Che cosa ha deciso il TAR su Stamina
Ha accolto il ricorso di Davide Vannoni e di conseguenza è sospesa la bocciatura del trattamento con staminali da parte dei commissari del ministero della Salute
Il TAR del Lazio ha sospeso il decreto con cui era stata nominata dal ministero della Salute la commissione che si era occupata del trattamento Stamina, il controverso “metodo” basato sulle staminali somministrato a decine di pazienti con malattie gravi, per lo più non curabili.
Il ricorso era stato presentato dal presidente di Stamina Foundation, Davide Vannoni. Avendo accolto il ricorso, di fatto il TAR ha anche sospeso il giudizio della Commissione, che aveva bocciato il trattamento Stamina stabilendo che non fosse proseguita la sua sperimentazione. Stamina Foundation aveva contestato la composizione della Commissione, accusando gli esperti che ne facevano parte di non essere imparziali e di essersi espressi già in passato sul trattamento prima di essere nominati.
Nell’ordinanza i giudici amministrativi dicono che ai lavori del Comitato scientifico per la sperimentazione “partecipino esperti, eventualmente anche stranieri, che sulla questione non abbiano già preso posizione o, se ciò non è possibile essendosi tutti gli esperti già esposti, che siano chiamati in seno al Comitato, in pari misura, anche coloro che si sono espressi in favore del metodo”. Il TAR scrive che “dai certificati medici non risulta che questi pazienti abbiano subito effetti negativi collaterali” e che “solo un’approfondita istruttoria in contraddittorio con chi afferma che il metodo non produce effetti negativi collaterali, potrà – ove a conclusione dei lavori si arrivasse a confermare il parere contrario all’inizio della sperimentazione – convincere anche i malati con patologie dall’esito certamente infausto, e che su tale metodo hanno riposto le ultime speranze, che il rimedio stesso non è almeno allo stato effettivamente praticabile”.
Il TAR dice inoltre che “la giusta preoccupazione del ministero della Salute e della Comunità scientifica è che non siano autorizzate procedure che creino solo illusioni di guarigione o di un miglioramento del tipo di vita e che si dimostrino invece nella pratica inutili o addirittura dannose”, per questo motivo sarebbe necessaria “un’istruttoria a tal punto approfondita da non lasciare più margini di dubbio, anche ai fautori del metodo in esame, ove il procedimento di concludesse negativamente, che il metodo non è, o almeno non è per il momento, praticabile”.
Il ministero della Salute ha annunciato che sarà istituito un nuovo comitato scientifico di esperti per occuparsi del trattamento Stamina. “Ho voluto attivare immediatamente le procedure per il nuovo Comitato perché ritengo che in questa vicenda non si possano lasciare i malati e le famiglie nel dubbio” ha detto il ministro della Salute Beatrice Lorenzin. Il ministero ha anche annunciato che sarà presentata l’impugnazione presso l’Avvocatura dello stato, l’organismo deputato alla tutela e alla rappresentanza dello stato delle pubbliche amministrazioni italiane nelle controversie legali.
A inizio ottobre il ministro aveva deciso di cancellare l’annunciata sperimentazione del trattamento Stamina in seguito agli approfondimenti della Commissione sulla sua potenziale pericolosità. Alla fine dello stesso mese alla Camera durante un “question time” aveva spiegato le conclusioni della Commissione.
Il comitato nominato per la sperimentazione doveva valutare non il funzionamento del trattamento ma la sua possibile applicazione, e cioè che ci fossero i parametri per dare il via alla sperimentazione così come previsto dalla normativa internazionale, anche con alcune deroghe precise. Queste deroghe però non potevano andare oltre due aspetti: la sicurezza dei pazienti e la ripetibilità del metodo. Purtroppo il comitato ha dato una valutazione negativa. A quel punto abbiamo chiesto all’Avvocatura dello Stato cosa dovesse fare il ministero, e l’Avvocatura ha risposto che non c’erano i presupposti per proseguire la sperimentazione.
Lunedì 2 dicembre la procura di Torino ha richiesto il rinvio a giudizio di Vannoni, accusato di presunte pressioni nei confronti della Giunta e del Consiglio regionale del Piemonte per ottenere un finanziamento di mezzo milione di euro nel 2007. I fondi furono inizialmente stanziati e poi bloccati dalla giunta di allora, presieduta da Mercedes Bresso (PD). Secondo il pubblico ministero Giancarlo Avenati Bassi si sarebbe trattato di tentata truffa.