La Grecia, un anno dopo
L'estate scorsa fu quella del referendum e del nuovo piano di salvataggio: oggi le cose continuano ad andare male, ma il 2016 dovrebbe essere l'ultimo anno di crisi
Esattamente un anno fa, tra il 14 e 15 agosto, l’Unione Europea approvò il terzo “bail-out” per la Grecia, un pacchetto di aiuti da 86 miliardi che portò i dei fondi destinati al paese nel corso degli ultimi cinque anni a un totale di 326 miliardi di euro, la più grande operazione di salvataggio della storia. Un anno dopo l’economia greca sembra mostrare tenui segnali di ripresa: nel secondo trimestre del 2016 il PIL è cresciuto leggermente più delle aspettative, mentre Commissione Europea e agenzie di rating stimano che l’anno prossimo il paese crescerà di circa il 2,5 per cento. Ma nonostante le speranze delle istituzioni internazionali, per i greci la situazione continua ad essere molto complicata. La corrispondente da Atene del Guardian, Helena Smith, ha scritto in un recente articolo che ormai, tra i greci, «il fatalismo sta rapidamente prendendo il posto del pessimismo».
I numeri della crisi greca ricordati da Smith nel suo articolo sembrano il bollettino di una guerra. Dal 2010 ad oggi la Grecia ha perso un terzo del suo PIL e ha visto emigrare mezzo milione di persone. Nello stesso periodo, il 20 per cento più povero della popolazione ha perso il 42 per cento del suo potere d’acquisto. Lo stato ha un debito di 320 miliardi di euro, pari al 180 per cento del PIL, il secondo rapporto più alto del mondo. Il tasso di disoccupazione è al 24 per cento, il livello più alto d’Europa. Nonostante i segnali positivi del secondo trimestre, secondo tutte le stime anche quest’anno l’economia continuerà a contrarsi e quindi il tasso di disoccupazione è destinato ad aumentare o nella migliore delle ipotesi a rimanere stabile. La Banca Mondiale ha paragonato la crisi greca agli effetti della caduta dell’Unione Sovietica sui paesi dell’Europa Orientale.
Secondo alcuni, la Grecia oggi si trova in una situazione ancora peggiore: intrappolata in un circolo vizioso fatto di aiuti economici, misure di austerità, recessione, nuovi aiuti e nuove misure di austerità. Tra le richieste fatte in questi anni creditori ci sono una severa riforma delle pensioni, l’aumento dell’IVA, nuove leggi sul lavoro e l’innalzamento delle imposte indirette. Per rendere evidenti le difficoltà che ricadono sui lavoratori greci, Smith racconta la storia di due parrucchieri di Atene, costretti a trasferire il salone all’interno della loro abitazione per non pagare tasse e contributi: l’unico modo che hanno per rimanere in attività.
Ma le misure di austerità, spesso, non riescono a produrre un aumento delle entrate o una vera riduzione delle uscite: in parte la causa è la scarsa volontà di implementarle da parte del governo di Alexis Tsipras, il leader della sinistra radicale che ha condotto le trattative dell’anno scorso e che è stato rieletto a settembre. Ma è difficile immaginare che nella situazione attuale un governo differente possa riuscire a raggiungere risultati molto migliori.
Nonostante la situazione non sia migliorata, la crisi greca è scomparsa alle prime pagine, sostituita da nuove emergenze: l’emergenza dei migranti, i vari attentati legati al terrorismo islamico e il referendum su Brexit. Anche in Grecia, scrive Smith, la crisi è oramai “normalizzata” e sacrifici e disagi sembrano essere diventati la nuova quotidianità. A questo ha probabilmente contribuito anche la fine graduale delle misure emergenziali prese dal governo Tsipras l’anno scorso, come il controllo sui capitali, che aveva imposto limiti ai prelievi giornalieri dal proprio conto corrente e che aveva causato code e panico agli sportelli delle banche.
La questione greca si trascina da così tanto tempo che i creditori della Grecia hanno iniziato a prendere misure impensabili fino a qualche anno fa. Lo scorso maggio, ad esempio, i ministri delle Finanze dell’area euro hanno deciso di “alleggerire” il debito greco, una scelta che, secondo il Fondo Monetario Internazionale, è necessaria per rimettere in sesto l’economia del paese. Alleggerire significa ritardare le scadenze dei pagamenti sui debiti che la Grecia ha contratto con gli altri paesi europei. Per anni l’alleggerimento è stato politicamente impraticabile, in particolare per l’opposizione della Germania, che temeva di creare un incentivo perverso ad altri paesi europei.
Al momento l’alleggerimento è previsto per il 2018, quando terminerà il programma di aiuti in corso. In cambio, la Grecia dovrà implementare nuove e costose riforme e mantenere un elevato tasso di crescita, in modo da non avere bisogno di nuovi aiuti oltre a quelli che ha già concordato. Se queste condizioni non dovessero verificarsi, ai governi europei e greci rimarranno poche alternative: alleggerire immediatamente il debito, concordare un nuovo piano di aiuti in cambio di altre riforme oppure far uscire la Grecia dall’euro, con tutte le imprevedibili conseguenze che questo avrà tanto per la Grecia stessa quanto per il resto dell’Europa.