Marco Lodoli e la “Buona Scuola”
Lo scrittore e insegnante racconta come ha partecipato alla creazione della riforma e come non riesca a spiegarla ai suoi colleghi
Marco Lodoli è uno scrittore, insegnante di Italiano in un istituto professionale e collaboratore di Repubblica: oggi ha scritto della riforma “La Buona Scuola”, approvata il 20 maggio alla Camera dei deputati e contro cui da settimane protestano studenti e insegnanti. Lodoli spiega di aver partecipato a molte riunioni in cui al ministero dell’Istruzione si è progettata la riforma della scuola e spiega anche che è stato proprio lui a suggerire il nome “La Buona Scuola”: «Doveva chiamarsi “la scuola dell’unità e delle convergenze”, o qualcosa di simile, una formula astratta e incomprensibile». Lodoli prosegue spiegando che ha contribuito anche a molte altre parti della riforma, di cui è soddisfatto. Ma, nonostante questo, scrive di non essere riuscito a convincere nessuno – né colleghi né alunni – della validità della riforma. Per raccontare le sue difficoltà nel convincere i colleghi degli aspetti positivi della riforma “La Buona Scuola”, Lodoli parte dalla mattina del 5 maggio, giorno in cui c’è stato il più importante sciopero contro la riforma.
È la mattina del 5 maggio e nella mia scuola a Torre Maura, a Roma, succursale dell’Istituto professionale Falcone-Pertini, ci siamo solo io e la preside, arrivata dalla centrale per aprire il portone e garantire agli studenti le ore di lezione. Ma di studenti nemmeno l’ombra.
Sono tutti in sciopero insieme agli insegnanti. La preside ci tiene a mostrare una certa serenità, da ammiraglio che non perde la calma, anche quando la nave sembra paurosamente inclinata. Vago per i corridoi deserti con le mani dietro la schiena e penso che qualcosa in questa riforma non è andato come doveva, visto che i miei colleghi sono compattamente, convintamente ostili. Mi sento ancora più dispiaciuto perché ho partecipato a tante riunioni al ministero della Pubblica Istruzione, ormai un anno fa, per progettare la Buona Scuola.