Varoufakis dice che il Corriere ha distorto le parole di una sua intervista
E ha pubblicato sul suo blog la sua versione, molto diversa da quella pubblicata stamattina sul giornale
Il 16 settembre il Corriere della Sera ha pubblicato un’intervista a Yanis Varoufakis, ex ministro greco delle Finanze. Poche ore dopo la pubblicazione dell’intervista, Varoufakis ha pubblicato sul suo blog un articolo in cui spiega che secondo lui il Corriere ha distorto le sue parole (e quindi le sue idee).
Varoufakis ha pubblicato quelle che – a quanto dice – sono le domande e le risposte dell’intervista “originale”, fatte in inglese prima che la traduzione e l’intervistatore ne cambiassero alcune parti. L’intervista è stata fatta da Andrea Nicastro, editorialista che scrive da molti anni per il Corriere, per cui è stato anche inviato e corrispondente dall’estero. Varoufakis ha commentato in poche righe la sua idea sull’intervista di Nicastro, limitandosi a definire “terribile” il titolo scelto dal Corriere, e a presentare la sua versione dell’intervista.
Al momento non esiste prova del fatto che l’intervista in inglese condivisa da Varoufakis sia l’originale (e che quindi quella del Corriere ne sia una sua versione distorta) e né il Corriere né Nicastro hanno per ora commentato quanto sostenuto da Varoufakis. La lettura parallela delle due versioni dell’intervista – pubblicata dal Corriere a pagina 18 della sua versione cartacea – mostra però differenze evidenti e in alcuni casi profonde.
Le prime due domande di Nicastro a Varoufakis sono semplici, dirette: a Varoufakis viene chiesto come sta, come ha passato gli ultimi mesi, se ha rimpianti legati alla sua scelta di dimettersi subito dopo il referendum greco dello scorso luglio. Comparando le due interviste si vede che le prime due domande presentano differenze, ma sono differenze di forma, non di contenuto. Il Corriere ha scelto di tagliare, sintetizzare, riorganizzare certe frasi: si può discutere sull’opportunità di modificare un virgolettato, che il lettore si aspetta essere quello che ha detto l’intervistato e non un testo sintetizzato e modificato, ma il significato non è stravolto. La principale differenza di concetto tra le versioni di queste due prime domande sta nella traduzione di quello che, parlando del suo incarico da ministro, Varoufakis definisce “a duty that was worth bearing” (“un dovere che valeva la pena sopportare”) e che il Corriere traduce in un “dovere da sopportare”.
Seguono una domanda e una risposta che sul Corriere appaiono così:
Dica la verità, com’è scoprirsi sex symbol?
Ho detestato lo star system tutta la mia vita. Sarebbe il colmo dell’ipocrisia godere di quel circo quando, per ragioni a me ignote, sono stato elevato su un ridicolo piedistallo.
Secondo Varoufakis sono state fatte invece tre domande, cui hanno fatto seguito tre risposte. Una, con risposta simile a quella scritta dal Corriere, era: “Le ha fatto piacere essere un modello di stile, venire indicato come un sex symbol, avere fan come una rock star?». Le altre – qui tradotte e assenti sul Corriere – erano:
Pensa che questo tipo di attenzioni sia stato deleterio per il suo successo da negoziatore?
No. L’ostilità che ho incontrato non era personale e non aveva nulla a che vedere con la mia immagine pubblica. Era solo dovuta all’audacia che il nostro governo ha avuto nel dire “No!” a un fallito piano della troika.I suoi colleghi erano a disagio a causa della sua popolarità?
Dovete chiedere a loro. A me non sembrava lo fossero.
Dopo una domanda su un libro che Varoufakis sta scrivendo, l’intervista entra nel vivo: si parla delle sue future iniziative politiche e delle sue idee sull’Europa. Da questo punto in avanti (un terzo circa dell’intervista) è difficile ricostruire un parallelo tra le due interviste: domande che nel Corriere arrivano presto, diventano le ultime nella versione di Varoufakis. Quella che sul Corriere è la quinta domanda – “Quindi addio alla politica?” – nella versione di Varoufakis diventa la diciassettesima e penultima domanda ed è: “Si candiderà [alle prossime elezioni greche, ndt]? Perché no?”. A quella domanda Varoufakis risponde – nella versione in inglese – dicendo: «Non mi candiderò alle prossime elezioni. Il Syriza di cui ho fatto parte non esiste più, si è distrutto dopo la nostra umiliante capitolazione». Nella versione italiana Varoufakis risponde: «Tutto il contrario. Presto ci sarà un annuncio ufficiale. Il partito Syriza che ho servito non esiste più. Si è smembrato per la nostra capitolazione». Varoufakis parla di un annuncio ufficiale nella sua intervista in inglese: lo fa però mentre parla di un suo progetto relativo alla nascita di un “network paneuropeo per la democratizzazione dell’Europa”.
