La morte di Theo Van Gogh, 10 anni fa
Il regista olandese noto per le sue critiche all'islamismo radicale fu ucciso il 2 novembre 2004 ad Amsterdam, anche a causa di un documentario che aveva girato sulle donne e l'Islam
Intorno alle 9 del mattino del 2 novembre 2004 il regista e opinionista olandese Theo Van Gogh stava andando verso il suo studio cinematografico in bicicletta. Si trovava all’angolo tra Linnaeusstraat e Tweede Oosterparkstraat, nel sud est di Amsterdam, quando si fermò a un attraversamento pedonale: in quel momento fu raggiunto da alcuni colpi di pistola sparati da un altro uomo, un 26enne olandese di origini marocchine. Cadde sull’asfalto della corsia per i ciclisti, ferito, e il suo attentatore gli si avvicinò e gli sparò altri colpi a distanza ravvicinata, uccidendolo. Poi tentò di decapitarlo con un coltello e, alla fine, gli piantò un coltello nel petto e un altro coltello nell’addome, con un biglietto contenente dei messaggi di minacce contro i paesi occidentali e contro Ayaan Hirsi Ali, un’attivista di origini somale co-sceneggiatrice di Submission, un breve documentario che Van Gogh aveva girato da poco sulla condizione delle donne nella cultura islamica.
L’attentatore di Van Gogh era Mohammed Bouyeri. Bouyeri, che disse di aver agito per difendere il nome di Allah, fu arrestato e condannato all’ergastolo. Col tempo si scoprì che aveva legami con il gruppo estremista islamico Hofstad, formato principalmente da giovani olandesi di origini nordafricane, e che si ispirava a un gruppo estremista islamico egiziano nato negli anni Sessanta (Takfir wal-Hijra). La giornalista e scrittrice italiana Oriana Fallaci scrisse che durante il processo, alla madre di Van Gogh, Bouyeri disse: «Io non provo alcuna pietà per lei. Perché lei è un’infedele». Quando è morto, Van Gogh aveva 47 anni.
Sia l’attivista Hirsi Ali che Van Gogh avevano ricevuto diverse minacce di morte dopo la diffusione del documentario Submission, alla fine dell’estate del 2004, ma non le avevano prese troppo sul serio. Il film racconta la storia delle violenze contro quattro donne musulmane interpretate da una stessa attrice, nascosta dietro un velo e avvolta nello chador. Il cortometraggio – che fu ritirato per le proteste e i disordini che generò – è sostanzialmente formato dai monologhi di questi quattro personaggi e cita alcuni versi del Corano che secondo gli autori del film legittimano l’autoritarismo degli uomini nei confronti delle donne (nel film questi versi sono scritti sui corpi nudi delle protagoniste della storia).
Riguardo le minacce ricevute, Hirsi Ali scrisse che Van Gogh una volta le disse: «nessuno uccide lo scemo del villaggio». All’epoca in cui Van Gogh decise di collaborare con Hirsi Ali per Submission, Van Gogh stesso era considerato un autore piuttosto controverso e spesso criticato dai media, anche quelli per cui aveva lavorato: fu licenziato da molti dei giornali per cui scrisse. Era piuttosto noto per le sue idee “radical-libertarie”, e aveva spesso criticato con toni e termini molto violenti i conservatori musulmani e i religiosi in genere. Van Gogh era trisnipote del mercante d’arte Theo Van Gogh, fratello del pittore Vincent. Per il suo film Blind Date (“Appuntamento al buio”) del 1996 aveva vinto il premio “Gouden Kalf”, uno dei più importanti riconoscimenti cinematografici olandesi. Un altro film girato l’anno seguente – In het belang van de staat (“Nell’interesse dello Stato”) – era stato molto apprezzato negli Stati Uniti. Gran parte dei suoi film trattano temi politici.
Van Gogh scriveva già per diversi quotidiani nei Paesi Bassi quando dagli anni Novanta in poi cominciò a lavorare anche per la televisione e a scrivere libri: l’ultimo – “Allah weet het beter” (Allah lo sa meglio) – fu pubblicato nel 2003 ed era una critica radicale all’Islamismo estremista. Negli ultimi anni della sua vita, Van Gogh aveva stretto buoni rapporti con alcuni esponenti politici che condividevano le sue idee: uno di questi, Pim Fortuyn, era il fondatore di un movimento olandese contro l’immigrazione e fu assassinato da un estremista alla vigilia delle elezioni nel 2002.
Nei Paesi Bassi – un paese da circa 17 milioni di abitanti – i residenti di fede musulmana sono oltre un milione. L’uccisione di Van Gogh polarizzò ulteriormente le posizioni di un dibattito già piuttosto acceso, e ancora oggi è motivo di discussione. Alcuni ne diedero una lettura molto generale, inserendo quello che accadde il 2 novembre 2004 nel discorso più ampio dello scontro tra paesi occidentali e radicalismo islamico. Altri continuarono a considerarlo il gesto isolato di una persona radicalizzata. Nel 2005 un ritratto di Bouyeri dell’artista Marlene Dumas fu esposto al museo d’arte Stedelijk ad Amsterdam, senza suscitare particolari proteste. Diversi artisti, scrive il New York Times, continuano oggi a non parlare dell’omicidio di Van Gogh per evitare di creare divisioni che nei Paesi Bassi si sta ancora cercando di superare.
Theo van Gogh, il 7 settembre 2004, durante le riprese di un documentario sull’uccisione dei politico olandese Pim Fortuyn.
(AP Photos/Arie Kievit/Hollandse Hoogte)