Il Senato ha approvato la grande riforma fiscale di Trump
Era una delle promesse centrali di Trump in campagna elettorale: prevede soprattutto tagli di imposte alle imprese e ai più ricchi
Il Senato degli Stati Uniti ha approvato un’estesa riforma fiscale, un provvedimento voluto dal presidente Donald Trump e sostenuto dalla maggioranza del suo partito. È una delle promesse più ambiziose e attese tra quelle fatte da Trump in campagna elettorale: il piano prevede una serie di importanti tagli di imposte alle imprese e ai contribuenti individuali, soprattutto i più ricchi. La legge è stata approvata con una maggioranza di soli due voti, e nelle scorse settimane era stata duramente criticata dai Democratici.
Secondo le stime ufficiali, il piano porterà a un incremento del debito pubblico americano di mille e quattrocento miliardi di dollari nell’arco dei prossimi dieci anni (oppure solamente di un miliardo, se l’economia degli Stati Uniti si espanderà secondo alcuni indicatori). Per questo il Senato stava discutendo di introdurre nella legge una serie di “trigger”, ossia aumenti automatici di imposte nel caso in cui la riforma fallisca nel produrre la crescita economica necessaria a ripagare la diminuzione di entrate causata dai tagli stessi, ma nella versione finale non sono stati inclusi. Ora la legge tornerà all’esame della Camera, dove però il suo passaggio è dato per scontato grazie all’ampia maggioranza di cui dispongono i Repubblicani.
Cosa c’è nella riforma?
La riforma di Trump si basa su uno degli assiomi della politica fiscale della destra americana: la tesi per cui tagliare le tasse alle imprese e ai ricchi produca un aumento della crescita economica che, quasi automaticamente, produca benefici anche per i meno abbienti e ripari i buchi scavati nel bilancio dal taglio stesso. Questa idea, nella sua versione più semplicistica, è ormai considerata superata dalla gran parte degli economisti, ma esercita ancora un certo fascino sui politici della destra Repubblicana (e ha sostenitori anche in Europa, tra cui Silvio Berlusconi e Matteo Salvini, che recentemente hanno proposto una “flat tax” proprio con questi argomenti). La riforma prevede anche incentivi di vario tipo per spingere le società che hanno delocalizzato le fabbriche a riportare la produzione negli Stati Uniti (un altro tema molto importante nella campagna elettorale di Trump).
In concreto, la riforma prevede più di una decina di interventi diversi. Qui trovate un elenco più dettagliato delle disposizioni e dei loro probabili effetti. Il più importante è un significativo taglio delle imposte pagate dalle aziende (diverse società in diversi settori riceveranno tagli differenti, quindi è difficile riassumere l’intervento con un unico numero). Anche gran parte dei singoli contribuenti pagheranno meno tasse, ma una norma sulla sanità inserita nella riforma potrebbe far crescere molto il costo delle polizze per le famiglie e le persone a basso reddito (ci arriviamo). Non è facile dire con precisione chi ci guadagnerà e quanto, anche perché il sistema è reso più complicato da una serie di sconti e deduzioni che si esaurirà gradualmente entro il 2027. Qui trovate un grafico interattivo che permette di individuare facilmente chi risparmierà e quanto nelle varie fasi in cui si dispiegherà il piano. Grossomodo però si può dire che più si sale lungo la scala del reddito, più ampi e duraturi saranno i vantaggi fiscali.
Secondo Vox, prima di poter dire chi trarrà benefici dalla legge bisogna fare anche un altro calcolo. La riforma prevede l’abolizione dell’obbligo di sottoscrivere un’assicurazione sanitaria previsto dall’Obamacare, la controversa riforma sanitaria voluta dal presidente Barack Obama. L’obbligo di sottoscrivere un’assicurazione sanitaria è la pietra angolare della riforma perché costringendo persone sane a pagare un’assicurazione (cosa che in condizioni normali potrebbero decidere di non fare), si riesce a mantenere basso il prezzo delle assicurazioni per le persone che ne avrebbero bisogno (trovate tutto spiegato qui) e che altrimenti non potrebbero permettersela.
Secondo le stime di Vox entro il 2027 ci saranno 13 milioni di assicurati in meno: quindi i prezzi cresceranno, e a farne le spese saranno soprattutto i più poveri, che hanno lavori che non garantiscono una copertura sanitaria. Se teniamo conto anche di questi fattori si scopre che a partire dal 2027 con la riforma di Trump coloro che guadagnano meno di 30 mila dollari l’anno si troveranno, complessivamente, a perdere ogni anno un totale di 42 miliardi di dollari. Il gruppo di coloro che invece guadagna più di un milione di dollari all’anno avrà in tasca 5 miliardi di dollari in più ogni anno.
La riforma si ripagherà da sola?
Come abbiamo visto, uno dei punti salienti della riforma è l’idea che tagliare le tasse produca automaticamente talmente tanta crescita economica da ripianare i buchi di bilancio creati dai tagli stessi. Nelle ultime settimane il segretario al Tesoro Steven Mnuchin ha detto che più di cento funzionari del ministero stavano lavorando a un rapporto che avrebbe dimostrato, al di là di ogni dubbio, quest’affermazione.
È molto probabile che il taglio produrrà un aumento della crescita economica, almeno nel breve termine, ma stimare esattamente le dimensioni di questo incremento e la sua durata sembra molto più complicato. Il Congressional Budget Office (CBO), un ufficio indipendente incaricato di analizzare l’impatto fiscale della legislazione prodotta dal Congresso, ha stimato un aumento del deficit nel corso dei prossimi dieci anni pari a 1.400 miliardi di dollari (cioè più o meno 1.200 miliardi di euro). La crescita economica aggiuntiva sarebbe dello 0,8 per cento in dieci anni, molto sotto il 2-3 per cento in più promesso da Trump. Attualmente però il debito pubblico americano è pari a circa 20 mila miliardi di dollari.
È un problema non da poco per i Repubblicani, un partito dove in molti sono favorevoli a una politica fiscale austera e ostile a deficit e debito pubblico. In particolare i senatori Bob Corker del Tennessee e Jeff Flake dell’Arizona avevano chiesto più volte, in cambio del loro voto, di vedere prove e garanzie che la riforma si ripagherà da sola. Flake alla fine ha votato a favore, mentre Corker è stato l’unico Repubblicano a votare contro alla riforma.