È iniziata la discussione della legge sul testamento biologico
Il testo prevede, con alcuni limiti, la possibilità di decidere in anticipo a quali cure rinunciare, ma non include suicidio assistito, eutanasia o sedazione palliativa profonda
Lunedì 13 marzo inizierà alla Camera dei Deputati la discussione sulle linee generali del progetto di legge sul cosiddetto testamento biologico. Il testo è il risultato dell’unione di più proposte presentate dai vari partiti, che è stato approvato dalla commissione Affari sociali e che ha ricevuto i pareri favorevoli della commissione Bilancio e della commissione Giustizia (che hanno però chiesto che vengano chiariti alcuni passaggi). La relatrice, cioè la persona che illustra i contenuti del disegno di legge e ne segue l’iter fino all’approvazione, è la deputata Donata Lenzi del Partito Democratico.
La discussione parlamentare comincia a due settimane dalla morte di Fabo Antoniani grazie a una procedura di suicidio assistito in Svizzera, a più di un anno dall’inizio della discussione in Commissione e dopo quattro rinvii. Il testo base prevede la possibilità di predisporre un testamento biologico che sia vincolante per il medico e che includa la possibilità di rinunciare a nutrizione e idratazione artificiale. La proposta ha dunque a che fare con le volontà in materia di cure mediche che un paziente dichiara quando è cosciente, ipotizzando di trovarsi in futuro in una condizione che non gli permetterà di scegliere: poiché le cure mediche in questione comprendono anche nutrimento e idratazione, le procedure di rinuncia vengono anche definite “eutanasia passiva”. Nel testo non sono invece previste richieste come l’obbligo di fornire la sedazione continua profonda al paziente che la chiede, cioè quelle cure palliative che permettono al paziente che lo sceglie di lasciarsi morire senza soffrire, il suicidio assistito o la depenalizzazione dell’assistenza medica alla morte volontaria, cioè l’eutanasia attiva.
Per questi motivi la proposta è considerata da chi si occupa di testamento biologico – come l’associazione Luca Coscioni – un primo passo ancora incompleto. Dall’altra parte, la legge è molto criticata dal centrodestra e dai parlamentari di più forte ispirazione religiosa, secondo cui bisogna dare al medico la possibilità di non applicare la volontà del paziente e bisogna considerare l’idratazione e la nutrizione artificiale come trattamenti vitali e non come una terapia.
Il disegno di legge si intitola “Norme in materia di consenso informato e di dichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti sanitari” ed è composto da 6 articoli. Inizia citando l’articolo 32 della Costituzione che prevede, al primo comma, la tutela della salute « come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività» e dispone, al secondo comma, che « nessuno
può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge». Il testo, poi, prevede in sintesi che «nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge», e che «ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di volere ha il diritto di rifiutare, in tutto o in parte, qualsiasi accertamento diagnostico o trattamento sanitario indicato dal medico per la sua patologia o singoli atti del trattamento stesso». Il consenso può comportare «l’interruzione del trattamento, ivi incluse la nutrizione e l’idratazione artificiali», ma non può comportare «l’abbandono terapeutico». Il medico «è tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente di rifiutare il trattamento sanitario o di rinunciare al medesimo e, in conseguenza di ciò, è esente da responsabilità civile o penale». Il testo stabilisce anche che il paziente «non può esigere trattamenti sanitari contrari a norme di legge e alla deontologia professionale».
All’articolo 3 la legge prevede che ogni persona maggiorenne capace di intendere e di volere possa quindi esprimere le proprie volontà compilando – «in previsione di una eventuale futura incapacità di autodeterminarsi» – una Disposizione Anticipata di Trattamento (DAT). Il paziente può quindi esprimere consenso o rifiuto in merito a «scelte diagnostiche o terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari, ivi comprese le pratiche di nutrizione e idratazione artificiali» e indicare una persona di sua fiducia che eventualmente ne faccia le veci. Le DAT possono essere disattese dal medico, in accordo con la persona fiduciaria, «qualora sussistano terapie non prevedibili all’atto della sottoscrizione, capaci di assicurare possibilità di miglioramento delle condizioni di vita»; devono essere autenticate da un notaio o da un pubblico ufficiale o da un medico; ovviamente sono rinnovabili, modificabili e revocabili in ogni momento.
I passaggi più criticati da chi chiede una legge più avanzata sono i commi 7 e 8 dell’articolo 1: nel primo si dice allo stesso tempo che il medico deve rispettare la volontà espressa dal paziente, ma anche che il paziente non può esigere trattamenti sanitari «contrari a norme di legge, alla deontologia professionale o alle buone pratiche clinicoassistenziali»; nel secondo si dice che «nelle situazioni di emergenza o di urgenza il medico assicura l’assistenza sanitaria indispensabile, ove possibile nel rispetto della volontà del paziente». Al comma 3 dell’articolo 4 si dice poi che le DAT possono essere in parte o del tutto disattese dal medico in accordo con il fiduciario, se all’atto della sottoscrizione esistevano terapie non prevedibili. Questi passaggi sono stati considerati contraddittori perché mentre sembrano concedere una libertà di scelta sul proprio corpo, limitando allo stesso tempo la libertà del paziente.