L’Azerbaijan e il calcio
Come e perché un piccolo regime ex sovietico è diventato lo sponsor ufficiale dell’Atletico Madrid e “un punto di riferimento dello sport europeo”
L’Azerbaijan è uno stato di quasi 10 milioni di abitanti che confina a nord con la Russia e la Georgia, a ovest con l’Armenia e a sud con l’Iran: all’Azerbaijan – che fino al 1991 è stato parte dell’Unione Sovietica – Dario Saltari sulla rivista online Ultimo Uomo ha dedicato un articolo che risponde a una domanda che probabilmente molti appassionati di calcio si sono fatti: perché l’Azerbaijan è – o è stato – sponsor di alcune importanti squadre di calcio europee?
La scritta “Azerbaijan – Land of Fire” (terra di fuoco), in bianco su sfondo blu, è apparsa negli ultimi anni sulle magliette dello Sheffield Wednesday, una squadra di serie B inglese, del Lens, squadra francese promossa in Ligue 1 l’anno scorso, e soprattutto dell’Atletico Madrid, che con lo sponsor dell’Azerbaijan ha giocato la finale di Champions League dell’anno scorso, poi vinta dal Real Madrid. L’articolo pubblicato su Ultimo Uomo racconta come e perché una nazione relativamente piccola – e situata nel continente asiatico – sia riuscita a diventare, non senza problemi e insuccessi, un “punto di riferimento dello sport europeo”. E come e perché oltre che con l’Europa l’Azerbaijan – la cui capitale è Baku – è anche strettamente legato all’Argentina:
Tra Baku e Buenos Aires ci sono quasi quattordicimila chilometri di distanza, sono oltre ventidue ore di aereo senza contare lo scalo. Se ci fosse un volo diretto si sorvolerebbero dodici Stati, tre continenti e due mari. Eppure le due città si sono avvicinate nel tempo fino ad arrivare a toccarsi, per un attimo, solo, un anno fa: il tassello che doveva unirle e completare il puzzle era Land of Fire, lo sponsor con cui il governo dell’Azerbaijan promuove l’immagine del paese all’estero.
Il mondo si è accorto dello sponsor azero durante la finale di Champions League dell’anno scorso, quando l’Atlético Madrid targato Land of Fire ha accarezzato le grandi orecchie della coppa per quasi un’ora, prima che un colpo di testa di Sergio Ramos riportasse l’ordine delle cose al suo stato naturale. La ONG Reporters Without Borders utilizzò la visibilità di quella partita per fare luce sulla disastrosa situazione dei diritti umani e delle libertà nel paese caucasico.
Prima del 1991 l’Azerbaijan non è che una parte dell’Unione Sovietica. Tra il 1922 e il 1936 non è nemmeno un’entità autonoma ma solo una parte della Repubblica Socialista Federale Sovietica Transcaucasica (TSFSR), un megastato di cui fanno parte anche Georgia e Armenia. Sono proprio i litigi tra Azerbaijan e Armenia che fanno naufragare la TSFSR costringendo l’URSS a spezzettarla in diverse repubbliche autonome. I dissapori però non si placano e non appena il cappello sovietico viene meno, i due Stati si scontrano per una regione a lungo contesa: il Nagorno-Karabakh (regione a cui, tra l’altro, è dedicata una delle più belle canzoni degli Einsturzende Neubauten).
Il conflitto del Nagorno-Karabakh è solo l’ultimo degli avvenimenti che hanno spinto gli armeni lontano dal proprio paese, spesso proprio in Argentina, che oggi ospita la terza comunità armena al mondo. La comunità armena ha scelto come propria casa Palermo, uno dei quartieri più celebri di Buenos Aires, dove abitano circa 5mila dei 100mila armeni che vivono in Argentina. Tra gli argentini che ripongono le proprie radici nella comunità armena di Palermo c’è anche Matías Lammens, l’attuale presidente del San Lorenzo.