La storia di :-)
Lo sapete come si chiama l'uomo che si è inventato il simbolo grafico più conosciuto e riconoscibile al mondo?
Ogni giorno la combinazione di tasti per fare una faccina come questa 🙂 viene usata probabilmente miliardi di volte. Secondo le stime di chi monitora conversazioni e contenuti online il suo utilizzo continua ad aumentare a un ritmo sorprendente, specie se si considera che la faccina di cui sopra ha meno di 33 anni e che nacque quando ancora non esisteva il Web, e comunicare a distanza con i computer era ancora una cosa per smanettoni. La faccina che sorride fu inventata casualmente nel settembre del 1982 da Scott Fahlman, un docente di informatica della Carnegie Mellon University di Pittsburgh, Pennsylvania (Stati Uniti), che non ha ricavato nulla dall’invenzione di quello che è probabilmente diventato il simbolo grafico più conosciuto e riconoscibile al mondo.
La storia di Fahlman era già stata raccontata in passato, in occasione del trentennale dell’emoticon nel 2012, ma di recente si è tornato a parlare di come andarono le cose nel 1982 in seguito a un interessante articolo pubblicato da Rachel Wilkinson e Thomas Howes, che si sono appassionati alle vicende di Fahlman e di come arrivò a scrivere per la prima volta 🙂 con la tastiera del suo computer. Fahlman, che ha 67 anni, è molto conosciuto nella sua Università anche grazie a un’iniziativa che viene organizzata ogni 19 settembre per festeggiare la sua invenzione, che proprio in quel giorno fu inviata per la prima volta a una serie di suoi corrispondenti su un “Bulletin Board System” (BBS): una specie di forum ante-litteram che attraverso un software permetteva di pubblicare messaggi e altri contenuti su una bacheca virtuale.
L’invenzione dell’emoticon nacque da una semplice esigenza: scambiandosi messaggi solo in forma scritta, a volte alcuni partecipanti al BBS avevano qualche problema a capire quando il tono di una risposta era sarcastico o scherzoso, cosa che portava immancabilmente a discussioni infinite e a litigi furiosi (“flame”), difficili da tenere sotto controllo e da far rientrare. A metà settembre del 1982, tra gli argomenti di discussione sul BBS usato da Fahlman ne comparve uno con una serie di ipotesi sugli effetti di un ascensore in avaria e in caduta libera: un uccello intrappolato al suo interno avrebbe continuato a volare? Una candela si sarebbe spenta? Quale poteva essere la reazione di un grumo di mercurio? La cosa era nata per scherzo, ma qualche partecipante l’aveva presa lo stesso molto sul serio e originò una nuova discussione, questa volta sulla necessità di trovare un segno grafico condiviso da tutti in modo da identificare facilmente il tono scherzoso di una risposta.
Nei nastri con le registrazioni delle attività sul BBS usato da Fahlman (sì, i dati una volta – e in alcuni casi ancora adesso – erano salvati su nastri magnetici, simili a quelli delle videocassette) ci sono diversi messaggi che mostrano quanto la discussione avesse appassionato i partecipanti. Furono valutati diversi simboli chiedendosi se fosse più divertente % o * oppure #; ci fu chi propose di usare & perché assomigliava a un giullare panciuto mentre se la ride della grossa (ok, ci vuole molta fantasia). Fahlman seguì una strada diversa: invece di ricorrere a un solo simbolo, pensò che la cosa più sensata fosse combinarne qualcuno insieme. Gli ci vollero meno di dieci minuti per digitare il primo 🙂 della storia e pubblicare il suo messaggio sul BBS, erano le 11:44 del 19 settembre 1982:
Propongo che la seguente serie di caratteri sia usata come indicatore di una battuta:
🙂
Va letta di lato. In realtà, visto l’andazzo dell’ultimo periodo sarebbe più economico segnalare le cose che NON sono battute. Per questo uso:
🙁
L’idea di Fahlman, che all’epoca aveva 34 anni, piacque a tutti e 🙂 iniziò a diffondersi in altri BBS, nella posta elettronica e diversi anni dopo nelle prime pagine del Web. All’epoca lui non aveva la minima idea di che cosa si fosse inventato e probabilmente se gli avessero detto che da lì a più di trent’anni la sua invenzione sarebbe stata ancora usata miliardi di volte ogni giorno non ci avrebbe creduto.
