La Francia ha bombardato l’ISIS in Siria
Lo ha annunciato questa mattina il presidente François Hollande: è il secondo paese europeo ad attaccare lo Stato Islamico in Siria
Domenica 27 settembre il presidente francese François Hollande ha detto che la Francia ha compiuto i primi attacchi aerei contro lo Stato Islamico (o ISIS) in Siria. Hollande ha detto che gli attacchi sono stati compiuti in base alle informazioni raccolte da alcuni voli di ricognizione sopra la Siria risalenti alle ultime due settimane: uno degli obiettivi è stato un campo di addestramento dell’ISIS nell’est della Siria. Secondo Le Monde, uno degli obiettivi dei bombardamenti è stata Raqqa, la città a nord della Siria che l’ISIS ha dichiarato propria capitale. Non è ancora chiaro quali conseguenze i bombardamenti francesi abbiano avuto sull’ISIS.
La Francia è il secondo paese europeo a bombardare l’ISIS in Siria dopo il Regno Unito. Sia i francesi che i britannici partecipano alla coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti che combatte l’ISIS e che ha iniziato i bombardamenti in Iraq nell’agosto del 2014. La Francia, in particolare, compie bombardamenti in Iraq da circa un anno. Nel settembre del 2014, alcuni paesi della coalizione hanno cominciato a bombardare l’ISIS anche in Siria, dove la guerra prosegue ormai da oltre quattro anni. Il ministro della Difesa francese, Jean-Yves Le Drian, ha detto che pur mantenendo un rapporto di collaborazione con gli altri paesi membri della coalizione internazionale, la Francia deciderà in autonomia quali obiettivi colpire e quando compiere altri attacchi in Siria.
(Una mappa di BBC aggiornata al 15 settembre che mostra i territori controllati dall’ISIS in Siria e in Iraq e i luoghi dei bombardamenti della coalizione internazionale)
Secondo diversi analisti, nell’ultimo anno la Francia aveva scelto di non attaccare l’ISIS in Siria per non rafforzare indirettamente il governo di Bashar al Assad, che gli Stati Uniti e i loro alleati ritengono non debba prendere parte a un eventuale processo di pacificazione della Siria. L’ISIS sta combattendo attivamente Assad, e attualmente controlla buona parte del nord e del centro della Siria. La volontà di non aiutare Assad nemmeno indirettamente è stata una delle ragioni per cui fino a poco tempo fa anche la Turchia aveva mantenuto un ruolo marginale in Siria: le cose sono cambiate in luglio, quando la Turchia ha compiuto i primi bombardamenti contro l’ISIS in territorio siriano e ha concesso l’utilizzo di alcune proprie basi aeree agli Stati Uniti.
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La Francia potrebbe avere cambiato idea per il timore che alcuni miliziani dell’ISIS che attualmente si trovano in Siria stiano pianificando degli attacchi in Francia: secondo il Wall Street Journal, attualmente in Siria ci sono “diverse centinaia” di cittadini francesi che combattono per l’ISIS. Un funzionario europeo che si occupa di anti-terrorismo ha detto di recente a CNN che Ayoub El Khazzani, il sospettato principale dell’attacco fallito contro i passeggeri del treno Thalys fra Parigi ed Amsterdam del 21 agosto, era probabilmente legato a un gruppo di miliziani dell’ISIS che combattono in Turchia.
Al momento fanno parte della coalizione internazionale che combatte l’ISIS diversi paesi occidentali: Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Danimarca, Belgio e Australia, anche se solamente i primi tre operano anche in Siria. Ne fanno parte anche alcuni paesi africani, del Medio Oriente e del Golfo Persico come Marocco, Giordania e Arabia Saudita. Per il momento l’Italia ha scelto di non compiere bombardamenti né in Iraq né in Siria, nonostante in questi mesi il governo italiano abbia partecipato a diverse riunioni in cui si è discusso dei compiti della coalizione.
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Attualmente l’ISIS non sta vincendo, ma non sta nemmeno perdendo. Nel corso degli ultimi mesi ha perso circa il 10 per cento del territorio che controllava all’inizio dell’anno (come si vede in questa mappa), ma non si può dire che l’influenza generale del gruppo sia diminuita. In Siria, inoltre, la situazione è stata complicata dall’arrivo di truppe ed equipaggiamento inviate dalla Russia per sostenere il governo di Assad e dagli scarsi risultati del programma di addestramento americano rivolto a gruppi di ribelli siriani.