Dovremmo fare più cose da soli
Per esempio andare al ristorante, o al cinema o nei musei: secondo un recente studio evitiamo di farlo per paura del giudizio degli altri, che invece se ne infischiano
di Roberto A. Ferdman – Washington Post
Prendete un qualsiasi venerdì sera: i locali, i ristoranti e i cinema sono pieni di amici, coppie e famiglie che passano il tempo insieme. Persone da sole, invece, pochissime: probabilmente chi non ha qualcuno con cui uscire trascorre il weekend sul divano di casa a fare qualcosa per conto suo. Fin qui niente di strano: ma forse ci perdiamo qualcosa se decidiamo automaticamente di restare a casa quando non abbiamo impegni “sociali”?
«Le persone non fanno altro che rinunciare a fare qualcosa solo per il fatto che sono sole», spiega Rebecca Ratner, professoressa di marketing alla Robert H. Smith School of Business. Ratner ha passato quasi cinque anni a studiare perché le persone sono così riluttanti a divertirsi da sole e come, di conseguenza, si divertano meno in generale. «Il punto è che sarebbero probabilmente più felici a uscire e fare qualcosa».
Ad agosto uscirà il nuovo studio di Ratner, intitolato Inhibited from Bowling Alone. Nell’articolo Ratner e la co-autrice Rebecca Hamilton, professoressa di marketing alla McDonough School of Business, descrivono i risultati delle loro scoperte: le persone sottovalutano costantemente quanto si divertirebbero a guardare uno spettacolo, andare a un museo, a teatro, o al ristorante da soli. Questa interpretazione sbagliata, dice Ratner, sta diventando sempre più problematica perché le persone passano più tempo al lavoro, si sposano più tardi, e si ritrovano con brandelli di tempo libero sempre più brevi.
Le conclusioni derivano da cinque esperimenti separati. In quattro di loro, le ricercatrici hanno chiesto ai volontari se preferiscono fare alcune attività da soli o insieme ad altri. Nel quinto esperimento Ratner e Hamilton hanno verificato se le persone di divertono effettivamente di più o di meno a visitare una galleria d’arte in compagnia degli altri o da sole. Hanno scoperto che le persone pensano di divertirsi meno da sole ma in realtà tendono a divertirsi allo stesso modo sia da soli che in compagnia. «Quando confronti un’esperienza che è molto simile se fatta con o senza qualcuno, come visitare un museo o andare al cinema, viene fuori che non c’è grande differenza nel piacere che se ne trae», spiega Hamilton. «Andare al ristorante è un’altra cosa, perché lì c’è in più la conversazione, ma ciò non toglie che anche andarci da soli possa essere un’esperienza piacevole».
La questione infatti non è se ci divertiremo di più facendo qualcosa con gli amici piuttosto che da che soli, ma riguarda invece quelle volte in cui non abbiamo nessuno con cui andare al cinema o mangiare in un ristorante, e ci sentiamo a disagio a farlo da soli anche se sappiamo che probabilmente passeremmo un momento piacevole. «Il punto è che ci perdiamo un bel po’ di divertimento», dice Ratner. «Lo facciamo tutti». Perché? Secondo Ratner il motivo è che ci sentiamo «esageratamente a disagio». «Siamo convinti che non ci divertiremmo perché siamo preoccupati di quello che penseranno gli altri a vederci da soli», dice Ratner. «Finisce che rimaniamo a casa invece di uscire perché abbiamo paura che gli altri penseranno che siamo degli sfigati».
Ma gli altri, in realtà, non perdono tempo a giudicarci o a preoccuparsi dei fatti nostri. Non se ne curano quasi per niente, a dire il vero. Ci sono molte ricerche che dimostrano quanto costantemente e regolarmente esageriamo l’interesse degli altri verso di noi. Il fenomeno è ben conosciuto e in psicologia ha anche un nome: l’effetto riflettore. Viviamo convinti che un faro ci illumini costantemente attirando su di noi le attenzioni degli altri: sulla metropolitana, al ristorante, in palestra. Uno studio del 2000 condotto da Thomas Gilovich ha scoperto che le persone modificano regolarmente il loro comportamento in base alla prospettiva degli altri, anche se le loro azioni non vengono notate per niente. Da allora molte altre ricerche hanno confermato l’esistenza di un modello di pensiero egocentrico che distorce il modo in cui ci comportiamo. «Il modo migliore per liberare le persone dall’imbarazzo è convincerle che non c’è niente di male a fare qualcosa per piacere, anche da soli», dice Hamilton.
Ma esattamente, come potremmo liberare le persone da questo disagio? Per cominciare i negozi potrebbero essere più accoglienti verso chi fa cose da solo. «Aggiungere un secondo coperto all’occorrenza, anziché togliere quello in più, sarebbe già un importante punto di partenza», dice Ratner. Un’altra soluzione è di cambiare il modo in cui le persone si percepiscono nelle cose che fanno. Ratner e Hamilton hanno scoperto che sono più disposti a fare qualcosa da soli quando si tratta di un’esperienza in cui si impara qualcosa. Portarsi dietro qualcosa da leggere al bar o al ristorante mette la cosa in una luce diversa: è un espediente timido per nascondere l’imbarazzo. «Ci fa sembrare occupati e impegnati, anziché gente senza amici», dice Hamilton.
Ma il modo migliore per liberarsi dell’imbarazzo di fare cose in pubblico da soli è probabilmente farle di più. «Abbiamo bisogno che le regole cambino un pochino. Abbiamo bisogno di persone convinte che divertirsi da soli sia una cosa figa e coraggiosa», dice Ratner. «Qualcuno deve iniziare questa nuova tendenza».
© Washington Post 2015