Fahlman non ha mai provato a registrare l’emoticon e non ha fatto domanda per proteggerla tramite le leggi che tutelano il diritto d’autore. Ammette che ai fini accademici la sua invenzione non lo ha aiutato in nessun modo, ma soprattutto non ha problemi a riconoscere che prima di lui erano già stati fatti alcuni tentativi per realizzare una faccia sorridente con la punteggiatura, precedenti di cui non era comunque a conoscenza quando tirò fuori 🙂. Una sorta di paleo-emoticon comparve su una rivista satirica statunitense nel 1862 definita come uno “studio tipografico delle passioni e delle emozioni”: ma le emoticon erano orientate in verticale, mentre Fahlman pensa di essere stato il primo a immaginare la faccina in orizzontale.
Poi c’è un’altra storia, che non è stato mai possibile verificare fino in fondo, secondo cui nel 1979 un utente su ARPANET (la rete da cui sarebbe poi nata Internet) suggerì di utilizzare la punteggiatura per creare un simbolo che indicasse la presenza di un’affermazione scherzosa. Secondo questa versione Kevin MacKenzie propose di usare un trattino e una parentesi chiusa -). A sua volta MacKenzie comunque si rifaceva probabilmente allo smiley, la rappresentazione stilizzata di una faccia sorridente ideata nei primi anni Sessanta negli Stati Uniti.
Dopo quarant’anni di ricerche, con progressi importanti ma non ancora decisivi, Fahlman continua con il suo lavoro per creare sistemi basati sull’intelligenza artificiale. Lo fa nel suo laboratorio, ma anche raccontando i risultati dei suoi studi attraverso il blog “Knowledge Nuggets”, dove spiega il funzionamento delle AI e le loro potenzialità. Il suo stile divulgativo non convince però i colleghi e, secondo lui, lo ha penalizzato nella sua carriera accademica e spiega anche perché ci siano poche sue pubblicazioni in ambito universitario.
Il prossimo 19 settembre, come avviene già da qualche anno, alla Carnegie Mellon University sarà organizzata una festa informale per ricordare l’intuizione di Fahlman che nel 1982 portò alla creazione dell’emoticon 🙂 per come la conosciamo oggi. Di fatto quell’idea saltata fuori in una decina di minuti ha avuto un successo enorme, su una scala completamente diversa rispetto alle altre importanti intuizioni sulle intelligenze artificiali (AI) avute da Fahlman nei suoi 40 anni circa di lavoro con i computer.
Per spiegare le difficoltà nei suoi studi sulle intelligenze artificiali, Fahlman fa un’analogia con la storia del lupo e dei tre porcellini:
Il lupo decide di ingannare il porcellino. È una cosa su cui filosofi e psicologi e linguisti si sono confrontati a lungo: che cosa significa ingannare qualcuno? Il lupo decide di agire, e se funzionerà, il porcellino crederà che se ne sia andato, aprirà la porta e: costolette di maiale per cena per il lupo. Se non funzionerà, il porcellino dirà “Oh, l’ho già sentita altre volte questa, il lupo è ancora lì fuori” e non aprirà la porta.
La storia serve per ricordarci che proviamo a dare un senso alla realtà che ci circonda attraverso vari punti di vista, una cosa complicata da svolgere correttamente per le intelligenze artificiali. La storia dei tre porcellini è comprensibile solo se si considerano le cose di cui è a conoscenza ogni personaggio. Una macchina deve quindi avere gli strumenti per distinguere le singole conoscenze dei personaggi: deve avere una rappresentazione del mondo visto dal porcellino, un’altra per il lupo e un’altra ancora per lo stato mentale che il lupo vorrebbe produrre nel porcellino per ingannarlo. Fahlman da decenni lavora per fare in modo che un computer possa padroneggiare e creare varie rappresentazioni, in modo da assumere autonomamente delle decisioni. È una materia complicata, lontana anni luce da premere i tasti dei due punti, del trattino e della parentesi chiusa per far capire al proprio interlocutore che si sta scherzando.