Come si vive a Damasco oggi
Nella capitale siriana si bevono cocktail negli hotel di lusso e ci si nasconde dai cecchini dell'ISIS: tutto nel giro di poche centinaia di metri
Pochi giorni fa la televisione di stato russa RTR ha diffuso il video girato da un drone nella periferia di Damasco, la capitale della Siria. Nel video si vedono alcuni combattimenti in corso nel quartiere occidentale di Jobar, una zona periferica non troppo distante dal centro della città. Le immagini, incredibilmente chiare e dettagliate, mostrano carri armati dell’esercito siriano avanzare tra palazzi in rovina e colpi d’artiglieria cadere sulle strade deserte.
Jobar si trova ad appena cinque chilometri di distanza dall’Hotel Sheraton di Damasco, dove vivono i funzionari dell’ONU che ancora risiedono in Siria e dove la sera, dopo il tramonto, è possibile bere un aperitivo sulla terrazza dell’albergo o fare due bracciate in piscina. Poco lontano dallo Sheraton c’è il caffè Rozana, dove si beve “pollo”, una bevanda locale a base di menta e limone. A poco meno di 400 metri dal Rozana c’è il campo profughi di Yarmouk dove milizie affiliate all’ISIS sono tenute a bada dall’esercito siriano e dai palestinesi che combattono accanto al regime.
La capitale della Siria è piena di questi contrasti, come hanno scritto i molti giornalisti che l’hanno visitata negli ultimi mesi. Damasco prima della guerra aveva una popolazione di 1,7 milioni e l’area urbana intorno al centro città ne aveva almeno altri tre. Insieme ad Aleppo, nel nord della Siria, Damasco è il centro economico e culturale del paese, ma è anche la capitale amministrativa del regime di Bashar al Assad, la città dove ha sede il governo e tutti i principali ministeri, dove sono concentrate le truppe migliori dell’esercito siriano e dove si trova il principale aeroporto del paese da dove ogni giorno partono voli aerei per i paesi del Golfo e per la Russia. Peter Oborne, un giornalista del Telegraph, è da pochi giorni tornato da Damasco e ha scritto un lungo articolo per raccontare com’è oggi la vita in città, divisa tra zone contese palmo e palmo tra governo e ribelli e quartieri dove la vita cerca di proseguire come se nulla fosse. Per aiutare i suoi lettori a comprendere la situazione di Damasco, Oborne ha provato a immaginare Londra al posto della capitale siriana. In questo esempio, il centro di Londra è in mano al governo mentre i quartieri come Wimbledon sono nelle mani dei ribelli.
Per fare un esercizio simile e più vicino a noi, si può sostituire Milano a Londra: Milano è un esempio ancora migliore visto che ha più o meno gli stessi abitanti di Damasco e della sua area urbana. Se Milano si trovasse nella situazione di Damasco, dovremmo immaginare il governo che controlla tutto il centro città e la strada per l’aeroporto di Malpensa, che potrebbe essere raggiunto da chiunque in relativa sicurezza – l’unico ostacolo sarebbero le lunghe code causate dai checkpoint in cui i soldati cercherebbero attentatori suicidi e contrabbandieri.
Autobombe e colpi di mortaio sparati dalla periferia sarebbero sostanzialmente l’unico pericolo per i residenti di tutta l’area che si trova all’interno della circonvallazione. Appena comincia la periferia, la situazione cambierebbe parecchio: Jobar, dove in questi giorni l’esercito siriano continua a combattere contro i ribelli, si trova alla stessa distanza dal centro dell’idroscalo di Milano. Si combatterebbe anche in tutti i paesi a sud della città: San Donato, Assago, Rozzano. La zona calda più vicina al centro, il campo di Yarmouk, non è più lontano di quanto lo sono i Navigli dal Duomo di Milano.
Nelle aree del centro, quelle sicure, Oborne ha raccontato di aver assistito a matrimoni lussuosi con tutti gli ospiti in abito da sera. Nelle fotografie di un reportage realizzato dalla televisione russa Russia Today si vedono negozi aperti e le strade del mercato coperto affollate di persone. Oborne racconta di come la situazione diventi sempre più paradossale al raggiungere i limiti del centro città, dove è possibile bere tè con un gruppo di anziane signore all’ombra di un albero e, poche strade più avanti, essere costretti a mettersi al riparo dai cecchini dell’ISIS.
