L’inventivo sindaco di Bogotà
Antanas Mockus governò la difficile capitale della Colombia con metodi molto originali, ottenendo risultati straordinari che ora ha raccontato di nuovo
Antanas Mockus è stato sindaco di Bogotà, la capitale della Colombia, per due mandati tra il 1995 e il 2003: da sindaco ha provato a cambiare una città di 6 milioni e mezzo di abitanti, povera e violenta, in cui era pericoloso camminare per via del traffico particolarmente disordinato e dove quasi nessuno pagava le tasse. Antanas Mockus ha avuto successo in molte cose, ma la cosa interessante è il modo in cui ha affrontato molti dei problemi della città coinvolgendo la cittadinanza: ha chiesto tasse volontarie, ha usato mimi per migliorare il traffico e ha organizzato serate di coprifuoco volontario per gli uomini in modo che le donne potessero uscire di casa tranquille. In un articolo pubblicato sul New York Times, a distanza di 23 anni dalla sua prima elezione a sindaco, lo stesso Mockus ha raccontato l’esperienza.
Quando si candidò per la prima volta a sindaco di Bogotà, Mockus era da poco stato costretto a lasciare il suo lavoro di rettore dell’Università Nazionale della Colombia dopo che durante una conferenza aveva cercato di far tacere un gruppo di studenti tirandosi giù i pantaloni e mostrandogli, dal palco, il sedere. Allora non era iscritto a nessun partito e non aveva mai avuto esperienze come politico; prima ancora era stato insegnante e ricercatore universitario per circa 20 anni, dopo aver studiato matematica e filosofia. Le elezioni del 1995 le vinse promettendo di alzare le tasse e presentandosi come un uomo onesto e fuori dalla politica.
Quando nel 2002 Mockus fu minacciato di morte dalle FARC insieme ad altri 100 sindaci colombiani, cominciò a indossare un giubbotto antiproiettile con una forma di cuore intagliata sul petto, «in segno di sfida». (AP/Javier Galeano)
Uno dei primi problemi che dovette affrontare da sindaco di Bogotà fu il traffico. Gli incidenti gravi sulle strade della città erano circa 1300 all’anno e negli anni precedenti avevano causato la morte di oltre 1500 persone. Invece di nuove leggi e nuove punizioni, Mockus decise di distribuire ai cittadini dei cartoncini rettangolari con un pollice verde alzato da una parte e un pollice rosso rivolto verso il basso dall’altra: i cittadini di Bogotà dovevano usarli per segnalare i comportamenti buoni e cattivi dei loro concittadini, in modo pacifico e non aggressivo. Inoltre per sensibilizzare la cittadinanza sulle morti stradali fece dipingere delle stelle in tutti i posti in cui un pedone era morto per un incidente. Al termine del suo secondo mandato nel 2003, il numero degli incidenti stradali annui era diminuito della metà.
Parallelamente, per risolvere il problema della polizia stradale di Bogotà notoriamente corrotta e che chiedeva tangenti per annullare le multe, assunse 40 mimi che cominciarono a lavorare agli incroci stradali al posto degli agenti, reagendo ai comportamenti degli automobilisti e dei passanti: per esempio mimando dolore per un’auto che passava con il rosso o facendo il verso a un pedone che attraversava la strada in modo sconsiderato. I mimi non potevano dare multe né fare altro se non i mimi, ma l’iniziativa ebbe così successo che ne furono poi assunti altri 400 e questo permise a Mockus, ha scritto sul New York Times, di sciogliere definitivamente il corpo di polizia stradale di Bogotà.
Parlando dei suoi successi da sindaco e del suo approccio diverso ai problemi, Mockus cita spesso la sua formazione da filosofo – «Come professore di filosofia, avevo poca pazienza con il modo di pensare convenzionale» – ma evidenzia sempre come la chiave del suo lavoro sia stata riuscire a coinvolgere persone che avevano smesso di crederci:
Non dirò di essere riuscito a cambiare tutto, ma siamo riusciti a portare cambiamento dove il cambiamento sembrava impossibile. Le cose hanno funzionato perché le persone hanno lavorato insieme, cooperando, e lo hanno fatto perché erano sbigottite dal loro stesso potere. La speranza nel cambiamento, quando il cambiamento accade, genera altra speranza. Mostrami una città con mille problemi e ti mostrerò 10.000 persone che li possono risolvere.
Un altro problema che Mockus si trovò a confrontare fu l’altissimo tasso di evasione fiscale dei cittadini di Bogotà. Invece di candidarsi promettendo meno tasse a una cittadinanza evidentemente avversa alle tasse, Mockus promise che le avrebbe alzate. Le tasse furono in effetti alzate e venne introdotta anche una nuova tassa chiamata “valore aggiunto”: se c’erano da fare lavori molto locali nella città, come sistemare un tratto di strada, i cittadini di quella zona potevano decidere di tassarsi per contribuire alle spese. «La tua casa aumenterà di valore e ci sarà una strada migliore. Stai investendo nella tua zona», aveva spiegato Mockus al Guardian. Quando durante il suo secondo mandato da sindaco il Consiglio comunale votò contro un nuovo innalzamento delle tasse, Mockus propose una tassa volontaria del 10 per cento sul reddito. Spiega un articolo sulla Harvard Gazette che le cose con la tassa volontaria, che aveva il buffo nome di “imposta volontaria”, andarono piuttosto bene:
Per la sorpresa di molti, circa 63.000 persone pagarono la tassa volontaria. Un incredibile indicatore del cambio di attitudine dei Bogotanos durante i mandati di Mockus è che nel 2002 la città raccolse tre volte più tasse di quelle che aveva prodotto nel 1990.
