La casa di Anna Frank di Amsterdam dovrà restituire i suoi archivi
Una sentenza ha stabilito che debba tornare tutto alla fondazione svizzera creata dal padre della ragazza ebrea
La casa-museo di Anna Frank ad Amsterdam dovrà restituire i suoi archivi – che appartengono alla famiglia della ragazza ebrea morta a 15 anni nel campo di sterminio nazista di Belsen, autrice di un famoso diario autobiografico – alla Fondazione Frank di Basilea. Lo ha deciso il tribunale di Amsterdam al termine di una battaglia legale di cui il museo dovrà pagare anche le spese.
Ci sono due diverse fondazioni che si occupano di gestire i documenti e la memoria di Anna Frank: la prima è la Casa Anna Frank, è olandese, è nata nel 1957 e amministra il museo che è stato allestito in parte dell’abitazione dove la famiglia Frank si nascose per due anni, dal 1942 al 1944, durante l’occupazione tedesca dei Paesi Bassi; la seconda è una Fondazione svizzera (Anne Frank Fonds) che gestisce i diritti d’autore del famoso “Diario” e che venne creata nel 1963 grazie al padre di Anna, Otto Frank, unico sopravvissuto ai campi di concentramento dove la famiglia fu deportata quando venne scoperto il loro rifugio.
Le due associazioni hanno lavorato insieme per molti anni, soprattutto per impedire speculazioni commerciali sul nome di Anna Frank, ma negli anni Novanta sono iniziate le prime divergenze. Una delle più importanti battaglie legali era iniziata nel 2011 e riguardava la gestione di circa 10 mila documenti d’archivio, lettere e fotografie, che ognuna delle due entità rivendicava come propri. La fondazione svizzera li aveva prestati nel 2007 al museo olandese che li aveva esposti e non li aveva più restituiti sostenendo di essere il legittimo proprietario. Nella sua sentenza, il tribunale ha stabilito invece che l’archivio dovrà tornare a Basilea dal primo gennaio 2014. Il caso non ha coinvolto il “Diario” che appartiene allo Stato olandese ed è stato affidato alla casa-museo in prestito permanente.
Dopo la lettura della sentenza Yves Kugelmann, portavoce dell’associazione svizzera, ha dichiarato: «La proprietà è chiara. L’intera questione non era complicata. La Casa di Anna Frank non ha alcuna legittimità, non ha connessioni con la famiglia, non è l’erede». La fondazione di Amsterdam non ha ancora escluso la possibilità di presentare ricorso, ma il direttore Ronald Leopold ha detto: «Trovo profondamente deplorevole che le due organizzazioni siano state in contrasto fra loro, tanto da finire in tribunale. Speriamo che con questa sentenza ci si possa lasciare tutto alle spalle».
A dividere le due fondazioni ci sono però anche questioni più profonde che riguardano l’immagine stessa della ragazza per le nuove generazioni: la fondazione svizzera sostiene che la Casa ha trasformato Anna in un’icona fuori da ogni contesto, slegando la sua storia da quella dei milioni di ebrei morti durante l’Olocausto. A sua volta, l’associazione del museo sostiene che la sua interpretazione di Anna è in linea con i desideri del padre, che ha passato il resto della sua vita a diffondere il messaggio di tolleranza che la figlia rappresentava.
Foto: una copia del Diario di Anna Frank
esposto in un museo di Indianapolis (AP Photo/Michael Conroy)