Cos’è successo con la Sea Watch

Salvini ha saputo dello sbarco in diretta tv, e si è arrabbiato molto: la situazione è stata sbloccata dalla procura di Agrigento, con una specie di espediente

Domenica sera si è conclusa la vicenda dei 47 migranti a bordo della nave Sea Watch 3, a cui da giorni veniva impedito di sbarcare su indicazione del governo, in particolare del ministro dell’Interno Matteo Salvini. Intorno alle 20 tutte le 47 persone a bordo sono state fatte sbarcare a Lampedusa dopo che il procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio – che ha giurisdizione su Lampedusa – aveva disposto il sequestro della Sea Watch 3, aprendo un’indagine per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Per ora è indagato solo il comandante, che dovrebbe essere interrogato domani.

Secondo alcuni osservatori la decisione di Patronaggio è stata un espediente per aggirare l’indicazione del governo: almeno in un altro caso Patronaggio aveva sequestrato la nave di una ong che soccorre i migranti permettendole di sbarcarli. Sull’equipaggio era stata comunque condotta un’indagine, chiusa dopo pochi giorni.

Matteo Salvini ha saputo dello sbarco della Sea Watch mentre stava partecipando al talk show Non è l’Arena, condotto da Massimo Giletti su La7. Dopo che Giletti ha letto la notizia dello sbarco, Salvini ha commentato «il ministro sono io», e minacciato di aprire un’indagine su Patronaggio per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina (una decisione che però deve prendere una procura, e non il ministero).

Nei minuti successivi, visibilmente contrariato, Salvini ha accusato Patronaggio di fare politica –  «se questo procuratore vuole fare il ministro dell’Interno, si candidi alle prossime elezioni» – e ha messo in fila una serie di informazioni false sulle ong e le leggi internazionali in materia di richiedenti asilo, come spesso gli capita quando si occupa di immigrazione.


Parlando con Giletti, Salvini ha ribadito più volte che i porti italiani sono “chiusi” alle navi delle ong che trasportano migranti. Non è così: come sappiamo da mesi, ogni volta che una nave del genere si avvicina all’Italia, Salvini e il governo fanno pressioni sulle autorità locali per non concedere lo sbarco: queste pressioni però non si concretizzano mai in atti ufficiali, perché avrebbero una base legale molto fragile. Secondo le leggi italiane e internazionali il governo può bloccare l’ingresso di una nave nei propri porti soltanto per ragioni gravissime e legate alla sicurezza nazionale: è difficile dimostrare che poche decine di migranti rappresentino un pericolo per un paese come l’Italia.

A volte però le pressioni di Salvini riescono a impedire per giorni un approdo: è successo con la nave Diciotti, diverse altre volte con la Sea Watch 3, e anche con la nave Mare Jonio della ong italiana Mediterranea. Proprio in quest’ultima occasione, due mesi fa, il pm di Agrigento Luigi Patronaggio aveva sbloccato la situazione ordinando un sequestro probatorio della nave. È una delle misure con cui un pubblico ministero può ottenere delle prove nell’ambito delle indagini, ma ha molta meno forza di un sequestro preventivo, che invece serve per interrompere il compimento di un reato (e infatti per attuarlo la procura non deve passare da un giudice). A marzo, scrive la Stampa, «la Mare Jonio fu posta sotto sequestro e furono indagati il comandante e il capo missione di allora. Dopo qualche giorno, completati gli accertamenti, la nave fu dissequestrata e poté riprendere il mare».

Patronaggio non ha confermato che la disposizione di un sequestro preventivo sia soltanto un espediente per far sbarcare i migranti dalla Sea Watch 3. Nel comunicato stampa diffuso dalla procura di Agrigento dopo lo sbarco si legge che la nave è stata fermata per presunta violazione dell’articolo 12 del Testo Unico sull’immigrazione, quello che regola il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. È la stessa che viene contestata alla Mare Jonio, fermata di nuovo la scorsa settimana dopo l’indagine nei suoi confronti aperta e chiusa a marzo: in questi giorni il comandante della nave è stato interrogato dalla procura di Agrigento a Lampedusa.

Non è chiaro cosa ne sarà dei migranti arrivati con la Sea Watch 3. La federazione delle chiese evangeliche italiane e quella delle chiese protestanti hanno offerto le proprie strutture per ospitare i migranti: «Accogliere i migranti in fuga dalle persecuzioni è dovere civile di ogni democrazia; ma per noi evangelici è anche un servizio al prossimo radicato nella tradizione biblica e un imperativo della nostra fede», ha spiegato in un comunicato Luca Negro, presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia.