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  • Venerdì 12 aprile 2019

Di che cosa è accusato Assange

L'arresto non riguarda le attività giornalistiche né lo spionaggio: il fondatore di Wikileaks è accusato di aver hackerato una password, e non di aver diffuso documenti riservati

Un cartellone a sostegno di Chelsea Manning e Julian Assange fuori dall'ambasciata dell'Ecuador a Londra, 5 aprile 2019 (Jack Taylor/Getty Images)
Un cartellone a sostegno di Chelsea Manning e Julian Assange fuori dall'ambasciata dell'Ecuador a Londra, 5 aprile 2019 (Jack Taylor/Getty Images)

Giovedì 11 aprile Julian Assange, il 47enne fondatore di Wikileaks, è stato arrestato a Londra nell’ambasciata dell’Ecuador, dove viveva dal 2012 come rifugiato politico. Assange è stato arrestato dalla polizia di Londra su richiesta del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, che ha fatto sapere che l’accusa è di aver violato la Computer Fraud and Abuse Act (CFAA), la prima legge contro gli hacker e le violazioni informatiche approvata dal Congresso degli Stati Uniti nel 1986. L’atto d’accusa non riguarda la diffusione dei documenti riservati da parte di Wikileaks ma il modo in cui sono stati ottenuti: è meno grave di quanto si possa pensare e delle varie accuse che negli anni sono circolate nei confronti di Assange.

L’estradizione e il successivo arresto di Assange non sono state richieste dagli Stati Uniti per la diffusione di documenti riservati – per il lavoro che si può considerare in qualche modo “giornalistico”, insomma – e nemmeno per la sua presunta collaborazione con la Russia nelle interferenze elettorali del 2016, ma per la sua presunta collaborazione con l’allora soldato Bradley Manning (oggi Chelsea Manning) nell’hackerare una password per introdursi nei sistemi informatici governativi e sottrarre dei documenti. La pena massima prevista per Assange, se venisse confermata la condanna, è pari a cinque anni di carcere, che non sono paragonabili alla sentenza ricevuta da Manning: nel 2010 l’ex militare era stata condannata a 35 anni di carcere per aver fornito a Wikileaks centinaia di migliaia di documenti e materiali riservati diffusi e pubblicati su Internet (era stata in carcere per circa sette anni e poi, nel 2017, l’allora presidente Barack Obama le aveva concesso la grazia).

L’accusa nei confronti di Assange sta facendo discutere con diverse e opposte posizioni su una questione che ha a che fare con il lavoro dei giornali e con la pubblicazione di informazioni riservate. Katie Benner del New York Times ha scritto che «i giornalisti pubblicano materiale raccolto dalle fonti, ma non aiutano le fonti a forzare le serrature delle casseforti che contengono quelle informazioni». Sheera Frankel, giornalista del New York Times che si occupa di sicurezza informatica, ha scritto che chiedere a una fonte di commettere un reato e rubare delle informazioni «è una linea che nessun giornalista serio oltrepasserebbe mai»; Cyrus Farivar, giornalista investigativo di NBC News, ha scritto che «nella mia carriera giornalistica posso contare su NESSUNA mano le volte che ho chiesto a qualcuno di commettere un reato in nome del giornalismo».

L’avvocata Jesselyn Radack, ex consulente del Dipartimento di Giustizia statunitense che ora lavora per il Government Accountability Project, un’organizzazione che protegge chi diffonde materiale riservato di interesse pubblico, ha detto che l’accusa contro Assange si basa sulla CFAA perché sarebbe «probabilmente incostituzionale usare lo Espionage Act (la legge contro lo spionaggio, ndr) contro un editore». Chi difende Assange teme che la CFAA possa essere impugnata come arma contro chiunque pubblichi informazioni riservate, e che non ci sia alcuna garanzia che non venga applicata ai rapporti giornalistici più tradizionali.

Cercando di fare chiarezza sulle accuse ad Assange, diversi giornali scrivono comunque che i tribunali raramente applicano la pena massima di un crimine e, citando i pareri di alcuni avvocati esperti del CFAA, dicono anche che le accuse del Dipartimento di Giustizia sono piuttosto deboli. Inoltre, i crimini puniti dalla CFAA hanno un limite di prescrizione di cinque anni e l’ultima diffusione di documenti da parte di Manning risale al 2010. Il legale Tor Ekeland ha spiegato che il Dipartimento di Giustizia sta cercando di superare i termini della prescrizione invocando una sezione che classifica l’hacking come atto di terrorismo, ma un tribunale potrebbe facilmente mettere in discussione questa strategia. Insomma, l’accusa nei confronti di Assange, ha spiegato, «non è un’accusa così grave».

Il Dipartimento di Giustizia potrebbe ancora prendere in considerazione altre accuse, incluso lo spionaggio, visto che l’indagine sul Russiagate ha dimostrato l’interferenza russa nelle elezioni statunitensi del 2016 e il ruolo avuto da Wikileaks in quella storia, ma se l’accusa presentata al Regno Unito per l’estradizione ha a che fare in modo specifico con una violazione della CFAA, sarà complicata l’incriminazione per nuovi e più gravi reati: «Il governo degli Stati Uniti non può portarlo negli Stati Uniti e aggiungere altre 50 accuse», secondo Ekeland.

Molto probabilmente ora inizierà una complicata battaglia legale sui termini dell’estradizione: gli avvocati di Assange si opporranno e il presidente dell’Ecuador, Lenín Moreno, confermando la sua decisione di ritirare l’asilo politico, ha spiegato di aver ricevuto rassicurazioni da parte del Regno Unito che Assange non sarà estradato in paesi che prevedono la pena di morte, come gli Stati Uniti.