutto, anche quando le finestre sono chiuse. Lessi la prima volta Cronache di poveri amanti quando ero al liceo e l’ho riletto anche l’anno scorso, in un momento in cui mi mancava Firenze con i suoi muri gialli che fanno salire le parole fino alla finestra della mia camera. Eppure, tutte le volte che ho consigliato questo libro a qualcuno che non era di Firenze, dopo averlo letto mi ha detto di averci trovato anche un pezzo di casa sua, e questo credo sia quello che lo rende un gran romanzo. Avviso: ci sono tanti personaggi, quindi se i romanzi corali non vi piacciono forse non è il libro per voi.
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Ginevra Falciani

Hiroshima, il racconto di sei sopravvissuti, di John Hersey
Pochi mesi dopo che il bombardiere statunitense Enola Gay, scortato da due altri aerei, Great Artiste e Necessary Evil, aveva sganciato la bomba atomica su Hiroshima, il giornalista statunitense John Hersey andò nella città giapponese. Scrisse reportage memorabili e angoscianti. La bomba, a cui gli statunitensi avevano dato il nomignolo di Little Boy, era stata sganciata alle 8.15 del 6 agosto 1945. Morirono, per l’esplosione, tra le 70 e le 80mila persone, altre decine di migliaia morirono nei mesi e negli anni successivi per gli effetti delle radiazioni. L’80% degli edifici della città fu distrutto. Hersey, che scriveva per Time, New Yorker e Life, incontrò e intervistò sei persone, sei sopravvissuti che raccontarono ciò che avevano vissuto quel giorno e nei giorni successivi. Dal reportage nacque un libro, Hiroshima, il racconto di sei sopravvissuti, che è ancora oggi il più straordinario e terribile racconto di ciò che avvenne. Scrisse il New York Times: «Non si può dire niente che eguagli ciò che il libro ha da dire. Parla da solo e in maniera indimenticabile per l’umanità». Hiroshima venne pubblicato una prima volta nel 1946. In Italia Piemme l’ha ripubblicato nel 2005 con un nuovo capitolo dopo che Hersey, 40 anni dopo, era tornato in Giappone a cercare quei sei sopravvissuti. In italiano si trova a fatica (c’è su Amazon a 58 euro o su eBay a prezzi non lontani), ma si recupera più facilmente in inglese in versioni più recenti.
Stefano Nazzi

Le cosmicomiche, di Italo Calvino
Cosa farebbero le leggi della natura se potessero godersi la vita? È un po’ la domanda a cui rispondono i vari racconti di questa piccola raccolta di Calvino. Ed è quello che prova a fare l’imperscrutabile e impronunciabile protagonista e narratore delle Cosmicomiche, che attraversa la storia dell’universo sempre allegramente perso dietro a qualche preoccupazione futile o passatempo strampalato. Sono brevi storie vivaci, con quello stile spensierato di Calvino che a me piace moltissimo, e che ci ricordano costantemente che non dobbiamo sempre capire tutto, facendoci un po’ sforzare di essere liberi e senza preoccupazioni: come si pronunciano i nomi dei personaggi? Che forma hanno? Cosa sono? Sono domande che vi farete mentre lo leggete, ma di cui non dovete preoccuparvi, perché tanto non avranno risposta: dovete solo godervi le storie.
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Andrea Da Lio

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Disclaimer: con alcuni dei siti linkati nella sezione Consumismi il Post ha un’affiliazione e ottiene una piccola quota dei ricavi, senza variazioni dei prezzi. Ma potete anche cercare le stesse cose su Google. Se invece volete saperne di più di questi link, qui c’è una spiegazione lunga.