La “direttiva Bolkestein” è stata rinviata al 2020
È quella che prevede gare per tutte le concessioni pubbliche, e non piace soprattutto ai venditori ambulanti
Nella notte tra martedì 19 e mercoledì 20 dicembre la commissione Bilancio della Camera che sta lavorando alla manovra finanziaria ha approvato un emendamento presentato dal Partito Democratico per rinviare al 2020 l’attuazione della “direttiva Bolkestein”, un regolamento europeo che impone di mettere a gara le concessioni pubbliche invece che assegnarle senza un termine.
L’emendamento presentato dal PD dice che «al fine di garantire che le procedure per l’assegnazione delle concessioni del commercio su aree pubbliche siano realizzate in un contesto temporale e regolatorio omogeneo, il termine delle concessioni in essere alla data di entrata in vigore della presente disposizione e con scadenza anteriore al 31 dicembre è prorogato fino a tale data», ossia il 2020. Oggi alle 21, comincerà la discussione sulle linee generali del disegno di legge. La finanziaria è una legge fondamentale: permette allo Stato di operare regolarmente, e con ogni probabilità sarà definitivamente approvata entro i prossimi giorni.
La direttiva Bolkestein è una questione complicata, che dura in realtà da più di un decennio e che si ripropone ciclicamente: oltre agli ambulanti, riguarda anche i gestori di stabilimenti balneari e nel tempo ha causato diverse proteste. Chi per decenni ha goduto di rinnovi quasi automatici è contrario alle gare perché teme di perdere il lavoro o i propri investimenti.
La “direttiva sui servizi”, questo è il suo nome corretto, fu approvata nel 2006, quando la Commissione europea era guidata da Romano Prodi, e sancisce la parità di tutte le imprese e i professionisti europei nell’accesso ai mercati dell’Unione: un’impresa tedesca o francese non deve subire svantaggi se vuole operare in Italia soltanto perché ha la sede in un altro paese dell’Unione. Una delle disposizioni della direttiva stabilisce per esempio che le gare per affidare in gestione servizi pubblici debbano avere regole chiare e ricevere pubblicità internazionale. La direttiva stabilisce anche che quasi tutte le concessioni pubbliche, cioè beni di proprietà statale, come le spiagge o gli spazi occupati dagli ambulanti, possono essere concesse ai privati solo per quantità di tempo determinate al termine delle quali la concessione deve essere messa pubblicamente a gara.
Un primo tentativo di implementare la direttiva in Italia venne fatto nel 2010, quattro anni dopo la sua entrata in vigore. All’epoca al governo c’era Silvio Berlusconi e la Commissione aveva aperto una procedura di infrazione contro l’Italia per il ritardo con il quale aveva deciso di intervenire. Non appena il provvedimento entrò in discussione ci furono proteste e manifestazioni. Il governo pensò dunque di stabilire una proroga automatica per tutti i concessionari fino al 2015, in modo da dare loro cinque anni di tempo per ammortizzare gli investimenti e così limitare le eventuali perdite.
Ma nel passaggio tra decreto e conversione in legge, gli obblighi di mettere a gara la concessione furono attenuati. Di fatto ai concessionari venne garantito una sorta di nuovo rinnovo automatico, che è esplicitamente vietato dalla Bolkestein. Nessuno lo comunicò alla Commissione Europea, che vedendo il testo originale del decreto legge aveva ritirato la procedura di infrazione aperta contro l’Italia. Ci furono incomprensioni e pasticci, ma alla fine la Commissione chiuse un occhio e non riaprì la procedura d’infrazione. Contro l’opinione del governo Monti, che nel frattempo era subentrato a quello Berlusconi, nel 2012 il Parlamento si prese un altro po’ di tempo per i concessionari. Agli stabilimenti balneari furono prorogate le concessioni per altri cinque anni, dal 2015 al 2020.
Lo scorso autunno, il governo Renzi aveva promesso di allineare a questa data la scadenza di tutte le concessioni, ma con l’approvazione del milleproroghe nel 2017 le loro concessioni furono allungate soltanto fino al 2018.