Twitter ci rende stupidi
E anche Facebook, e anche Amazon: lo dice Jonathan Franzen con dotta prosa, e in molti (colleghi compresi) lo sfottono
Jonathan Franzen è uno scrittore americano di 54 anni, autore di quattro romanzi, uno dei quali, Le correzioni (The Corrections) lo ha reso famoso in tutto il mondo nel 2001, quando venne pubblicato (da Einaudi, in Italia). È sicuramente uno dei più importanti e più premiati scrittori americani degli ultimi anni, ed è a volte discusso per suoi interventi e scelte spesso polemici.
Il 13 settembre 2013 Franzen ha pubblicato sul quotidiano britannico Guardian un’anticipazione di un suo saggio, intitolato The Kraus Project, che uscirà il prossimo 1 ottobre. Il titolo dell’anticipazione, sul sito del Guardian, era “Cosa c’è che non va nel mondo moderno”: il contenuto è infatti un attacco a molte caratteristiche del mondo culturale ed economico contemporaneo. Non è la prima volta che Franzen esprime giudizi molto critici su questi temi e la sua opinione ha suscitato parecchie reazioni su Internet, gran parte delle quali contro di lui.
Nell’estratto pubblicato sul Guardian, Franzen parte dalla figura di Karl Kraus citata anche nel titolo del saggio: un celebre autore e polemista nella Vienna dei primi del Novecento. Per molti anni Kraus scrisse praticamente da solo una rivista, Die Fackel (“la fiaccola”), in cui esprimeva opinioni acutissime e polemiche su qualsiasi tema di attualità. Era celebre anche per le vivaci letture pubbliche dei suoi testi e fu una figura fondamentale nella vita della città, ai tempi in cui era uno dei centri della cultura europea. I suoi pensieri vengono spesso pubblicati in raccolte di aneddoti o aforismi (una delle più recenti pubblicate in Italia è Essere uomini è uno sbaglio, uscita lo scorso anno per Einaudi).
Franzen parte da un breve estratto della densa e complessa prosa di Kraus, sulla contrapposizione tra lo “spirito latino” che ama immergersi nel bello in ogni istante della propria vita quotidiana e quello “germanico” che invece bada più al contenuto. Fa quindi un parallelo piuttosto ardito, ma molto creativo, con la contrapposizione tra Mac e PC: il solo fatto di possedere un Mac e di utilizzarlo dà una certa aria di coolness, di “figaggine”, ed è effettivamente “un piacere in sé”, mentre nell’uso di qualche “sgraziato, pratico” PC, “l’unica cosa di cui godere è la qualità del lavoro in sé”.
(Luca Sofri, Mac e PC, la differenza tra un gatto e un ferro da stiro, 2002)
Franzen dice di provare un’ira e un fastidio simili a quelli di Kraus – indirizzati sempre contro le “brillanti autorità culturali di buona formazione”, come scrive Franzen, e mai al di fuori del suo stesso ambiente sociale e culturale – quando osserva quello che succede intorno a lui. Dopo di che passa ai nomi e cognomi:
Confesso di sentire una qualche versione del suo [di Kraus] disappunto quando un romanziere che credo avrebbe dovuto avere più saggezza, Salman Rushdie, soccombe a Twitter. O quando un magazine di carta impegnato politicamente e di cui ho rispetto, N+1, denigra i magazine cartacei perché “maschi” e allo stadio terminale, celebra Internet come “femmina” e si dimentica in qualche modo di considerare l’accelerata pauperizzazione degli scrittori freelance. O quando buoni professori di sinistra che una volta resistevano all’alienazione – che una volta criticavano il capitalismo per il suo attacco implacabile a ogni tradizione e a ogni comunità che si mette di traverso sulla sua strada – cominciano a chiamare l’Internet delle grandi aziende tecnologiche “rivoluzionaria”.
Il parallelismo continua con la situazione della Vienna del 1910, capitale dell’impero austro-ungarico alla vigilia del suo disfacimento, e l’America del 2013, “un altro impero indebolito che si racconta storie di eccezionalismo mentre scivola verso un qualche genere di apocalisse, fiscale o epidemiologica, climatico-ambientale o termonucleare”. Ma sembra non esserci interesse verso i problemi reali, scrive Franzen, come le guerre all’estero o il sistema sanitario: “quello su cui siamo tutti d’accordo, invece, è di consegnarci ai nuovi media e alle tecnologie cool, a Steve Jobs, Mark Zuckerberg e Jeff Bezos, lasciandoli fare profitti a nostre spese”.
Franzen dice che, mentre il progresso tecnologico è stato spettacolare, i gadget tecnologici sono usati soprattutto per fare cose stupide. “La cosa più impressionante, per me, del pensiero di Kraus, è quanto ha riconosciuto chiaramente e in anticipo la divergenza tra il progresso tecnologico e quello morale e spirituale”. Espone molto a lungo e con diversi esempi tutto il male che vede nella società tecnologica, di cui dimostra di non apprezzare quasi nulla, anche se dice di non considerarsi “un luddista”: “passo tutto il giorno, tutti i giorni, usando software e silicio, e il mio nuovo computer Lenovo mi affascina in ogni cosa tranne il nome”. Ma questo non gli impedisce di pensare, dice, che Twitter sia stupido, e di non credere nella retorica che accompagna il progresso tecnologico.
Con il tecno-consumismo, una retorica umanistica di “presa di potere” e “creatività” e “libertà” e “connessione” e “democrazia” è complice del franco monopolismo dei tecno-titani.
