In Gambia ha vinto l’opposizione, a sorpresa
Yahya Jammeh, che governava in maniera autoritaria da 22 anni, è stato sconfitto alle elezioni presidenziali
Giovedì in Gambia, la più piccola nazione africana, si sono tenute le elezioni presidenziali. I risultati preliminari mostrano che il presidente in carica Yahya Jammeh – che governa dal colpo di stato del 1994, e da allora aveva vinto largamente tutte le elezioni – ha perso di circa 50mila voti: il nuovo presidente è il 51enne imprenditore Adama Barrow, sostenuto dai principali partiti di opposizione. Il capo della commissione elettorale Alieu Momar Njie ha detto a BBC che Jammes ha accettato la sconfitta. È un risultato storico: Jammeh è considerato un leader autoritario, e nei giorni scorsi in molti temevano che avrebbe tentato di truccare le elezioni – in Gambia si vota con un sistema molto particolare, diciamo – oppure che non avrebbe riconosciuto la sconfitta.
Questo è il Gambia: uno stato ritagliato intorno all’omonimo fiume, che nasce in Senegal
Jammeh ha comunque fatto di tutto per ostacolare libere elezioni: Internet è stato sospeso dal giorno prima del voto – cosa che ha impedito agli elettori indecisi di cercare informazioni e agli osservatori internazionali di coordinare le loro operazioni, per esempio – e il governo aveva bandito dal paese gli osservatori internazionali.
#Internet disruption in #Gambia, apparently election-related, now approaching 18 hours. @Akamai traffic to country remains at zero. pic.twitter.com/2NsJEolQjC
— Akamai Security Intelligence Group (@akamai_research) December 1, 2016
Jammeh, che ha 51 anni ed è nato a Kinali, al confine col Senegal, riunisce in un’unica figura molti degli stereotipi sui leader autoritari africani: imprigiona e fa uccidere i propri oppositori, espelle i giornalisti stranieri, sostiene di avere poteri taumaturgici che guariscono dall’AIDS e dall’infertilità, ed è convinto di poter governare per un miliardo di anni (ha anche abolito il limite di mandati per la carica di presidente). Di recente ha proclamato il Gambia una “nazione islamica” e spiegato che le manifestazioni di piazza sono «una scorciatoia che viene usata per destabilizzare i governi africani». Alle ultime presidenziali del 2011 era stato rieletto col 71,54 per cento dei voti.
Il presidente del Gambia Yahya Jammeh (AP Photo/Jerome Delay)
Intanto in Gambia la situazione è da anni molto complicata: il tasso di disoccupazione è intorno al 38 per cento – uno dei più alti di questa regione – quasi metà dei due milioni di abitanti vive sotto la soglia di povertà e migliaia di giovani ogni anno cercano di entrare illegalmente in Europa per migliorare le proprie condizioni di vita (nonostante le loro richieste di asilo vengano spesso respinte, dato che il Gambia è più stabile di altri paesi). L’economia del Gambia si basa sostanzialmente sull’agricoltura di sussistenza e sul turismo, ma il progressivo allontanamento dalla comunità internazionale potrebbe peggiorare ulteriormente la situazione: oltre a essersi proclamata una nazione islamica, di recente il Gambia ha anche annunciato di voler uscire dalla Corte Penale Internazionale, accusandola di razzismo.
La campagna elettorale si è svolta in maniera sostanzialmente pacifica, benché su indicazione del governo sia durata solamente due settimane e siano stati arrestati 90 attivisti delle opposizioni. In migliaia hanno partecipato ai comizi in favore di Jammeh, ma altrettante persone fra cui donne, bambini ed imam hanno ascoltato i comizi delle opposizioni, cosa che il New York Times ha definito inusuale. Jammeh offriva sostanzialmente la stabilità politica di cui ha goduto il paese finora e ha promesso di rendere gratuita l’università a partire dal 2018, per scoraggiare i giovani del paese a scappare in Europa. Barrow invece in campagna elettorale ha detto che intende migliorare l’economia e la sanità, rendere gratuita l’educazione base e tornare a far rispettare i diritti umani.
Due partecipanti al comizio di chiusura della campagna elettorale tenuto a Banjul, la capitale del Gambia, da Jammeh (MARCO LONGARI/AFP/Getty Images)
Nei giorni scorsi si temevano molti brogli principalmente per il sistema poco trasparente con cui si vota in Gambia: al posto di una scheda cartacea, a ciascun elettore viene consegnata una biglia.
(MARCO LONGARI/AFP/Getty Images)
La biglia va infilata in una specie di pentola colorata: ogni candidato ne ha una diversa, con la propria foto incollata sopra. Quando la biglia cade nella pentola, un meccanismo fa suonare il campanello di una bicicletta, segnalando che il voto è stato effettivamente espresso. Per evitare che gli addetti al voto si confondano, le biciclette sono bandite a meno di 500 metri dai seggi.
(MARCO LONGARI/AFP/Getty Images)
Jammeh aveva definito queste misure di sicurezza «a prova di brogli». In Gambia si vota in questo modo dal 1965: qualche anno fa l’allora direttore responsabile delle elezioni elettorali Sambousang Njie spiegò che il metodo era stato mantenuto per via del diffuso analfabetismo e perché, a differenza delle schede cartacee le biglie possono essere riutilizzate, cosa che rende il procedimento piuttosto economico.
Secondo un funzionario alla sicurezza contattato da Reuters, Internet potrebbe essere sospeso fino a domenica 4 dicembre. Nelle ore successive al voto lo spoglio è proceduto molto a rilento, e con una certa indifferenza dei media governativi. Ieri sera la tv di stato anziché occuparsi del voto ha trasmesso dei video musicali.
On election night in #Gambia – arguably the most important day since independence – state television is playing music videos. #GambiaDecides
— Jeffrey Smith (@Smith_JeffreyT) December 2, 2016