Una strada in un quartiere sciita di Damasco durante la festa religiosa dell’Ashura (LOUAI BESHARA/AFP/Getty Images)
Anche in pieno centro è comunque difficile non ricordarsi di essere in una città in guerra. I muri sono tappezzati di cartelloni che mostrano il dittatore Assad in divisa militare e di poster di reclutamento dell’esercito e della milizia di autodifesa. I checkpoint sono ovunque, in particolare intorno a quella che molti abitanti chiamano “zona verde”, la parte di Damasco dove si trovano i palazzi del governo e le catene internazionali di alberghi. Crateri dai bordi frastagliati causati dai colpi di mortaio ricordano agli abitanti che nessuna zona della città è al sicuro. Anche se non sono molti i colpi che arrivano nel centro città, Oborne racconta che oramai gli abitanti ci hanno fatto l’abitudine e hanno iniziato a ignorarli. Mentre si trovava a Damasco, gli abitanti non alzavano nemmeno lo sguardo per vedere dove fosse caduto l’ultimo colpo.
Una strada del centro di Damasco dopo l’arrivo di un colpo di mortaio sparato dai ribelli (Xinhua/Zhang Naijie)
I combattimenti hanno causato moltissimi problemi all’economia della Siria. L’elettricità continua a essere tagliata, la moneta siriana è crollata e i prezzi sono alle stelle. Ancora più dei combattimenti, è la situazione economica a spingere molti siriani a scappare. Oborne racconta che quasi tutti parlano di abbandonare prima o poi Damasco e le opinioni non sono diverse tra gli ospiti dei matrimoni in abito da sera. Nonostante i disagi, la situazione a Damasco rimane più sopportabile rispetto ad Aleppo o Homs, le città più colpite durante la guerra. Una donna intervistata dal Guardian ha raccontato: «Mi sveglio alle tre di mattina per fare la lavatrice quando ancora c’è la corrente. Non mangiamo più il gelato, ma siamo in guerra. I dipendenti statali ricevono ancora lo stipendio, quindi tutto considerato questo governo sta funzionando piuttosto bene».
Il regime si impegna molto per cercare di mantenere un’apparenza di normalità nella vita quotidiana degli abitanti di Damasco, dov’è concentrata la gran parte della classe dirigente che contribuisce a mantenere Assad al potere. Ad agosto un numero insolito di colpi di mortai è stato sparato verso il centro di Damasco da Douma, un quartiere in mano ai ribelli (lo stesso che nel 2013 fu attaccato da Assad con armi chimiche). In risposta il governo ha lanciato un violento contrattacco contro Douma usando armi convenzionali. Trecento persone sono state uccise nei combattimenti e altre duemila sono rimaste ferite.
Una strada di Douma durante un bombardamento (SAMEER AL-DOUMY/AFP/Getty Images)
Le bombe e i ribelli non sono l’unico pericolo per gli abitanti di Damasco. Il Guardian racconta di come quasi chiunque in città conosca storie di persone arrestate o rapite dal mukhabarat, il nome che indica le agenzie di sicurezza del governo siriano – quella dell’aviazione, composta quasi esclusivamente di alauiti come Assad, è la più temuta. Le persone a Damasco spariscono dopo aver criticato il regime e mesi dopo le loro famiglie ricevono un messaggio in cui il governo chiede loro di andare a riprendersi i corpi.
Scuole e università funzionano ancora e a settembre l’anno scolastico è ripreso più o meno in maniera regolare. L’intervento della Russia in Siria dopo una delle estati più difficili per il regime ha ridato speranza a molti e per le strade della città ci sono state diverse manifestazioni a favore del presidente russo Vladimir Putin. Nell’attacco compiuto negli ultimi giorni dall’esercito siriano con l’appoggio dell’aviazione russa, il regime è riuscito a conquistare alcune città nel nord della Siria, ma ha subìto allo stesso tempo gravi perdite soprattutto di mezzi corazzati. A Damasco, invece, è cambiato ancora poco. Poco tempo fa, per esempio, tre studenti sono morti quando un missile è caduto nel cortile della facoltà di ingegneria, nel cuore della città.