• Italia
  • Mercoledì 11 agosto 2021

Come funzioneranno i controlli dei documenti insieme ai “Green Pass”

Una circolare spiega che gli esercenti non devono richiederli, ma possono farlo quando sospettano ci sia un tentativo di frode

Controlli dei "Green Pass" all'ingresso della loggia del Campanile di San Marco a Venezia (ANSA/ANDREA MEROLA)
Controlli dei "Green Pass" all'ingresso della loggia del Campanile di San Marco a Venezia (ANSA/ANDREA MEROLA)

Lunedì sera il ministero dell’Interno ha diffuso una circolare per chiarire alcuni dubbi riguardo al funzionamento dei controlli dei “Green Pass”, e in particolare se gli esercenti debbano o meno controllare anche i documenti di identità dei clienti che esibiscono i certificati, per verificare che appartengano proprio a loro. La circolare specifica che i titolari e il personale dei locali pubblici sono obbligati a controllare i “Green Pass” dei clienti, per i servizi che lo prevedono, ma non sono tenuti a verificare anche i loro documenti d’identità, anche se possono farlo nei casi in cui sia palese un tentativo di frode.

In sostanza il controllo dei documenti d’identità da parte degli esercenti – che sono legittimati a chiedere i documenti anche se non sono pubblici ufficiali è solo facoltativo ma si rende necessario «quando appaia manifesta l’incongruenza con i dati anagrafici» contenuti nel “Green Pass”. Ad esempio se la data di nascita riportata sul certificato evidentemente non corrisponde all’aspetto fisico di chi lo esibisce. La circolare sottolinea anche come, nel caso in cui si accerti un’incongruenza di questo tipo, verrà multato solo il cliente (con sanzioni che vanno da 400 a 1.000 euro), a meno che non siano riscontrabili «palesi responsabilità anche a carico dell’esercente».

La circolare del ministero è arrivata dopo le lamentele da parte dei ristoratori e delle associazioni di categoria, contrari all’ipotesi che la responsabilità di accertarsi dell’identità del cliente, e quindi di vigilare sull’uso improprio del “Green Pass”, spettasse a loro.

– Leggi anche: La questione dei controlli dei documenti insieme al “Green Pass”

Lunedì la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese aveva dato ragione ai commercianti, e aveva detto che i gestori dei locali sono tenuti a chiedere ai clienti solo i “Green Pass”: «Nessuno pretende che gli esercenti chiedano i documenti, i ristoratori non devono fare i poliziotti e non sono tenuti a chiedere la carta di identità», ha detto la ministra, paragonando l’esibizione del “Green Pass” a quella dei biglietti per entrare al cinema.

La questione nasce da una formulazione non molto chiara del decreto, che prevede per i commercianti l’obbligo di verificare i certificati ma non i documenti d’identità: si dice che gli esercenti possono (non devono) chiedere il documento. Questo nonostante, in realtà, la richiesta di esibire un documento sia una pratica assai frequente anche nei locali: per esempio per servire alcolici (in base all’articolo 14 ter della legge n.125 del 2001), per noleggiare una bicicletta o alla reception di un albergo.

– Leggi anche: In Francia serve il “Green Pass” per fare quasi tutto

La circolare spiega anche come i controlli sui documenti di identità debbano avvenire «con modalità che tutelino la riservatezza della persona nei confronti di terzi». La verifica dei dati sul certificato infatti passerà evidentemente anche dal confronto tra il nome riportato e l’aspetto fisico della persona, cosa che potrebbe creare dei problemi alle persone transgender che non hanno fatto la transizione legale, e che quindi potrebbero avere sui documenti un nome associato al genere opposto rispetto a quello in cui si identificano e in cui possono più facilmente essere identificati dagli altri, in base alle apparenze. Questa apparente incongruenza potrebbe creare situazioni di disagio e imbarazzo, come era stato segnalato nei giorni scorsi da alcuni attivisti. Il richiamo alla discrezione della circolare sembra essere un tentativo di contenere questo possibile problema.