Il femminismo dello sparecchiamento
Le riflessioni di Matteo Bordone sull'essere maschi e femministi, o una specie, e vedere come si comportano gli altri maschi
Il magazine IL, mensile del Sole 24 Ore, è dedicato questo mese al “Nuovo femminismo”. Tra gli altri articoli, ci sono le considerazioni di Matteo Bordone – 40 anni, giornalista, conduttore radiofonico e televisivo – sul rapporto dei maschi contemporanei con diverse idee di femminismo.
Mi piacciono la pornografia e le donne nude con la bocca socchiusa nell’estasi della goduria. Non credo al problema del «corpo delle donne» (espressione fortunatamente andata a male con la velocità di un vino scadente), ma eventualmente al problema delle donne, la cui versione senza corpo, di pura essenza, francamente mi sfugge. Passo da parecchi anni per femminista, per quanto la cosa non significhi niente di chiaro, ma credo di avere letto troppo poco sul femminismo per partecipare al dibattito storico.
Dall’esterno ho la sensazione che poche cause siano andate in aceto quanto il femminismo, inteso come movimento politico e di opinione per l’emancipazione della donna. La ragione di tutto questo ha a che fare forse con il vissuto delle femministe storiche, con la loro scarsa rappresentanza fuori dal movimento, con la capacità di distinguersi in infiniti rivoli per addette ai lavori, insegnare gender studies a Princeton, mentre là fuori c’è un mondo che sparecchia tre volte al giorno. I progressi ci sono, intendiamoci, sono enormi e quotidiani, ma la strada da fare è ancora tantissima e il tema resiste. Oh, se resiste! Quando un maschio quarantenne ospite a casa di amici, in Italia nel 2014, si alza dopo cena e carica la lavastoviglie, nella gran parte dei casi vede il proprio gesto accolto da festeggiamenti, risate, «tu sì che sei bravo», «un uomo da sposare». Non sono bravo né da sposare: è solo che mi sembra il minimo. Diciamo che il mio è un femminismo dello sparecchiamento.
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