Guida ai referendum sull’autonomia
Si tengono in Lombardia e Veneto: servono a chiedere più autonomia, ma rischiano di non avere effetti e sono accusati di essere solo una mossa di propaganda della Lega
Il 22 ottobre in Lombardia e Veneto si tengono due referendum sull’autonomia. Sono referendum legali, organizzati con l’accordo del governo e con lo scopo di avviare una procedura prevista dalla Costituzione con la quale le regioni possono chiedere maggiore autonomia nella gestione delle proprie risorse. Sono referendum consultivi, però, che quindi non avranno esiti vincolanti né per le regioni né per il governo centrale, e per questo si è discusso molto del fatto che fosse o no opportuno indirli e del significato politico che gli è attribuito dai presidenti delle due regioni, che fanno parte entrambi della Lega Nord.
Per cosa si vota esattamente?
Ai cittadini di Veneto e Lombardia è chiesto se vogliono che la loro giunta regionale faccia richiesta allo Stato di avere maggiore autonomia tramite una procedura prevista dalla Costituzione. Il quesito che è sottoposto al voto recita, nel caso della Lombardia:
«Volete voi che la Regione Lombardia, nel quadro dell’unità nazionale, intraprenda le iniziative istituzionali necessarie per richiedere allo Stato l’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, con le relative risorse, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 116, terzo comma della Costituzione?».«Volete voi che la Regione Lombardia, nel quadro dell’unità nazionale, intraprenda le iniziative istituzionali necessarie per richiedere allo Stato l’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, con le relative risorse, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 116, terzo comma della Costituzione»
Il terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione prevede che le regioni con i bilanci in ordine possano chiedere di vedersi assegnate maggiori competenze rispetto a quelle previste. Il terzo comma fu introdotto con la riforma della Costituzione del 2001 e riguarda il famoso Titolo V della Costituzione.
Come si vota?
Possono votare tutti i cittadini italiani residenti in Lombardia e Veneto e iscritti alle liste elettorali. Per votare bisogna recarsi al seggio indicato sulla propria tessera elettorale. I seggi resteranno aperti dalle 7 alle 23. In Lombardia si vota tramite dispositivi elettronici, mentre in Veneto si utilizza una scheda cartacea.
Serve il quorum?
I referendum sono consultivi: il loro scopo principale è dare una più forte legittimazione politica alla richiesta di maggiore autonomia da parte delle due regioni, che potrebbe essere fatta anche senza referendum. In Lombardia, quindi, non è necessario raggiungere il quorum per considerare valido il referendum. In Veneto la legge regionale prevede invece che per considerare valido il risultato debba esprimersi almeno il 50 per cento più uno dei votanti. In ogni caso se in una o tutte due le regioni dovesse andare a votare meno della metà degli aventi diritto, il referendum sarà considerato una sconfitta politica per i due presidenti.
Se vince il sì Lombardia e Veneto diventeranno regioni a statuto speciale?
No, per diventare regioni a statuto speciale è necessario modificare la Costituzione. Il referendum servirà soltanto ad avere più forza politica nell’avviare una procedura per chiedere maggiore autonomia che il governo non è obbligato a concedere. Non è vero nemmeno che in caso di vittoria dei sì la Lombardia potrà trattenere 27 miliardi di euro di imposte raccolte sul territorio che oggi vanno a finanziare la fiscalità generale: è una cifra fatta circolare da diversi esponenti della Lega Nord, ma non esiste nessun collegamento diretto tra una vittoria dei sì e la possibilità di mantenere sul territorio lombardo una cifra così alta.
Il referendum è necessario per chiedere maggiore autonomia?
No, appunto: l’articolo 116 può essere invocato anche senza tenere un referendum. La regione Emilia-Romagna ha attivato le procedure previste dall’articolo 116 senza fare alcun referendum. I sostenitori del referendum dicono che un voto dei cittadini potrebbe dare maggior forza politica e potere contrattuale alla regione che chiede autonomia. I critici obiettano che il referendum è soprattutto un tentativo della Lega Nord di farsi propaganda con un’operazione che ha un costo sulle casse delle regioni, quindi utilizzando il denaro dei cittadini.
Chi è a favore del referendum?
La Lega Nord ha promosso e portato avanti i due referendum. I sostenitori più convinti sono quindi i suoi due presidenti di regione, Roberto Maroni in Lombardia e Luca Zaia in Veneto. Il segretario della Lega Nord, Matteo Salvini, ha appoggiato i referendum ma non si è esposto più di tanto; Salvini sta cercando di trasformare la Lega da partito del Nord a partito nazionale, Maroni e Zaia sono considerati invece due leghisti più vicini alla vecchia generazione di dirigenti leghisti. Secondo molti osservatori, Salvini ha subito l’iniziativa dei due presidenti di regione e li ha appoggiati suo malgrado.
Quasi tutte le altre forze politiche sostengono i referendum, seppure con vari gradi di scetticismo. Il PD ha consigliato di votare sì – non vede come negativa di per sé la richiesta di maggiore autonomia per le regioni che funzionano, e infatti l’Emilia-Romagna è governata dal PD – ma ha criticato i presidenti di regione per il denaro speso nell’organizzare una consultazione non necessaria. I suoi esponenti hanno spesso sottolineato come l’Emilia-Romagna abbia intrapreso lo stesso percorso senza ricorrere a una costosa consultazione pubblica. Anche Forza Italia si trova sulle stesse posizioni: e diversi dei suoi leader hanno criticato il referendum anche perché rischia di dividere il centrodestra. Fratelli d’Italia, il partito guidato da Giorgia Meloni, è uno dei pochi ad essere esplicitamente contrari alla consultazione.