Come si sopravvive all’attacco di uno squalo
Uscendo il più velocemente possibile dall'acqua, ma se non è possibile bisogna affrontarlo e spaventarlo: auguri
Il video del famoso surfista australiano Mick Fanning inseguito da uno squalo mentre stava partecipando a una gara di World Surfing League a Jeffreys Bay, in Sudafrica, è stato condiviso milioni di volte online. Fanning è riuscito a salvarsi, ma l’attacco da parte dello squalo ha reso nuovamente attuale il tema, da sempre discusso, sull’effettiva pericolosità di questi pesci, complici anche film di successo come “Lo squalo”, che un mese fa ha compiuto 40 anni. Oliver Milman sul Guardian spiega che essere attaccati da uno squalo non è naturalmente cosa da tutti i giorni: si stima che ci sia una probabilità su 30 milioni che possa succede se si nuota al largo delle coste di Perth, in Australia, in un tratto di mare conosciuto per essere popolato da molti squali.
Come dimostra la vicenda di Fanning, ci sono comunque casi in cui si verifica un incontro ravvicinato con uno squalo, soprattutto se ci si trova in acque prossime alla foce di un fiume o in un tratto di mare in cui ci sono numerosi banchi di pesce. Alcuni squali vanno inoltre a caccia all’alba e al tramonto, come lo squalo zambesi. A differenza di quanto pensano molti, gli squali non sono comunque ghiotti di esseri umani: se mordono lo fanno solo per verificare che tipo di potenziale preda hanno davanti a loro, e questo spiega perché nei rari casi di attacco le persone coinvolte devono fare i conti con ferite da morsi alle gambe o alle braccia (più facili da attaccare rispetto al torso).
Secondo Daniel Bucher, ecologo marino della Southern Cross University (Lismore, Australia), nel caso di Fanning si è trattato di “un attacco fatto per cautela, per dare una controllata: sfortunatamente quando si parla di uno squalo bianco, quel tipo di attacco è sufficiente per ucciderti o ferirti molto gravemente”. Un surfista sulla tavola che passa velocemente in acqua può fare innervosire una squalo che si trova a passare nei paraggi. Il problema è noto da tempo e diversi produttori hanno iniziato a sperimentare diversi sistemi per tenere a distanza di sicurezza gli squali: alcune soluzioni servono per mimetizzare meglio in acqua le tavole e le tute dei surfisti, approfittando del fatto che gli squali non ci vedono benissimo, mentre altri sistemi prevedono la creazione di campi elettrici a bassa frequenza che infastidiscono gli squali e li tengono lontani.
Se si incontra uno squalo in acqua la soluzione migliore è anche la più banale: scappare, il più presto possibile. La cosa migliore è uscire dall’acqua, ma se ci si trova lontani dalla costa o dalla barca da cui ci si è tuffati, conviene nuotare in direzione opposta rispetto a quella dello squalo, nuotando velocemente ma non forsennatamente: bracciate lunge e regolari, per evitare di innervosire lo squalo. Ci sono però studi sul comportamento degli squali che suggeriscono di adottare un atteggiamento più combattivo, come spiega sempre Bucher al Guardian: “Se la loro preda li confronta, gli squali tendono a girare in cerchio senza attaccare. Se si tratta di un grande squalo bianco lungo 6 – 7 metri, non c’è molto che tu possa fare, ma un animale più giovane, lungo sui 3 metri, non è abituato a nutrirsi di animali più grandi di lui e dovrebbe quindi essere più cauto”.
Dallo studio degli attacchi subiti da surfisti, sub e semplici nuotatori, sono stati elaborati altri consigli. Se ce ne sono nei paraggi, è consigliabile starsene tra gli scogli, tenendone uno alle proprie spalle: in questa posizione si riducono gli angoli di attacco dello squalo, che ti solito parte in velocità verso la preda prima di morderla. Se si sta per verificare un contatto è consigliabile – fifa permettendo – di colpire l’animale con un qualsiasi oggetto sul muso. Spesso una botta secca sul naso è sufficiente per intimorire lo squalo e farlo desistere. Fanning dice di avere dato almeno un paio di colpi allo squalo e la cosa ha funzionato, ma è una scelta rischiosa perché si rischia di fare innervosire di più l’animale senza dissuaderlo dall’attaccare. Fingersi morti non funziona, invece, spiega Bucher: meglio colpire e scappare.
È bene comunque ricordare che gli attacchi da parte degli squali nei confronti degli esseri umani sono estremamente rari, e in pochi casi provocano ferite particolarmente gravi. Nel 2014 si stima che ci siano stati 72 attacchi da parte di squali e che solo 3 siano stati mortali. Sono più pericolose le sigarette.