Sono stati bruciati quadri di Monet e Picasso?
Una donna rumena ha detto di aver bruciato nel forno sette quadri rubati in Olanda mesi fa: e gli esami delle ceneri sembrano confermarlo
Mercoledì 17 luglio il direttore del Museo di Storia Nazionale rumeno Ernest Oberlander-Tarnoveanu ha annunciato che la cenere trovata nel forno di una donna rumena, il cui figlio è accusato di un furto di quadri in Olanda, contiene resti di tela e pittura. Questo potrebbe confermare le dichiarazioni che la donna aveva fatto su alcuni famosi capolavori.
Lei si chiama Olga Dogaru e vive da sempre nel piccolo villaggio rumeno di Carcaliu, circa tremila abitanti nell’est del paese, a poca distanza dal Mar Nero. È la madre del 28enne Radu Dogaru, attualmente in carcere in Romania insieme ad altri due sospettati con l’accusa di aver rubato sette dipinti dal museo Kunsthal di Rotterdam nell’ottobre del 2012. Fu uno dei più gravi furti di opere d’arte in Olanda: vennero rubati un Picasso, un Gauguin, un de Haan, un Matisse, un quadro di Lucian Freud del 2002 e due di Claude Monet.
Olga Dogaru disse alla polizia rumena di essersi spaventata dopo l’arresto del figlio a gennaio 2013: per questo cercò di far sparire le prove, prima nascondendo il grosso sacco di plastica con le sette opere a casa di sua sorella, poi seppellendolo in una casa abbandonata, infine nel cimitero del paesino in cui vive. Poi la polizia cominciò una serie di perquisizioni a Carcaliu, alla ricerca delle opere d’arte, e lei non riusciva a rimanere tranquilla. Disseppellì i quadri e, in una notte di febbraio del 2013 li bruciò nel forno alimentato a legna con cui riscaldava la sauna di casa sua. Insieme ai quadri bruciò un suo paio di pantofole e alcune scarpe di plastica, poi rimosse la cenere e la mise in giardino, in una carriola.
La polizia era inizialmente dubbiosa sulla ricostruzione della donna, ma a marzo inviò la cenere trovata nel forno agli esperti del Museo di Storia Nazionale. Il 17 luglio sono stati annunciati i primi risultati: sono state trovate tracce di materiali usati normalmente per la preparazione della tela, di colori e di chiodi, oltre a sostanze chimiche usate nei colori come piombo e zinco.
Alcuni di questi materiali che è possibile datare, ha detto il direttore del museo, risalgono a prima del XX secolo: ad esempio chiodi di rame che sembrano prodotti con le tecniche di fabbricazione precedenti alla Rivoluzione Industriale e che sarebbero “impossibili da falsificare”, oppure un particolare pigmento, la lazurite, che dopo l’Ottocento non venne più usato perché tossico. Come aggiunge il New York Times, sarà però quasi impossibile identificare resti del Picasso e del Matisse, perché creati con pastello e inchiostro su carta e quindi più delicati degli altri.
Il direttore del museo non ha detto che i resti sono certamente dei quadri rubati in Olanda, aggiungendo che quella conclusione spetta alla magistratura, ma ha “un cattivo presentimento” e che, se così fosse, si tratterebbe di un “crimine contro l’umanità”.
Il furto
Intorno alle 3 del mattino del 16 ottobre 2012, sette quadri vennero rubati al museo Kunsthal di Rotterdam. I ladri misero temporaneamente fuori uso l’allarme, poi due di loro entrarono da una porta di emergenza sul retro del museo, staccarono le tele dal muro e se ne andarono in meno di due minuti. Le opere facevano parte della collezione di un ricco investitore olandese, Willem Cordia, e sarebbero rimaste al Kunsthal per una sola settimana.
I dipinti rubati erano quasi tutti opere di autori molto famosi: un Picasso (“Testa di Arlecchino”, 1971), un Gauguin (“Ragazza davanti a una finestra aperta”, 1898), un Matisse (“Ragazza che legge in bianco e giallo”, 1919), un quadro di Lucian Freud del 2002 (“Donna con gli occhi chiusi”) e due di Claude Monet (“Il ponte di Waterloo a Londra” e “Il ponte di Charing Cross a Londra”). Il settimo quadro era un autoritratto del pittore olandese Meyer de Haan, del 1890 circa.
In caso di vendita all’asta, il valore complessivo delle opere sarebbe stato di decine di milioni di euro, ma i ladri si accorsero probabilmente che la vendita di quadri celebri rubati è quasi impossibile, perché è difficile trovare qualcuno disposto a diventare proprietario di opere di questa importanza e valore di cui manca tutta la documentazione che ne certifica l’autenticità e la provenienza legale, oltre a essere il risultato di un furto.
Mai rubare un capolavoro
Anche se furti come quello di Rotterdam continuano a succedere con una certa frequenza (più o meno una volta l’anno) nella maggior parte dei casi le opere vengono ritrovate, spesso ancora in possesso dei ladri. Ad esempio una delle prime versioni del celebre Urlo di Munch – in totale ne esistono quattro – venne rubata due volte, nel 1994 e nel 2004, e due volte ritrovata. Un altro recupero celebre è quello della Gioconda, che venne rubata nel 1911 e ritrovata due anni dopo: era stato portato via sotto un cappotto da un dipendente italiano del Louvre, Vincenzo Peruggia, che pensava che l’opera dovesse tornare in Italia. Peruggia, dopo essersela tenuta sotto il letto per mesi, provò a venderla al direttore degli Uffizi di Firenze, che naturalmente allertò le autorità e recuperò il quadro.
Ci sono poi i casi in cui le cose non vanno così lisce e i quadri finiscono danneggiati o persino distrutti. Al momento del secondo recupero dell’Urlo di Munch, infatti, sulla tela c’erano strappi ed era danneggiata dall’acqua. In un caso raccontato ad Associated Press da Chris Marinello dell’Art Loss Register (un’associazione no profit di Londra che tiene traccia delle opere d’arte rubate nel mondo) la madre di Stephane Breitwieser, un ladro d’arte francese alla fine degli anni Novanta, distrusse molte delle circa 200 opere rubate dal figlio in parecchi piccoli musei europei mentre la polizia investigava su di lui.
In Italia la Natività del Caravaggio, rubata a Palermo nella notte tra il 17 e il 18 ottobre del 1969, non è stata mai ritrovata. Periodicamente, nei racconti di pentiti di mafia, è stato raccontato alle autorità che la grande tela è stata distrutta, bruciata o addirittura mangiata dagli animali in una stalla in cui era nascosta. Che cosa sia successo non si è mai scoperto con certezza, ma tutte le informazioni portano a dire che il quadro non sia mai rientrato nel mercato dell’arte e non sia stato venduto.