Tra questi “tecno-titani” c’è anche Amazon, a cui Franzen arriva dopo una lunga digressione autobiografica sui motivi di una “rabbia” che considera simile a quella di Kraus e sulla sua identificazione con lo scrittore austriaco (“volevo esporre le contraddizioni dell’America nel modo in cui lui aveva esposto quelle dell’Austria”). Come Kraus, anche lui prova una sensazione di “apocalisse imminente”:
Nel mio piccolo angolo del mondo, cioè la narrativa americana, Jeff Bezos di Amazon potrebbe non essere l’Anticristo, ma sembra sicuramente uno dei quattro cavalieri dell’Apocalisse. Amazon vuole un mondo in cui i libri sono autopubblicati o pubblicati da Amazon stessa, con lettori dipendenti dalle recensioni di Amazon nella scelta dei libri e autori responsabili della loro stessa promozione. In quel mondo, fiorirà il lavoro di cicalatori e cinguettatori [tweeters, gioco di parole] e spacconi, e quello di persone con i soldi per pagare qualcuno per sputare fuori centinaia di recensioni che danno cinque stelle. Ma cosa succede a chi è diventato scrittore perché il cicalio e il cinguettio e la spacconaggine gli sembrava una forma di rapporti sociali intollerabilmente vuota?
Il sistema promosso da Amazon, scrive Franzen, avrà l’effetto di far diventare una “specie in via di estinzione” il libro cartaceo e mette a rischio chi scrive recensioni in modo responsabile, i librai indipendenti e persino le catene più grandi. Riconosce che questo futuro “sembra un’apocalisse solo se gran parte dei tuoi amici sono scrittori, editori o librai”, anche se le cose potrebbero migliorare in futuro e abbastanza persone potrebbero tornare a volere con forza revisori affidabili e librai-editori che fanno prezzi più alti ma pagano meglio gli scrittori. Questo passaggio è stato molto citato – e la polemica nei confronti di Amazon non è nuova e si è svolta anche in Italia – ma diversi hanno fatto notare che il saggio di Franzen si può intanto già preordinare su Amazon.
La conclusione di Franzen è piuttosto dubitativa: se le cose non arriveranno al disastro per motivi ambientali o bellici – e il pericolo c’è, scrive – l’apocalisse potrebbe essere semplicemente “personale”: vivere in un mondo che mette al centro l’effimero e l’inutile, proposto continuamente dalla tecnologia, mentre tutto quello che c’è di importante viene messo da parte. Il progresso, che si basa sulla velocità del cambiamento, sembra indicare che andrà per forza così, e l’estratto del Guardian si conclude in questo modo (Gli ultimi giorni dell’umanità è il titolo di un famoso dramma satirico di Kraus):
L’esperienza di ciascuna delle generazioni che si succedono è così diversa da quella della precedente che ci saranno sempre persone a cui sembra che ogni connessione con i valori chiave del passato è andata perduta. Fin quando dura la modernità, tutti i giorni sembreranno a qualcuno come gli ultimi giorni dell’umanità.
Le reazioni al pezzo di Franzen – lungo e complesso, ma che vale la pena leggere – sono state, su Internet, tra il feroce e il derisorio. Salman Rushdie, chiamato direttamente in causa, ha risposto sarcasticamente a Franzen su Twitter nominando altri scrittori che lo utilizzano e invitandolo a “godersi la sua torre d’avorio”.
Dear #Franzen: @MargaretAtwood @JoyceCarolOates @nycnovel @NathanEnglander @Shteyngart and I are fine with Twitter. Enjoy your ivory tower.
— Salman Rushdie (@SalmanRushdie) September 16, 2013
Franzen non è nuovo a critiche dirette a Twitter – che definì “la versione stupida di Facebook”, già da lui “detestato” – e ai modi della diffusione della cultura contemporanea. L’episodio più noto riguarda la presentatrice televisiva più famosa degli Stati Uniti, Oprah Winfrey: Le correzioni fu scelto per la sezione del suo talk show di allora dedicato ai libri, il famoso Oprah Winfrey Book Club, e Franzen ebbe reazioni piuttosto contrastanti. Accettò di girare un servizio per il programma nella sua città natale, St. Louis, ma poi criticò le scelte letterarie del programma. Il suo invito per la trasmissione venne quindi ritirato. Da allora Oprah Winfrey e Franzen hanno fatto pace e Freedom, il suo ultimo romanzo, fu di nuovo scelto per il Book Club.
Un’altra reazione all’articolo di Franzen sul Guardian – una di quelle più garbate e comprensive – è stata pubblicata sul blog letterario del New Yorker, “Page-Turner”: la scrittrice Maria Bustillos ricorda “il dono di Franzen di far venire il nervoso alla gente” e lo prende in giro per aver fatto una caricatura di quello che è oggi l’America e di quali sono i meccanismi di Internet. In qualche modo lo scusa, dicendo che “è un nostalgico e vuole preservare i valori tradizionali e le pratiche del mondo del libro a ogni costo”. Soprattutto, Bustillos riconosce che Franzen è lo scrittore americano della sua generazione più bravo in circolazione, il più capace nel rappresentare il mondo di oggi quando si tratta di scrivere romanzi: “può essere uno sfigato [a dork], ma è assolutamente e soprattutto e in qualche modo magnificamente il nostro sfigato.” Aggiunge che forse è così facile prenderlo in giro e attaccarlo duramente – questo è un divertente pezzo di Slate che lo prende in giro per la sua nota passione per il bird-watching – perché non ha nessuna presenza su Internet e quindi non può replicare.
Franzen è, in breve, uno scrittore dotatissimo e dall’ottima prosa, un sopraffino saggista e, rarissima aves, un grande romanziere. Quello che non è: un esperto di Internet. È un profano a cui, tra l’altro, Internet non interessa poi così tanto! Non stupisce che i moltissimi che in questo campo sono meglio di lui arrivino in massa.
Foto: Katja Lenz/dapd