Chi era Pancho Villa
Uno dei personaggi più famosi della storia del Messico venne ucciso 90 anni fa, dopo una vita avventurosa
Il 20 luglio del 1923, l’ex bandito, ex rivoluzionario e per breve tempo possidente terriero Francisco “Pancho” Villa venne assassinato nella sua automobile in una città nel nord del Messico. Fu colpito da otto proiettili e venne ritrovato, ormai morto, con la mano tesa verso la pistola. Per dieci anni era stato uno degli eroi più controversi della lunga e rocambolesca rivoluzione messicana ma, tre anni prima di essere ucciso, aveva fatto pace con il governo, abbandonando la vita del guerrigliero e ritirandosi in una grande villa donatagli dal nuovo presidente del paese.
Francisco “Pancho” Villa nacque nel 1878 da una famiglia di poveri contadini. Secondo un racconto che lui stesso fece successivamente, quando aveva sedici anni uccise il proprietario di una grande fattoria – una di quelle che all’epoca si chiamavano haciendas – che aveva stuprato la sorella. Per sfuggire alla giustizia si rifugiò sulle montagne a nord del Messico e si unì a un gruppo di banditi.
Al di là di questo episodio, messo in dubbio dagli storici, di sicuro c’è che, ancora piuttosto giovane, Villa divenne uno dei criminali più famosi del nord del Messico. Guidava una banda piuttosto numerosa di ex contadini e altri fuorilegge. I suoi nemici principali erano i grandi proprietari di haciendas e questo gli procurò una certa fama tra i contadini più poveri e tra gli abitanti dei villaggi espropriati delle loro terre per fare largo ai grandi latifondi: ancora oggi, nell’immaginario popolare messicano, è celebrato come un difensore dei deboli.
Nel 1910 iniziò a partecipare alla rivoluzione messicana, che durò dieci anni e vide succedersi attraverso battaglie, colpi di stato e complotti un gran numero di presidenti, dittatori e generalissimi. La prima fase della rivoluzione cominciò quando il generale Porfirio Diaz, che, pur con qualche pausa, era al potere da 30 anni, vinse le elezioni battendo Francisco Madero, un ricco proprietario terriero. Madero accusò Diaz di aver truccato le elezioni e, con l’appoggio di altri latifondisti, iniziò una rivolta armata.
Madero promise che, una volta ottenuto il potere, avrebbe attuato una riforma agraria e così ottenne l’appoggio di una larga maggioranza di piccoli proprietari agrari e di contadini espropriati delle loro terre che entrarono a far parte del suo esercito rivoluzionario. Tra i primi ad appoggiare Madero ci fu anche Villa, che venne convinto da un emissario di Madero a schierare la sua banda di briganti con le forze rivoluzionarie.
Per tutti gli anni successivi Villa continuò a guidare la sua banda di briganti e guerriglieri sulle montagne a nord del Messico, sconfiggendo più volte l’esercito di Diaz, fino a diventare in concreto il padrone dello stato messicano del Chihuahua. Anche se non era sempre chiaro il confine tra le attività che Villa intraprendeva come generale rivoluzionario e quelle che compiva come capo di un banda di briganti. In quegli anni gli Stati Uniti appoggiavano apertamente Madeiro e Villa, che operava nelle zone non lontane dal confine, venne più volte rifornito di armi e munizioni dall’esercito americano. Villa e un altro generale, Emiliano Zapata, che guidava le armate ribelli nel sud del paese, apparivano sui giornali americani dipinti come una coppia di romantici ribelli.
La rivoluzione intanto proseguiva: Madeiro sconfisse Diaz, ma deluse le aspettative dei piccoli proprietari terrieri e quelle di molti capi guerriglieri, come Villa e Zapata. Prima che i suoi generali potessero ribellarsi, Madeiro venne assassinato da un altro generale, Victoriano Huerta, che si proclamò presidente. La guerra civile ricominciò nuovamente contro il nuovo presidente, con Villa di nuovo sulle sue montagne alla guida della sua banda di briganti e Zapata ed altri generali a sud.
L’esercito di Villa cresceva e diminuiva a seconda delle sue fortune nella guerra. Dopo qualche sconfitta si riduceva a una piccola banda di poche decine o centinaia di uomini che tornava a darsi al brigantaggio. Qualche vittoria contro le forze governative riportava con lui parecchi soldati, permettendogli di tornare di nuovo a minacciare le grandi città e le basi militari.
Nel 1916, dopo una di queste sconfitte, la banda di Villa fece un’incursione negli Stati Uniti, che nel frattempo avevano deciso di appoggiare un altro presidente e di tagliargli i rifornimenti. Villa rubò delle armi da un deposito militare e gli Stati Uniti inviarono una spedizione a dargli la caccia – fu la prima volta che l’esercito americano utilizzò aerei e camion in un’operazione militare.
Villa riuscì a fuggire, ma molti dei suoi comandanti furono uccisi. Senza gli aiuti americani la guerriglia era diventata quasi impossibile. Nel 1919 venne assassinato l’altro famoso comandante dei guerriglieri, Zapata, e Villa rimase uno dei pochi ad opporsi al governo dell’ennesimo nuovo presidente, Venustiano Carranza. Quando anche Carranza, che Villa considerava un nemico personale, venne assassinato da alcuni rivali politici, Villa fece sapere al nuovo governo di essere disposto a ritirarsi dalla guerriglia in cambio di un’amnistia.
Villa depose le armi nel 1920 e si ritirò in una grande hacienda di 25 mila acri (un centinaio di chilometri quadrati) donatagli dal governo – che gli elargì anche una cospicua pensione annua. Tre anni dopo venne ucciso mentre si stava recando nella città di Parral, vicino alla sua proprietà. Non si sa chi o perché decise di uccidere Villa, ma le versioni principali sono due. Secondo alcuni, Villa venne ucciso da un rivale politico perché aveva deciso di candidarsi a presidente del Messico. Secondo altre teorie, dietro il suo assassinio c’era una faida familiare cominciata durante la rivoluzione.
Grazie alla sua storia avventurosa, oggi Pancho Villa è famoso come uno dei grandi eroi della rivoluzione messicana. Gli sono stati dedicati numerosi film (l’ultimo, diretto da Emir Kusturica, è attualmente in lavorazione) ed anche parecchie statue, che lo raffigurano al galoppo, con la pistola in mano e il classico sombrero che gli svolazza alle spalle.