Nella versione italiana segue una sesta domanda (l’ultima nella versione in inglese) in cui Varoufakis parla di una Grecia “surrendered” (“che si è arresa”) e in italiano diventa una Grecia che “è affondata”. Sul Corriere Nicastro chiede poi a Varoufakis:
Preferiva fallire con onore?
«Il referendum ci ha dato il 62% di appoggio per cercare un accordo onesto, senza cedere. Così avevo letto io il voto. Tsipras l’ha capito diversamente».
Nella versione pubblicata da Varoufakis non esiste nessuna domanda sul “fallire con onore”. Ce n’è una in cui Varoufakis parla però di quel 62 per cento e dice: «Avevamo appena ricevuto il 62 per cento che ci diceva, secondo la mia interpretazione, questo: trovate un accordo giusto all’interno dell’Eurozona, lasciate che loro [i negoziatori europei] facciano del loro peggio. Semplicemente non arrendetevi! E invece ci siamo arresi».
Seguono domande sull’attuale situazione della Grecia, sulle privatizzazione della Grecia (spesso con investimenti da parte della Germania) e su una futura e nuova ipotesi di Grexit (uscita della Grecia dall’Euro). Non nell’ordine con cui le si legge in italiano, e sicuramente con una grande sintesi, ma le risposte di Varoufakis su questi temi si riescono a rintracciare anche nella versione inglese. La principale e più evidente differenza tra le due versioni riguarda il tema più recente che riguarda Varoufakis, che a fine luglio è stato accusato di “alto tradimento” per aver ideato un piano B in caso di fallimento dei negoziati di alcuni mesi fa con i creditori internazionali.
Di seguito la versione italiana di domande e risposte sul presunto “Piano B” di Varoufakis:
L’alternativa era il suo Piano B?
«Ogni Piano B che vuole evitare l’uscita dall’euro ha in sé il problema che appena diventa noto scatena il panico, la fuga dai depositi, la chiusura delle filiali e un’uscita di fatto dalla moneta unica».Quindi era sbagliato?
«Difficile dirlo. Avrebbe avuto un costo altissimo, questo sì. Ma nel lungo periodo magari non più alto della costante sottomissione alla troika».
Sul blog di Varoufakis la domanda é: «Il suo Piano B era attuabile? Si trattava di alto tradimento?». Questa la risposta che Varoufakis sostiene di aver dato:
Sarebbe stato un alto tradimento non avere un Piano B, in un momento in cui tutti ne avevano uno. Era attuabile? È una domanda difficile, e lo è per questi motivi: nessun Piano B, il cui scopo è di prevenire un’uscita dall’euro, può essere operativo. Per essere operativo, dovrebbe diventare prima noto. Ma appena un ministro delle Finanze inizia un dibattito accademico sull’uscita [dall’Euro], chi ha un conto corrente va nel panico e toglie i propri soldi, la BCE stacca la spina, le banche chiudono e l’uscita arriva prima che si possa avere un necessario dibattito pubblico. La conclusione è che un Piano B può essere preparato solo a un livello astratto. La sua attivazione sarà sempre caotica e dovrà sopportare grandi costi. Questo non significa, ovviamente, che questi costi siano, nel lungo periodo, più alti di quelli legati al doversi costantemente arrendere alle oltraggiose richieste della troika.
Il Corriere chiede anche a Varoufakis di parlare di quello che lui definì “terrorismo europeo”. Dalla risposta di Varoufakis manca però – se la si compara con la versione da lui pubblicata – la prima frase, quella in cui lui dice: «Non ho parlato di terrorismo europeo». Resta invece la frase in cui Varoufakis dice: «Journalists should learn, at last, the art of accurate reporting», “I giornalisti dovrebbero almeno imparare a riferire le cose correttamente”.