Cosa vede un dislessico quando legge?
Un designer inglese ha creato un font grafico per mostrare cosa vuol dire avere un disturbo più diffuso di quanto sembri
di Ana Swanson - Washington Post
Quando aveva 18 anni Dan Britton andava male in tutte le materie tranne scienze e disegno. Il suo insegnante di arte sospettava che ci fosse qualcosa che non andava e lo portò a fare dei test. Scoprì che Britton aveva l’abilità di lettura di un bambino di 10 anni e quella di scrittura di uno di 11. A Britton, che oggi lavora come designer nel Regno Unito, venne diagnosticata una grave forma di dislessia, un problema dell’apprendimento che rende molto difficile leggere e scrivere.
All’improvviso tutti i problemi che aveva avuto a scuola acquistarono un senso. «Riuscite a immaginare quanto possa essere difficile far affrontare il liceo a una specie di bambino di 10 anni? Non ha speranza di farcela», racconta oggi Britton. La dislessia è un disturbo sorprendentemente comune e raramente diagnosticato. Uno studio pubblicato di recente sostiene che ne soffre tra il 6 e il 17 per cento della popolazione in età scolastica. Altre ricerche parlano di un totale del 20 per cento della popolazione, di cui il 4 per cento in maniera grave. Ma secondo l’Istituto di ricerca sulla dislessia americano, negli Stati Uniti soltanto il 5 per cento delle persone dislessiche riceve una diagnosi corretta del problema.
Il nuovo progetto di Britton prova a far capire cosa significa vivere con la dislessia: un carattere tipografico realizzato dallo stesso Britton cerca di imitare quello che vedono i dislessici davanti a un testo scritto. Per crearlo Britton ha eliminato il 40 per cento di ogni lettera, compresi alcuni elementi chiave per comprenderle, come ad esempio il trattino orizzontale della A. Il font in realtà non mostra precisamente cosa vede un dislessico, ma rende la lettura di chiunque molto più lenta e complicata, la stessa situazione nella quale si trovano i dislessici. Britton spiega che il suo font «rende bene la frustrazione, la fatica e l’imbarazzo di leggere con questo disturbo».
Britton ha deciso di occuparsi di dislessia perché a suo dire è un disturbo poco compreso. Visto che la dislessia è sostanzialmente “invisibile”, «non genera sentimenti di empatia. Un non dislessico non può immaginare cosa voglia dire essere dislessici». Per sperimentarlo di persona provate a leggere il testo qui sotto (in inglese): potrebbe insegnarvi qualcosa sulle difficoltà che affrontano ogni giorno a scuola i bambini dislessici.
In realtà la dislessia non ha nulla a che fare con le lettere in sé. Si tratta infatti di un problema legato alla percezione dei suoni che indirettamente influisce sulle capacità di lettura. Le persone dislessiche hanno difficoltà nell’individuare e distinguere i singoli suoni: e quindi anche i fonemi, le unità che compongono il linguaggio parlato. Hanno difficoltà a collegare i suoni con le parole e questo causa problemi gravi quando si tratta di scrivere o di leggere. Le persone dislessiche possono comunque essere molto intelligenti e avere un vasto vocabolario. Con la giusta assistenza possono imparare delle strategie per scrivere normalmente e, nei casi più gravi, per parlare correttamente. Secondo Britton, se riuscissimo ad affrontare in maniera migliore la dislessia l’intera società ne trarrebbe dei benefici. «Possiamo solo immaginare dove sarebbe il mondo tra pochi anni. Forse avremmo qualche Richard Branson e qualche Elon Musk in più», ha detto Britton, citando due dei più importanti imprenditori del mondo, entrambi affetti da dislessia.
Britton ha anche aperto una campagna su Crowdfunder per raccogliere 2.000 sterline (circa 2.700 euro) e realizzare un progetto per sensibilizzare sulla dislessia nelle scuole: si può contribuire qui.
©Washington Post