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  • Venerdì 22 gennaio 2021

Google ha minacciato di disabilitare il suo motore di ricerca in Australia

Nel caso in cui il Parlamento australiano approvasse una nuova legge per obbligare le piattaforme Internet a pagare editori e giornali per i contenuti giornalistici

(Omar Marques/ SOPA Images via ZUMA Wire/ ANSA)
(Omar Marques/ SOPA Images via ZUMA Wire/ ANSA)

Google ha detto che se la nuova legge australiana sui media dovesse essere approvata bloccherà il suo motore di ricerca nel paese. A dicembre, il governo australiano aveva presentato in Parlamento un disegno di legge che obbligherebbe le piattaforme Internet come Google e Facebook a pagare editori e giornali per i contenuti giornalistici che diffondono e da cui ottengono grossi guadagni. Adesso Google ha annunciato che se la legge passerà i suoi 19 milioni di utenti australiani (buona parte dei 25 milioni di cittadini del paese) potrebbero avere grosse difficoltà sia a usare il motore di ricerca che a navigare su YouTube, che è di proprietà di Google.

L’idea di base della proposta di legge australiana è che le entrate pubblicitarie ottenute dalle piattaforme digitali grazie alla diffusione di contenuti giornalistici dovrebbero essere condivise con chi quei contenuti giornalistici li scrive. Secondo gli editori e il governo australiani, questo per ora non avviene perché il mercato della pubblicità online favorisce in maniera sproporzionata le grandi piattaforme. In particolare, gli editori sostengono che le news abbiano un ruolo molto importante per le piattaforme: senza di esse, Google e Facebook sarebbero molto più poveri di contenuti e meno attrattivi per gli utenti.

In queste settimane Facebook e Google si stanno confrontando con le autorità australiane e allo stesso tempo si stanno scontrando con i principali media del paese – tra cui News Corp, di proprietà del magnate Rupert Murdoch – per provare a stringere accordi economici per il pagamento dei contenuti giornalistici, come incoraggiato dalla legge, finora senza alcun esito.

La responsabile di Google in Australia e Nuova Zelanda, Melanie Silva, ha detto alla commissione del Senato che «se questa versione della legge dovesse entrare in vigore, l’inimmaginabile rischio finanziario e operativo non ci darebbe altra scelta che non mettere più a disposizione Google Search in Australia». Tra le altre cose Silva ha spiegato che per Google sarebbe troppo rischioso offrire uno strumento di ricerca limitato; non ha tuttavia menzionato YouTube perché in base alle nuove modifiche dovrebbe essere esonerato, ha spiegato Reuters.

In risposta alle dichiarazioni di Google, il primo ministro australiano, Scott Morrison, ha detto ai giornalisti che «chi vuole fare affari con l’Australia è il benvenuto, ma noi non reagiamo alle minacce». Se editori e piattaforme digitali non dovessero mettersi d’accordo, si dovranno affidare all’arbitrato di una commissione governativa, che deciderà il tipo di retribuzione dovuto alla testata giornalistica.

– Leggi anche: L’Australia ha cambiato una parola del suo inno nazionale

L’annuncio che Google potrebbe disabilitare la propria piattaforma in Australia arriva poche ore dopo che l’azienda aveva detto di aver firmato un accordo per la protezione del copyright con l’Alleanza della stampa d’informazione generalista francese. Questo accordo fissa i principi con i quali saranno poi negoziati singoli accordi tra Google e gli editori francesi che fanno parte dell’Alleanza, e consentirà ai giornali di entrare in Google News Showcase, una piattaforma lanciata di recente da Google in cui vengono mostrati articoli scelti da redazioni considerate affidabili e prestigiose.

Secondo Peter Lewis, direttore del Centro per la Tecnologia Responsabile dell’Australia Institute di Canberra, la capitale dell’Australia, l’atteggiamento di Google «fa parte di uno schema di comportamento intimidatorio che fa venire i brividi a chiunque dia valore alla nostra democrazia».

La proposta di legge era stata annunciata dopo una lunga indagine dell’agenzia nazionale che si occupa delle violazioni della libera concorrenza, secondo cui gruppi come Google e Facebook hanno un potere sproporzionato nell’industria dei media, e potenzialmente avrebbero le risorse per compromettere il corso della democrazia. La bozza del nuovo codice di regolamentazione pubblicata lo scorso luglio fu duramente criticata da Google e Facebook, che fecero una campagna molto estesa per contrastarla: Google per esempio inserì annunci allarmanti sui suoi prodotti dicendo che il governo stava mettendo in pericolo le ricerche online degli australiani.