In Perù c’è il terzo presidente in una settimana
Il parlamento ha eletto ad interim Francisco Sagasti, dopo la rimozione di Martín Vizcarra e le dimissioni di Manuel Merino
Il parlamento del Perù ha eletto Francisco Sagasti nuovo presidente ad interim dopo quasi 24 ore senza un capo di stato. Manuel Merino, che il 12 novembre aveva prestato giuramento dopo la contestata rimozione del suo predecessore Martín Vizcarra, si era dimesso dall’incarico dopo meno di una settimana, costretto a farlo dopo giorni di proteste che avevano causato anche la morte di due persone. Il Perù ha quindi il terzo presidente in una settimana.
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Francisco Sagasti è un ingegnere e membro dell’unico partito politico che una settimana fa ha votato contro la rimozione del popolare ex presidente Martín Vizcarra. Sarà il presidente provvisorio del Perù che porterà il paese alle elezioni dell’aprile 2021. La scelta di Sagasti dovrebbe allentare le tensioni nel paese e far cessare le proteste iniziate il 9 novembre con l’impeachment di Vizcarra che ha scatenato quella che gli analisti hanno definito la peggiore crisi politica del Perù nell’ultimo decennio.
Le proteste erano iniziate in modo spontaneo nella capitale Lima lunedì dopo il voto con cui il parlamento aveva deciso la rimozione di Vizcarra, ma si erano allargate a tutto il paese coinvolgendo soprattutto i più giovani. La polizia aveva reagito usando in più occasioni gas lacrimogeno e proiettili di gomma, ferendo decine di persone e ricevendo accuse di violenze e abusi. Dopo che sabato due persone erano morte negli scontri, tredici ministri del nuovo governo di Merino si erano già dimessi. Domenica Merino ha fatto lo stesso, con un messaggio in cui ha chiesto «pace e unità per tutti i peruviani».
Nell’ultimo anno, mentre il Perù ha dovuto affrontare una grave crisi economica e la pandemia da coronavirus, anche Vizcarra è finito in mezzo a un’indagine per corruzione, per fatti legati a quando era governatore della regione di Moquegua: e per quelle accuse si è arrivati alla sua rimozione da presidente, lunedì 9 novembre.
Alcuni testimoni sentiti dai procuratori che stanno indagando su Vizcarra hanno sostenuto che tra il 2014 e il 2016, quando era governatore, Vizcarra ricevette 1.300.000 sol (circa 300.000 euro) in cambio dell’assegnazione di appalti edili. Le accuse sono state pubblicate sui giornali lo scorso ottobre, insieme ad alcuni documenti riservati della procura, e hanno dato nuova forza agli oppositori di Vizcarra in parlamento, che già a settembre avevano provato ad approvare una mozione di impeachment contro di lui, fallendo. Vizcarra ha sempre definito infondate le accuse, ma quando lunedì il parlamento ha votato a larga maggioranza per la sua rimozione ha accettato la decisione e non si è opposto.
La rimozione di Vizcarra, tuttavia, non è stata accettata dall’opinione pubblica. Non è chiaro se per un particolare apprezzamento nei suoi confronti, per lo sfinimento dovuto all’ormai cronica instabilità politica o perché in pochi credevano alle ultime accuse, come registrato da un sondaggio di poche settimane fa. Vizcarra, inoltre, è stato rimosso dall’incarico con uno strumento costituzionale previsto per casi di grave e provata inadeguatezza del presidente: le accuse nei suoi confronti non sono nemmeno arrivate a un processo, per ora.
Le manifestazioni si sono allargate ad altre città, ci sono stati i primi scontri con la polizia e venerdì si è arrivati ad alcune delle proteste di piazza più partecipate dell’ultimo ventennio, ha scritto il Guardian. Ancora sabato, in tantissime città del paese ci sono stati cortei e proteste di vario genere, finite in più di un’occasione in scontri con la polizia. Durante le manifestazioni di sabato due persone, un ventiduenne e un ventiquattrenne, sono state uccise da colpi di arma da fuoco e decine sono state ferite. La polizia è stata accusata di non aver saputo gestire la situazione e di aver usato violenza eccessiva contro i manifestanti.