La legge che ripulì un po’ l’aria di Londra
Fu un evento: qualche anno prima Londra era rimasta completamente coperta dallo smog per cinque giorni
Il 5 luglio 1956 la regina Elisabetta II approvò il Clean Air Act, una legge proposta dal Parlamento britannico come risposta al cosiddetto “Grande smog” di Londra del 1952, un periodo durato cinque giorni in cui la capitale del Regno Unito fu coperta da un denso strato di aria inquinata, e che ancora oggi è ricordato come uno dei più gravi disastri ambientali della storia del paese. Il Clean Air Act prevedeva diverse misure per ridurre le emissioni inquinanti degli impianti di riscaldamento e di produzione di elettricità: è considerato uno dei momenti fondamentali della storia del movimento ecologista nel Novecento, e uno dei primi provvedimenti legislativi che riconoscesse l’importanza del problema dell’inquinamento dell’aria.
Il Grande smog
La mattina del 5 dicembre del 1952 nella zona di Londra il cielo era sereno, c’era poco vento e c’era molta umidità: le condizioni erano ideali perché si formasse la nebbia di radiazione, cioè quella che si forma quando la superficie terrestre si raffredda e la temperatura dell’aria negli strati più bassi dell’atmosfera scende sotto il punto di condensazione. Il mese di novembre e l’inizio di quello di dicembre erano stati molto freddi nel sud dell’Inghilterra, e gli abitanti della regione di Londra stavano bruciando molto carbone nelle stufe per riscaldare le proprie case. Nei giorni precedenti al Grande smog, poi, Londra era stata interessata da un anticiclone, cioè una zona di alta pressione circondata da zone di bassa pressione: gli anticicloni spingono l’aria verso la superficie terrestre, raffreddandola nel percorso.
L’aria negli strati più vicini alla Terra, quindi, era più fredda di quella più in alto: si era formata quindi un’inversione termica – la temperatura dell’aria, salendo, aumenta invece di diminuire –, condizione che limita il rimescolamento in verticale dell’aria e favorisce il formarsi di coltri di smog. L’aria negli strati più bassi è più fredda, quindi non sale verso l’alto perché pesa di più di quella soprastante: a Londra si formò una coltre di nebbia spessa dai 100 ai 200 metri. Nel frattempo, l’aria negli strati più bassi raccolse le particelle sottili disperse dai camini delle case e delle fabbriche di Londra, che si aggiunsero a quelle trasportate da un vento che aveva soffiato nei giorni precedenti da est e aveva portato il particolato raccolto nelle zone industriali del continente europeo.
La concomitanza di questi fenomeni portò alla formazione di uno strato di smog molto denso, che coprì la zona di Londra. Il primo giorno della nebbia era un venerdì, ma la situazione non era ancora particolarmente insolita. A partire dall’Ottocento, con il diffondersi degli stabilimenti industriali in Inghilterra, a Londra capitava spesso che si formassero nebbie di smog, che potevano durare anche giorni (la parola “smog” fu inventata all’inizio del Novecento, dall’unione di smoke, “fumo”, e fog, “nebbia”). Subito gli abitanti non capirono le proporzioni eccezionali del fenomeno, e alcuni importanti giornali, come il Times, minimizzarono la gravità della situazione. Nella notte, però, la nebbia di smog si addensò, e il giorno dopo il sole era troppo basso per diradarla. La visibilità si ridusse a pochi metri, e di notte era praticamente impossibile spostarsi per strada. Intorno all’Isola dei Cani, una zona portuale e industriale a est del centro, la nebbia impediva alle persone di vedersi i piedi.
Ci furono molti incidenti stradali, dovuti alla scarsa visibilità e alle strade ghiacciate. I medici e i pompieri che dovevano soccorrere i feriti dovevano camminare davanti alle ambulanze e ai camion, per evitare di fare a loro volta incidenti. Il servizio di autobus fu sospeso, e la metropolitana diventò troppo affollata, con lunghissime code alle biglietterie. La maggior parte degli aerei diretti a Londra fu dirottata in altri aeroporti, e quelli in partenza vennero mantenuti a terra. Un traghetto partito da Folkestone, sulla costa meridionale dell’Inghilterra, e diretto in Francia a Calais dovette rimanere fermo per 15 ore con 300 passeggeri a bordo, perché era impossibile farlo attraccare nel porto francese. A Londra ci fu anche un aumento dei crimini, perché i ladri sfruttarono la nebbia per rubare e scappare senza potere essere inseguiti. La nebbia penetrò anche dentro le abitazioni: una rappresentazione della Traviata al teatro Sadler’s Wells dovette essere sospesa dopo il primo atto, e furono anche cancellate diverse partite di calcio e rugby. Molti animali da allevamento nei dintorni di Londra rimasero intossicati.
Secondo le stime del Met Office, il servizio meteo nazionale britannico, nei giorni del Grande smog vennero rilasciate nell’aria di Londra ogni giorno 1.000 tonnellate di particelle solide, 2.000 tonnellate di anidride carbonica, 140 tonnellate di acido cloridico e 14 tonnellate di composti del fluoro. 370 tonnellate di anidride solforosa si trasformarono in acido solforico, il principale agente chimico delle piogge acide. Si stima che almeno 4.000 persone siano morte per le conseguenze del Grande smog di Londra del 1952, ma alcune stime sono molto maggiori. I morti furono soprattutto tra i bambini e gli anziani, o tra le persone che soffrivano di malattie respiratorie: le cause principali furono infezioni alle vie respiratorie, come polmoniti e bronchiti, e ipossia (una malattia causata dalla mancanza di ossigeno nell’organismo).
Il Clean Air Act del 1956
Stephen Mosley, storico dell’ambiente della Leeds Beckett University, ha spiegato che prima del 1952 gli inglesi consideravano lo smog come un male necessario, il prezzo naturale da pagare in cambio dei posti di lavori legati all’industria e ai nuovi elettrodomestici e comfort disponibili per le case: «il diritto di bruciare il carbone nella propria casa era visto come inviolabile in passato, e fino allo smog del 1952 il governo riteneva di non avere il consenso popolare necessario per proporre cambiamenti che invadessero la libertà personale». Un’inchiesta governativa rivelò che il Grande smog aveva causato anche milioni di sterline di perdite economiche, e che dei cambiamenti verso una maggiore sostenibilità ambientale non sarebbero stati così onerosi.
Nonostante le resistenze iniziali del governo, allora presieduto da Winston Churchill, negli anni successivi venne preparata una legge per ridurre le emissioni. Il suo promotore fu il deputato conservatore Gerald Navarro: la legge prevedeva tra le altre cose che nelle città fossero istituite delle zone in cui non potevano essere bruciati combustibili che producessero polveri sottili, che l’altezza minima dei camini venisse aumentata e che le nuove fabbriche venissero costruite fuori dai centri urbani. Al Clean Air Act del 1956 ne seguì un altro nel 1968, che ampliò e migliorò il primo, e arrivò dopo altri nuovi episodi di nebbie di smog a Londra tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta.