“Calvin & Hobbes” hanno trent’anni
Breve storia e celebrazione – per cultori e inesperti – di una delle strisce a fumetti più popolari e rimpiante di sempre, a 30 anni dall'uscita della prima
di Antonio Russo – @ilmondosommerso
Il 18 novembre 1985, esattamente trent’anni fa, tra le strisce giornaliere di 35 quotidiani statunitensi fu pubblicata per la prima volta una striscia di quattro vignette a fumetti di uno sconosciuto disegnatore ventisettenne di Chagrin Falls, in Ohio, che per mantenersi lavorava da impiegato in un’agenzia pubblicitaria. La striscia si intitolava Calvin & Hobbes e il suo autore, Bill Watterson, appassionato di strisce a fumetti, già da diversi anni nel suo tempo libero produceva disegni che inviava con insistenza, sperando in una pubblicazione, alle varie agenzie di stampa (le comic strip syndicate, le organizzazioni che negli Stati Uniti gestiscono la vendita dei diritti delle strisce ai quotidiani). In risposta a uno di quei tentativi, un agente aveva suggerito a Watterson di lasciar perdere i precedenti soggetti e concentrarsi su un personaggio secondario di una sua striscia: un bambino di sei anni con una tigre di pezza.
In quella prima striscia di Calvin & Hobbes pubblicata il 18 novembre 1985 compariva un bambino che descriveva a suo padre, con un certo autocompiacimento, il funzionamento di una “trappola per tigri” costruita usando una corda e un panino al tonno; e nell’ultima vignetta compariva una tigre parlante, bloccata a testa in giù, impegnata nel suo pasto.
Le strisce di Calvin & Hobbes – pubblicate per dieci anni, dal 18 novembre 1985 al 31 dicembre 1995, tutti i giorni (eccetto due lunghe interruzioni di circa nove mesi ciascuna) – ottennero un successo formidabile e clamoroso nel giro di pochi anni. Nel novembre 1986 le strisce di tutti i giorni e le tavole pubblicate nei supplementi domenicali comparivano regolarmente in 250 quotidiani statunitensi, e molto presto cominciarono a essere vendute a migliaia di giornali di altri paesi del mondo (in Italia la rivista Linus fu tra le prime a pubblicarle). Nel momento di massima popolarità, tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta, le strisce di Calvin & Hobbes erano pubblicate in più di 2.400 giornali in tutto il mondo. Le raccolte edite durante e dopo la fine delle pubblicazioni di strisce originali hanno venduto oltre 45 milioni di copie, e attualmente le ristampe delle strisce continuano a essere pubblicate sui giornali di oltre 50 paesi.
Il valore delle strisce di Calvin & Hobbes nella storia del fumetto americano sono ancora oggi oggetto di approfondite analisi tra studiosi e riferimento culturale costante per appassionati di ogni età. Sul carattere schivo dell’autore – si è sempre visto in giro molto poco, e dopo aver smesso con Calvin & Hobbes si è dedicato a pochi occasionali progetti – è stata negli anni costruita una narrazione molto suggestiva, in parte alimentata anche dalle idee di Watterson e dalla sua ferma contrarietà a qualsiasi forma di sfruttamento commerciale di Calvin & Hobbes diversa dal fumetto.
Calvin & Hobbes, per chi non ne sa niente
Calvin è un bambino di sei anni, figlio unico, che vive con i suoi genitori in una città degli Stati Uniti imprecisata ma con diverse affinità meteorologiche e urbanistiche con Chagrin Falls, il sobborgo a nordest di Cleveland in cui Watterson è cresciuto. Calvin ha un migliore amico, Hobbes, una tigre di peluche che soltanto lui vede come una tigre vivente, antropomorfa e parlante: è raffigurata come un peluche inanimato soltanto nelle vignette in cui Calvin è insieme a qualche altro personaggio umano, e questo genera equivoci e paradossi che rappresentano una parte di tutto l’impianto narrativo delle strisce.
I nomi dei due protagonisti sono un riferimento al teologo francese del Cinquecento Giovanni Calvino, tra i principali esponenti della Riforma protestante della Chiesa, e il filosofo inglese del Seicento Thomas Hobbes, autore del libro Il Leviatano, studiato fin da scuola per le sue ipotesi sullo “stato di natura” (all’università Watterson si è laureato in scienze politiche). Seppure nelle strisce non abbiano delle parti vere e proprie, molte delle volte in cui Calvin & Hobbes compaiono insieme (quasi sempre), Calvin – il bambino – asseconda la sua inclinazione al disordine, al gioco e alla devastazione, mentre Hobbes – la tigre – rappresenta il polo più riflessivo e più saggio, pur cedendo continuamente alla sua tendenza naturale agli agguati (ogni volta che rientra da scuola, Calvin viene travolto da Hobbes e bloccato in un abbraccio senza scampo).
Gli altri personaggi e i temi ricorrenti
I genitori di Calvin non hanno un nome: vengono sempre chiamati soltanto “mamma” e “papà”. La madre è il personaggio più risoluto: molte delle strisce in cui compare mostrano suoi tentativi di risolvere o prevenire i danni prodotti da Calvin, o di inventarsi qualche storia per convincerlo a mangiare. Il padre è un tipo ironico e poco severo: si diverte molto e spesso a fornire risposte e spiegazioni assurde alle continue domande di Calvin, e tiene botta quando Calvin rivendica maggiore libertà.
Gli altri personaggi che compaiono con una certa frequenza sono la baby-sitter Rosalyn, Siusi – compagna di scuola di Calvin – e la signora Vermoni, l’insegnante delle scuole elementari, che Calvin immagina spesso nella forma di un alieno mostruoso che lo tiene in ostaggio (in quei momenti Calvin immagina sé stesso nei panni di un eroico astronauta chiamato Spiff). Una delle occupazioni preferite da Calvin è la realizzazione di pupazzi di neve nel cortile di casa, spesso scolpiti in posizioni e situazioni alquanto macabre (decapitati, falciati, trafitti). Viene poi spesso citata dagli appassionati una lunga serie di strisce in cui i pupazzi prendono vita, grazie alla fantasia di Calvin, e si rivoltano contro gli esseri umani.
L’immaginazione inarrestabile di Calvin è uno dei motivi ricorrenti in molte delle strisce – e soprattutto delle tavole domenicali – più note e apprezzate dal pubblico, quelle in cui Watterson utilizza intenzionalmente un tratto grafico più realistico. «Una delle cose più divertenti è che le fantasie di Calvin sono disegnate con uno stile più realistico rispetto a quello usato per disegnare la realtà, e questo la dica lunga su cosa succede dentro la testa di Calvin», ha recentemente detto Watterson in un’intervista (pubblicata integralmente nel catalogo di una sua mostra allestita alla Biblioteca del Fumetto “Billy Ireland” a Columbus, in Ohio).
I soggetti più frequenti delle fantasie di Calvin sono i dinosauri, gli alieni e gli aerei da combattimento, ma ci sono anche tavole in cui le fantasie si mescolano (nella tavola del 1° gennaio 1995, per esempio, Calvin immagina un gruppo di tirannosauri piloti di F-14). Tra i fenomeni che maggiormente stimolano la sua fantasia ci sono i compiti in classe e specialmente i problemi di matematica, di cui ignora la soluzione.
L’ultima pubblicazione originale di Calvin & Hobbes sui quotidiani fu una tavola domenicale pubblicata il 31 dicembre 1995: mostra Calvin & Hobbes scendere giù per una collina innevata in cerca di nuove “esplorazioni”. Circa due mesi prima Watterson aveva inviato ai giornali una lettera in cui preannunciava la fine delle pubblicazioni di Calvin & Hobbes al termine dell’anno. “Non è una decisione recente e neppure facile, e mi congedo con una certa tristezza”, scrisse Watterson aggiungendo che avrebbe ancora lavorato con il suo editore, la Universal Press Syndicate.
Si ipotizzò che alla base della decisione di Watterson ci fossero alcune divergenze con l’agenzia di stampa, oltre alla voglia di dedicarsi ad altri progetti con tempi e scadenze diverse da quelli delle strisce. “Disegnare questa striscia a fumetti è stato un privilegio ed un piacere, e vi ringrazio di avermene dato l’opportunità”, concluse Watterson nella lettera. Nel 2005, tornando sull’argomento, Lee Salem – editor di Watterson alla Universal Press Syndicate – disse che Watterson “era arrivato a un punto in cui riteneva di non avere più altro da dare ai personaggi”.
I meriti di Watterson
Sebbene le strisce di Calvin & Hobbes siano di solito molto apprezzate per l’umorismo delle scene e l’ingegno dei personaggi, il successo di Watterson è da molti attribuito – e non in secondo ordine – alla qualità dei suoi disegni e alla stilizzazione semplice ed efficace delle figure. Nella prefazione alla raccolta “The Essential Calvin And Hobbes”, pubblicata nel 1988, Charles Schulz – autore dei Peanuts, forse l’unica striscia a fumetti indiscutibilmente più famosa di Calvin & Hobbes – sottolineava le qualità di Watterson come disegnatore e, indirettamente, le difficoltà di riprodurre le sue strisce in formati diversi dal fumetto.
Il disegno in una striscia a fumetti è infinitamente più importante di quanto si creda, perché il nostro mezzo deve competere con altre forme di intrattenimento, e se il disegnatore si limita a illustrare una battuta ha già perso in partenza. Le strisce di Calvin & Hobbes contengono immagini spassosissime che non possono essere duplicate su altri mezzi. Insomma son belle da vedere, ed è questo che ha reso il lavoro di Bill un così ammirevole successo.
L’altro merito generalmente riconosciuto a Watterson è la capacità di aver saputo rappresentare con grande sensibilità artistica stati d’animo apparentemente molto distanti dalla visione del mondo tipica degli adulti. «Nei dieci anni di pubblicazione delle strisce, Watterson ha realizzato una visione indelebile e autenticamente bambinocentrica del mondo”, scrisse nel 2012 il New Yorker in una recensione della raccolta completa delle strisce di Calvin & Hobbes (“The Complete Calvin and Hobbes”, in Italia pubblicata in dieci volumi da Franco Cosimo Panini Editore).
In un articolo pubblicato a giugno scorso sul magazine online A.V. Club, ripensando agli anni in cui le strisce di Calvin & Hobbes erano pubblicate quotidianamente, la giornalista del Los Angeles Times Libby Hill definì con precisione la condizione psicologica di Calvin, uno degli aspetti che, secondo lei, ha reso le strisce di Watterson – in un modo molto simile a quanto avviene con i Peanuts di Charles Schulz – tanto apprezzate da lettori di qualsiasi età, a livelli diversi. Mostrando le difficoltà, le frequenti insensatezze e i paradossi sia del mondo degli adulti che della sua quotidiana vita da bambino, Calvin – pur prendendosela moltissimo con tutto e tutti – sostanzialmente “normalizza” situazioni che a un bambino possono apparire intollerabili e profondamente ingiuste. Scrive Hill:
Calvin non aveva problemi a mettere a fuoco il mondo intorno a sé: aveva problemi a riconciliarsi con il fatto che il mondo intorno a sé fosse una così grande delusione. Il motivo per cui le strisce piacevano sia ai giovani che agli adulti è perché Calvin si sentiva deluso al livello di uno studente universitario. Non è raro per i bambini provare sensazioni del genere, soprattutto per quelli più sensibili rispetto all’ambiente circostante, e per molti era un sollievo sapere che non era così insolito vedere il mondo senza lo splendore di facciata che ci offrono continuamente. Calvin rendeva ammissibile essere scoraggiati e delusi dalla vita, e normalizzava la solitudine intrinseca che l’infanzia può arrecare. Era lì per noi mentre noi crescevamo, e mentre noi imparavamo che le cose possono andare sia molto meglio che molto peggio negli anni della pubertà e in quelli seguenti, Calvin era ancora lì impantanato al primo livello, infuriato contro il sistema.
La riservatezza di Watterson
Nel decennio in cui le strisce di Calvin & Hobbes sono state una pubblicazione quotidiana letta da milioni di persone negli Stati Uniti e nel mondo, Watterson ha cercato di evitare il più possibile l’attenzione mediatica che il grande successo del suo lavoro gli ha inevitabilmente procurato fin dalla fine degli anni Ottanta. Ci è riuscito a tal punto da essere da alcuni definito “il J. D. Salinger del fumetto americano”. Le rare occasioni in cui si è mostrato in pubblico – di lui circolano pochissime fotografie – sono state quasi sempre circostanze formali in cui ha parlato principalmente di Calvin & Hobbes o, più in generale, della funzione e dello spazio del fumetto nella cultura americana, evitando di fornire informazioni sulla propria vita privata.
(Bill Watterson al lavoro a casa sua a Chagrin Falls, Ohio, il 24 febbraio 1986)
Nel 2003 il giornalista americano Gene Weingarten – noto principalmente per aver vinto un Pulitzer nel 2008 e nel 2010 – cercò per conto del Washington Post di trovare e intervistare Bill Watterson, dopo numerosi tentativi falliti da parte di altri giornalisti di testate meno importanti. Andò a Chagrin Falls, in Ohio, dove Watterson abitava all’epoca, e non riuscendo a mettersi in contatto con lui – racconta il giornalista e scrittore Nevin Martell nel libro “Looking for Calvin and Hobbes” – Weingarten decise di andare a casa dei genitori di Watterson e lasciare una lettera che loro avrebbero dovuto recapitare al figlio. Nella lettera Weingarten scriveva a Watterson che sarebbe rimasto a pernottare in un albergo lì vicino finché Watterson non si fosse messo in contatto con lui.
La mattina seguente Weingarten ricevette in albergo una telefonata di Salem, l’editor di Watterson, che gli diceva di preparare i bagagli e desistere perché quell’incontro non sarebbe avvenuto. E Weingarten rinunciò e tornò a casa senza la sua intervista. In altre occasioni lo stesso Salem ha raccontato di aver ricevuto, alla fine degli anni Ottanta, altre telefonate e richieste di incontrare Watterson da parte di registi e autori molto famosi come Steven Spielberg e George Lucas, e che Watterson – sempre con garbo e gentilezza – si è rifiutato di incontrare ognuno di loro (un’altra volta, senza comunque organizzare un incontro tra i due, Salem recapitò a Watterson una lettera dallo scrittore Stephen King, il cui contenuto non è mai stato reso pubblico).
Il rifiuto del merchandising del fumetto
Watterson ha sempre rifiutato di vendere i diritti del suo fumetto ad aziende eventualmente interessate a utilizzare l’immagine di Calvin & Hobbes per promuovere forme di merchandising. Ha anche impedito che le striscie diventassero qualcosa di più o di diverso rispetto a un fumetto. In una delle sue rare interviste – quella data alla rivista statunitense Mental Floss nell’ottobre 2013 – ribadì un concetto più volte affermato già in passato. Riguardo l’ipotesi di fare una versione a cartone animati di Calvin & Hobbes, coinvolgendo eventualmente qualche grande casa di produzione cinematografica come la Pixar, Watterson disse al suo intervistatore:
«La raffinatezza visiva della Pixar mi sbalordisce, davvero, ma io non ho alcun interesse a fare un cartone animato di Calvin & Hobbes. Se avete mai fatto il confronto tra un film e il romanzo su cui quel film è basato vi sarete accorti che il romanzo ne esce sempre stravolto. È inevitabile, perché mezzi differenti implicano necessità e tempi diversi, e quando fai un film devi rispettare le esigenze del film. Calvin & Hobbes funziona esattamente nel modo che intendevo, come striscia. Non ci sarebbe motivo di adattarlo».
L’adesivo per automobili con il Calvin taroccato
Ad eccezione di due calendari del 1989 e del 1990, di un libro di testo scolastico del 1993 (“Teaching with Calvin and Hobbes”) e di un francobollo stampato dallo United States Postal Service nel 2010, non esistono prodotti che raffigurino legalmente – cioè con una regolare licenza di merchandising – personaggi o scene di Calvin & Hobbes. Per molti anni fin dal 1995 però è circolato negli Stati Uniti (e ogni tanto capitava di vederlo anche in Italia) un adesivo illegalmente tratto da una vignetta contenuta in una tavola del 5 giugno 1988, in cui la figura di Calvin – voltato di spalle mentre prepara un gavettone – era stata modificata per farlo apparire con i pantaloni calati impegnato a urinare.
Nella maggior parte dei casi l’adesivo mostrava Calvin urinare sul logo di famose case automobilistiche, motivo per cui il lunotto posteriore delle macchine era il posto in cui era più facile vedere applicata questa decalcomania di dubbio gusto. Negli anni Novanta inoltre l’adesivo comparve con una certa frequenza anche sul casco di alcuni piloti del campionato NASCAR, una delle competizioni automobilistiche più seguite negli Stati Uniti. In South Carolina, dove l’adesivo fu ritenuto “osceno” e quindi vietato per legge, gli automobilisti che lo mostravano rischiavano persino una multa di 200 dollari (e qualcuno la prese anche).
La Universal Press Syndicate ha minacciato per anni pesanti azioni legali contro i produttori e venditori dell’adesivo non autorizzato, incontrando tuttavia una serie di difficoltà a rintracciare i responsabili: per lo più si trattava di piccoli ma numerosissimi rivenditori di ricambi per automobili sportive e adesivi (del genere “bimbo a bordo”) sparsi in diversi paesi. Con il passare del tempo la maggior parte di questi rivenditori smise di vendere l’adesivo o, in alcuni casi, sostituì l’immagine di Calvin con quella di bambini dall’aspetto diverso. Al giornalista di Mental Floss che nel 2013 gli chiese se avesse mai staccato via, per puro piacere o per dispetto, uno di questi adesivi dalla carrozzeria di un pick up, Watterson rispose: «Immagino che, molto tempo dopo che le strisce saranno dimenticate, quelle decalcomanie saranno il mio biglietto per l’eternità».
Il discorso di Watterson al Kenyon College
Già nel maggio 1990, nel pieno del periodo di pubblicazioni quotidiane di Calvin & Hobbes, Watterson espresse le sue opinioni critiche verso il merchandising dei fumetti e verso le logiche del profitto a ogni costo in un apprezzato discorso tenuto in occasione della consegna dei diplomi al Kenyon College in Ohio, da lui frequentato tra il 1976 e il 1980. Gavin Aung Than, fumettista australiano autore di Zen Pencils (un blog che raccoglie adattamenti a fumetti di discorsi e citazioni famose), ha disegnato nel 2013 una tavola molto ripresa dai siti specializzati che sintetizza, con lo stile grafico delle strisce di “Calvin & Hobbes“, uno dei passaggi più citati di quel discorso di Watterson al Kenyon College nel 1990:
Troverete i vostri dilemmi etici in ogni parte delle vostre vite, sia personali che professionali. Abbiamo tutti desideri e bisogni diversi, ma se non scopriamo cosa vogliamo da noi stessi e per cosa combattiamo, vivremo passivamente e insoddisfatti. Presto o tardi, a tutti noi viene chiesto di compromettere noi stessi e le cose che ci importano. Definiamo noi stessi attraverso le nostre azioni. Con ciascuna decisione, raccontiamo chi siamo a noi stessi e al mondo. Pensate a cosa volete da questa vita, e siate consapevoli che ci sono molti tipi di successo. Molti di voi faranno legge, altri economia, altri medicina, o altri lavori, e potete aspettarvi quel tipo di stipendio di partenza che, con un po’ di fortuna, vi permetterà di pagare i vostri debiti d’iscrizione nell’arco di questa vita. Ma avere una carriera invidiabile è un conto, ed essere felici è un altro.
Realizzare una vita che rifletta i vostri valori e soddisfi la vostra anima è un risultato raro. In una cultura che promuove incessantemente l’avarizia e l’eccesso come esempi positivi, una persona felice di fare il suo lavoro è generalmente considerata eccentrica, se non sovversiva del tutto. L’ambizione è compresa soltanto se finalizzata a raggiungere la cima di una qualche immaginaria scala del successo. Chi decide di fare un lavoro meno impegnativo, perché gli permette di seguire altri interessi e attività, è considerato un tirapacchi. Una persona che abbandona la sua carriera per stare a casa e crescere i figli è considerato uno non all’altezza delle sue potenzialità, come se un titolo professionale e uno stipendio fossero l’unica misura del valore umano.
(Le strisce utilizzate in questo articolo sono tratte dalle raccolte Il progresso tecnologico fa “Boink”, Strani esseri di un altro pianeta e C’è qualcosa che sbava sotto il letto, pubblicate da Franco Cosimo Panini Editore e tradotte da Nicoletta Pardi)