Time e la parola “femminista”
Con un sondaggio online calcolato, il magazine americano ha "trollato" internet, ed è uno spettacolo deludente dell'informazione online, scrive il Washington Post
di Caitlin Dewey - The Washington Post
Lo scorso giovedì, in quello che può essere definito solo come un esempio davvero brillante di trolling da parte dei media, il sito del magazine Time ha pubblicato un sondaggio che chiedeva ai lettori di votare la parola peggiore dell’anno passato. Insieme a “influencer,” “basico” “yaaasssss”, “letteralmente”, “ma per favore” o altri neologismi piuttosto “obvi” della lingua inglese che paiono tratti da una lista di “parole che non si possono sentire” su Internet, Time ha inserito… “femminista”. Ovvero – per citare Beyoncé che cita Chimamanda Ngozi Adichie – una “persona che crede nell’uguaglianza sociale, politica ed economica tra i sessi”.
Per rispondere in estrema sintesi a Time: “Ma per favore”. Ed è stata la risposta prevalente per gran parte di internet. Nel giro di qualche ora le femministe si sono prevedibilmente scatenate su Twitter per condannare il magazine e coprire di insulti Katy Steinmetz, autrice del sondaggio (Steinmetz, da parte sua, ha attribuito la scelta a un’analisi sui media: fondata, come vedremo).
Sul sito 4chan, nel frattempo, orde eccitate di utenti si sono radunate per spingere il voto a favore di “femminista”. Per tutta la serata di mercoledì gli utenti della famigerata sezione /b/ di 4chan sono intervenuti sul voto in successivi thread e incollando le reazioni su Twitter delle femministe irritate. Alle 9.30 del mattino di giovedì “femminista” era avanti a tutti gli altri rivali di un margine a due cifre, come peggior parola del 2014. “Evvai!”, esultava un residente di 4chan: “il bello è che non è nemmeno un broglio nei voti. Hanno incluso la parola loro, seriamente”.
Ma non pensiamo neanche per un attimo che il maggior magazine americano non sapesse esattamente cosa stava facendo. È lo stesso magazine che aveva già visto 4chan impossessarsi non una, ma due, tre volte, del suo sondaggio sulla “persona dell’anno”. Nel 2009, quando riuscirono a mettere il fondatore di 4chan Christopher Poole al primo posto; poi nel 2012, quando “vinse” Kim Jong-un, dittatore nordcoreano; e l’anno scorso, quando gli hackers del voto – aiutati e organizzati da 4chan – riuscirono a far competere Miley Cyrus con Papa Francesco.
Alla luce di quelle votazioni mobilitate, e del “Fappening” (l’organizzata pubblicazione e riproduzione delle foto di famose donne nude, nota soprattutto per quelle dell’attrice Jennifer Lawrence) e di moltissime altre iniziative simili su 4chan, di cui Time ha scritto e riferito, non puoi mettere ai voti online il femminismo e non aspettarti che 4chan ti trolli. Al contrario, farlo è stata un’accorta e calcolata provocazione. È esso stesso, trolling.
Forse dovremmo complimentarci con Time per questo brillante colpo messo a segno contro le masse anonime di Internet; congratularci per aver trollato i troll, e con tanto successo. Time vince, alla fine del giro, chiunque vinca il suo sondaggio: indignazione uguale click uguale soldi.
Ma qualunque abile competenza su internet si sia mostrata in questo caso, è difficile uscire da questo spettacolo senza scuotere la testa delusi e rassegnati. Ora che sappiamo che Time trolla i troll, e i troll trollano Time, tutto l’esperimento è in sostanza un vortice di indignazione priva di senso, sprecata, e sincera solo in parte: sospinta da pagine viste e tweet di odio.
Se c’è mai stata una metafora più perfetta e dannata dell’informazione online, io non l’ho vista. E intendo, letteralmente.
©2014 The Washington Post