Un altro esempio di come l’approccio di Mockus al lavoro collettivo funzionò è la risposta alla grave carenza d’acqua che la città dovette affrontare nei primi anni Duemila. Invece di adoperare i normali sistemi di razionamento dell’acqua, che prevedono la chiusura degli impianti per determinate ore del giorno, Mockus si limitò a chiedere ai cittadini della città di consumare meno e di avere comportamenti più misurati fornendo informazioni su come farlo: lui stesso girò uno spot in cui si faceva la doccia chiudendo l’acqua mentre si insaponava e chiedeva a tutti di fare lo stesso. Il risparmio di acqua che ne derivò fu compreso tra l’8 e il 16 per cento, e, cosa più importante, durò nel tempo: anche quando la rete di distribuzione dell’acqua fu estesa anche alle zone più povere della città fino a raggiungere tutta la popolazione, il consumo totale continuò a calare.
Questo illustra un’altra lezione che abbiamo imparato. Può essere utile sviluppare piccole, piacevoli esperienze che aiutino le persone a vivere storie di piacevole sorpresa, momenti di ammirazione reciproca. La sfida di imparare qualcosa di nuovo. Ma poi bisogna consolidare queste storie con dei buoni risultati statistici ottenuti attraverso la misurazione fredda e razionale. Questo crea un circolo virtuoso, in modo tale che nuove belle esperienze portino a miglioramenti statisticamente documentati e che la documentazione faccia aumentare le aspettative di nuovo cambiamento.
Quando Florence Thomas, una professoressa femminista dell’Università della Colombia, parlò a Mockus della paura di molte donne a uscire di casa la sera per via delle frequenti molestie, lui organizzò le “Notti delle donne” istituendo un coprifuoco volontario per gli uomini a cui veniva chiesto di stare a casa a badare ai figli mentre le donne uscivano di casa alla sera. Durante le prime tre serate – con il centro città reso pedonale, i bar che servivano cocktail speciali per l’occasione e solo agenti donna in servizio (compreso il capo della polizia) – circa 700.000 donne uscirono di casa per festeggiare. In alcuni quartieri si formarono piccole manifestazioni spontanee che si fermavano davanti alle case degli uomini che avevano aderito al coprifuoco per applaudirli.
Antanas Mockus nel 2010 durante la campagna elettorale per le elezioni presidenziali. (AP Photo/Fernando Vergara)
Nel 1998, tra il primo e il suo secondo mandato da sindaco, Mockus si candidò alle elezioni presidenziali, promettendo di riproporre in tutto il paese lo stesso esperimento sociale che stava funzionando a Bogotà. Le cose a livello nazionale non andarono bene come a livello locale: Mockus ottenne il 26 per cento dei voti come candidato vice-presidente di Noemi Posada, che non arrivò al ballottaggio. Scrive il Guardian che “le qualità che lo avevano sostenuto a livello locale, inclusa una buona dose di modestia che lo portava spesso a ripetere che “bisogna costruire su quello che è già stato costruito”, potrebbero non averlo aiutato a livello nazionale. Quando nel 2010 partecipò alle primarie dei Verdi per il nuovo candidato alle presidenziali, Mockus e i due concorrenti decisero di fare campagna elettorale elogiandosi l’un l’altro, rifiutando i toni negativi e chiedendo agli elettori di scegliere il candidato che preferivano. Mockus vinse le primarie, superò il primo turno elettorale con il 21 per cento dei voti e perse al ballottaggio contro Juan Manuel Santos, fermandosi al 27 per cento dei voti.
Tra le altre cose che Mockus fece come sindaco ci sono la campagna contro la violenza (durante la quale circa 50.000 persone aderirono all’invito di disegnare su un palloncino il volto di una persona da cui erano stati feriti, per poi farlo scoppiare), quella per la consegna volontaria delle armi da fuoco (che contribuì al calo degli omicidi di circa il 70 per cento nel corso di 10 anni) e infine la promozione della “polizia di comunità”, un modo per avvicinare i cittadini e le forze dell’ordine per migliorare la convivenza e l’organizzazione delle comunità. Ma sul New York Times commenta amaramente la volatilità di alcuni miglioramenti.
La mia più grande preoccupazione pratica e teorica riguarda l’uso della forza morale e sociale per ottenere uno stato di diritto. Questo approccio implica un fondamentale rispetto della vita umana, espresso nella formula “La vita è sacra”. Il mio scopo era creare una cittadinanza culturalmente cosmopolita in cui espressioni come “crimine contro l’umanità” avessero un preciso significato concreto.
Forse è tempo di guardare ancora allo sfilacciato tessuto delle leggi. La mia esperienza suggerisce che l’umanità sta imparando tre modi per ridurre la distanza tra il campo della legge formale e l’ambito informale della civiltà: un approccio più creativo all’applicazione delle leggi, un’attenta e misurata riforma delle leggi e l’esplorazione estetica delle possibilità di forme di empatia che possano superare i confini nazionali.
Cambiare una città non è la più grande sfida politica, conservare il cambiamento lo è. Avevo un approccio darwiniano alla politica: lascia che le idee non abbastanza forti muoiano. Oggi ho imparato che anche le idee forti possono morire.