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  • Lunedì 29 giugno 2020

La Russia ha messo una taglia sui soldati americani in Afghanistan?

Lo sostiene un'inchiesta del New York Times poi corroborata dagli altri giornali americani, aggiungendo che Trump ne fosse a conoscenza ma non abbia reagito: lui dice che non ne sapeva niente

(Andrew Renneisen/Getty Images)
(Andrew Renneisen/Getty Images)

Un’inchiesta del New York Times pubblicata tre giorni fa sostiene che nei mesi scorsi un’agenzia di intelligence russa strettamente legata al governo abbia promesso ai talebani una ricompensa per ogni soldato ucciso in Afghanistan fra quelli che operano nel contingente NATO presente nel paese, guidato dagli Stati Uniti. L’obiettivo dei russi era destabilizzare il principale processo di pace in Afghanistan, condotto dagli Stati Uniti, che a febbraio dopo mesi di negoziati aveva trovato un compromesso per il ritiro dei soldati americani dal paese e l’inizio delle trattative fra talebani e governo afghano per la fine della guerra civile, in corso ormai da vent’anni.

Nei giorni successivi l’inchiesta è stata corroborata da altri giornali americani e non è stata smentita dalle principali agenzie di intelligence. Il governo russo ha respinto le accuse, ma la trasparenza dell’amministrazione Putin è talmente scarsa che la smentita non ha avuto un grande peso. E la notizia è stata giudicata molto grave per due ragioni.

La prima è che sarebbe la prima volta in assoluto che un’agenzia di intelligence russa incoraggia attacchi su militari occidentali (di solito si concentrano su operazioni più limitate o meno violente). La seconda è che l’amministrazione statunitense di Donald Trump, secondo queste ricostruzioni, era a conoscenza della situazione almeno da marzo: eppure non ha deciso nessuna ritorsione nei confronti della Russia, nemmeno verbale, cosa che invece avrebbe certamente applicato qualsiasi altro paese occidentale coinvolto.

Trump, che ha definito «una fake news» l’inchiesta del New York Times, è noto da anni per i suoi rapporti amichevoli col presidente russo Vladimir Putin e un approccio molto conciliante – se non addirittura subalterno – con la Russia rispetto ai suoi predecessori e alle altre potenze occidentali, tanto che nelle ultime settimane sta cercando di assicurare a Putin un invito informale alla prossima riunione del G7, da cui la Russia era stata espulsa nel 2014 in seguito all’invasione della Crimea, e che in passato disse di fidarsi della Russia più di quanto si fidasse della CIA o dell’FBI.

Le informazioni sulle ricompense offerte dalla Russia non sono moltissime. Il New York Times sostiene che la notizia sia stata raccolta dalle agenzie di intelligence americane nel corso di alcuni interrogatori di milizie talebane, e corroborata a tal punto che secondo un funzionario americano che ha parlato al Washington Post la ricompensa sarebbe legata alla morte di almeno un soldato americano in Afghanistan (dal 2018 a oggi in Afghanistan ne sono morti 38).

Risulta inoltre che l’operazione sia condotta dal GRU, l’unità dell’intelligence russa responsabile di alcune delle recenti e spregiudicate attività internazionali più note riconducibili alla Russia, come gli attacchi informatici contro i server del Partito Democratico americano nel 2016 – e più in generale dell’ingerenza nella campagna elettorale, in cui la Russia cercò esplicitamente di aiutare Donald Trump – e il tentato assassinio nell’ex spia russa Sergei Skripal nel Regno Unito.

I funzionari americani, comunque, sospettavano da tempo che la Russia stesse segretamente aiutando i talebani fornendogli armi e altro tipo di appoggio, oltre che condurre un negoziato di pace parallelo in concorrenza con quello americano. «In Afghanistan condividiamo alcuni interessi con la Russia», spiegò nel 2018 a BBC News il capo dell’esercito americano in Afghanistan, John W. Nicholson, «eppure stanno agendo attivamente per minare i nostri interessi». Ma è noto che ormai da molti anni l’interesse principale e fondamentale della Russia è indebolire la posizione statunitense, in qualsiasi contesto.

Non è chiaro se nei prossimi giorni l’amministrazione Trump prenderà provvedimenti. L’inchiesta del New York Times ha provocato diverse reazioni sia nei Democratici – che hanno nuovamente accusato Trump di essere eccessivamente legato a Putin – sia nell’ala del partito Repubblicano meno conciliante con la Russia.

A fine marzo questa informazione fu discussa dal Consiglio per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, il principale organo che assiste il presidente nelle sue decisioni sul tema della sicurezza, e furono valutate alcune ritorsioni di varia natura, dalle semplici lamentele verbali all’introduzione di nuove sanzioni: alla fine però non se ne fece nulla. In questi giorni Trump ha definito l’inchiesta del New York Times «probabilmente un’altra notizia inventata solo per colpirmi» e ha detto che né lui né il vicepresidente Mike Pence né il capo di gabinetto Mark Meadows sono stati informati di questo presunto programma russo.