• Mondo
  • Venerdì 14 maggio 2021

I cittadini europei detenuti nel Regno Unito perché senza visto

Sono una trentina di casi dall'inizio dell'anno, e dicono molto su come vanno le cose dopo Brexit

Arrivi all'aeroporto Heathrow di Londra (Leon Neal/Getty Images)
Arrivi all'aeroporto Heathrow di Londra (Leon Neal/Getty Images)

Nel Regno Unito alcune decine di cittadini dell’Unione Europea, tra cui italiani, spagnoli, tedeschi e rumeni, sono stati rinchiusi in centri di detenzione per immigrati ed espulsi dopo alcuni giorni perché erano entrati nel paese per cercare lavoro, o per fare un colloquio già programmato o uno stage già fissato senza avere il visto.

Dopo l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, i cittadini dell’Unione che intendono lavorare nel paese devono avere un visto: chi non ce l’ha è costretto a tornare nel paese di provenienza (i turisti invece possono entrare nel Regno Unito senza visto, e starci fino a sei mesi). Ma la detenzione per i trasgressori, sebbene tendenzialmente non applicata in casi del genere, è stata considerata dalle autorità europee come una misura sproporzionata, che non rispetta la reciprocità del trattamento riservato ai cittadini britannici.

I primi casi di detenzione di cittadini dell’Unione Europea per questioni migratorie si sono verificati lo scorso gennaio, poco dopo l’uscita del Regno Unito dall’Unione doganale, all’inizio del 2021. I media hanno cominciato tuttavia a occuparsi della questione soltanto poche settimane fa. Il primo è stato Politico Europe, che ha parlato di almeno 30 casi di cittadini europei detenuti dall’inizio dell’anno, tra cui tedeschi, greci, italiani, romeni e spagnoli.

Queste persone sarebbero state individuate dai funzionari doganali perché volevano cercare lavoro nel paese, o perché avevano un appuntamento già fissato per un colloquio. In una situazione normale, sarebbero rimandate immediatamente nei loro paesi d’origine con il primo volo disponibile, ma le cose sono state complicate in parte dalla pandemia da coronavirus: i voli si sono ridotti enormemente a causa delle restrizioni ai viaggi, e nella maggior parte dei casi per rientrare in un paese dell’Unione Europea è necessario rispettare diversi criteri, e quanto meno ottenere il risultato negativo di un test.

A causa di queste lungaggini, le autorità britanniche hanno deciso di rinchiudere i cittadini europei in attesa di rimpatrio in centri di detenzione per migranti, che spesso sono ex carceri riadattate e in cui le condizioni sono simili a quelle di un carcere: i detenuti sono privati di tutti i loro beni personali, compresi i telefoni cellulari, dormono in celle con le sbarre alle finestre e sono tenuti sotto sorveglianza costante. La maggior parte dei cittadini europei è rimasta in questi centri per poco tempo, alcuni 12 ore, ma altri vi sono rimasti per diversi giorni, perfino una settimana.

In questi giorni i media hanno parlato con diversi di loro. Marta Lomartire, ha scritto Repubblica, è stata fermata all’aeroporto di Londra Heathrow perché in possesso di una lettera (redatta da suo cugino, residente nel Regno Unito da oltre 15 anni) che richiedeva il suo ingresso come ragazza alla pari. Ha trascorso 12 ore dentro all’Immigration Removal Centre di Colnbrook, prima di essere reimbarcata per Milano. Nel centro, ha detto Lomartire, si trovava un’altra ragazza italiana detenuta da cinque giorni.

Politico ha raccontato di una ragazza di Valencia, in Spagna, che il 3 maggio è stata detenuta nello Yarl’s Wood Immigration Removal Centre nel Bedfordshire, a nord di Londra. Il suo caso si sarebbe dovuto risolvere nel giro di 72 ore, ma è scoppiato un focolaio di COVID-19 nel centro di detenzione e l’ala in cui si trovava la ragazza è stata messa in quarantena. Soltanto dopo che il caso era stato raccontato da Politico, alla ragazza è stato consentito di trascorrere la quarantena a casa della sorella, che è residente nel Regno Unito.

Uno dei primi episodi del genere si è verificato a gennaio, quando un ragazzo greco di 26 anni è stato detenuto per sette giorni a Colnbrook, senza poter accedere al suo telefono e ai suoi effetti personali, come ha scritto il giornale Ta Nea.

Detenere gli immigrati irregolari finché non è possibile rispedirli nei loro paesi d’origine è pratica piuttosto comune, non soltanto nel Regno Unito. Il caso dei cittadini europei tuttavia è stato considerato particolare dai media e dai politici dell’Unione per diverse ragioni, che in gran parte coinvolgono Brexit e il rapporto molto stretto che ha legato Regno Unito ed Europa fino a poco fa. Benché in alcuni casi non ci siano stati dubbi sull’irregolarità dell’ingresso nel Regno Unito di cittadini europei, per altri la situazione è stata meno chiara, per esempio per chi aveva un colloquio di lavoro già fissato: e sembra che il governo britannico stesso preveda l’ingresso nel paese senza visto, in situazioni di questo tipo.

In generale, molte delle persone coinvolte si sono lamentate del fatto che le informazioni messe a disposizione dalle autorità britanniche prima della partenza fossero scarse e confuse. Il cugino di Marta Lomartire, per esempio, si è lamentato con Repubblica del fatto che «non c’è ancora una procedura regolare per ragazze alla pari, nessuno sa quale visto serva».

Qualche giorno fa la Commissione Europea ha fatto sapere che la detenzione di cittadini dell’Unione nel Regno Unito per ragioni di immigrazione è «fonte di preoccupazione». Un portavoce ha detto che i casi di cittadini europei detenuti sono piuttosto limitati, e che dunque non si tratta di un fenomeno diffuso, ma che la delegazione europea nel Regno Unito sta «seguendo il caso da vicino, in particolare le condizioni e la durata delle detenzioni».