Sempre meno poveri
L'Economist spiega perché la percentuale di persone sotto la soglia di povertà estrema si è dimezzata dal 1990 a oggi, e perché probabilmente scenderà ancora
Nel suo lungo articolo di copertina di questa settimana, l’Economist scrive che la lotta contro la povertà nel mondo sta andando sostanzialmente molto bene, e sintetizza questa tesi in un titolo audace: “Verso la fine della povertà”. L’Economist racconta che il primo degli “obiettivi di sviluppo del millennio” stabiliti nel 2000 dall’ONU – ridurre della metà entro il 2015 la percentuale di persone che vivono in condizioni di povertà estrema, rispetto al 1990 – è stato parzialmente raggiunto nel 2010, confermando sostanzialmente i dati del 2008, con cinque anni di anticipo: nel 1990, infatti, il 43 per cento della popolazione mondiale, circa 1,9 miliardi di persone viveva con meno di un dollaro al giorno; nel 2010 viveva con meno di 1,25 dollari (la soglia è stata aggiornata) il 21 per cento della popolazione mondiale, cioè circa 1,1 miliardi di persone.
Gli obiettivi totali dell’ONU sono otto, e riguardano lo sviluppo economico, culturale e sociale della popolazione mondiale. Sono stati sottoscritti nel 2000 da 193 paesi membri dell’ONU e da 28 organizzazioni internazionali durante una conferenza a New York. Sono tutti molto generici, ma si articolano al loro interno in obiettivi più precisi: il primo di questi, “sradicare la povertà estrema”, comprende anche la riduzione della metà della percentuale di persone che soffrono la fame e maggiori garanzie di un lavoro dignitoso per tutti. Nel corso del 2013 verranno stabiliti i prossimi obbiettivi, che dovranno essere raggiunti nel 2030.
La soglia di reddito giornaliero sotto la quale si parla di “povertà estrema” – 1,25 dollari al giorno – può sembrare molto bassa perchè è calcolata in base a quella dei quindici paesi più poveri del mondo. Negli Stati Uniti la soglia è 63 dollari al giorno per una famiglia di quattro persone; nei paesi in via di sviluppo come l’India e la maggior parte dei paesi africani è 4 dollari al giorno per persona. Benchè il criterio sia esclusivamente economico, si stima però che alle persone al di sotto di queste soglie manchino anche le condizioni sanitarie e culturali necessarie per condurre un’esistenza dignitosa.
Secondo l’Economist il merito della riduzione della povertà estrema va attribuito solo in parte alla lista di obiettivi compilata nel 2000, che ha contribuito principalmente a rendere pubblico il problema e a vincolare i paesi a un impegno scritto. L’Economist individua nella diffusione del capitalismo e del libero mercato la vera causa di questo successo, sottolineando che fino alla recente crisi economica l’economia mondiale è stata in costante crescita e che anche le disuguaglianze sociali sono diminuite. La crescita economica di molti paesi poveri e in via di sviluppo ha permesso a un vasto numero di persone di uscire dalla povertà, grazie ai nuovi posti di lavoro o alle risorse che i governi hanno potuto investire nei programmi di welfare.
In particolare, l’Economist stima che la crescita economica di una nazione contribuisca in media per circa due terzi alla riduzione della povertà della sua popolazione, mentre il rimanente terzo è attribuito alla redistribuzione della ricchezza, la cui equità varia però di paese in paese: in una nazione in cui la diseguaglianza sociale è già molto forte un aumento delle entrate dell’1 per cento riduce la povertà dello 0,6 per cento, mentre in un paese più equo lo stesso aumento delle entrate produce la riduzione del 4,3 per cento della povertà.
La Cina è stata responsabile da sola di circa tre quarti del dimezzamento della percentuale della popolazione mondiale sotto la soglia della povertà. La sua economia è cresciuta moltissimo e in poco tempo, e anche se la disuguaglianza sociale è aumentata l’estrema povertà sta sparendo: nel 1981 l’84 per cento delle persone viveva con meno di un dollaro al giorno, mentre nel 2010 solo il 10 per cento della popolazione guadagna meno di 1,25 dollari al giorno. Ci sono molti più ricchi ma anche molti meno poveri, insomma.
Il prossimo obiettivo
Secondo alcune stime entro il 2030 il numero delle persone in condizione di povertà estrema potrebbe scendere ulteriormente, seppure con maggiori difficoltà: molto dipenderà da ciò che faranno i paesi in via di sviluppo, soprattutto l’India e la maggior parte dei paesi africani. Per raggiungere un ulteriore dimezzamento dovranno continuare a crescere con lo stesso tasso dei primi anni Duemila e garantire maggior equità sociale, cosa al momento non scontata.
L’Economist ritiene che stavolta siano maggiori le probabilità di fallire piuttosto che di raggiungere l’obiettivo, ma che nei prossimi anni un nuovo fattore potrebbe risultare decisivo: l’utilizzo della tecnologia. Dato che il numero effettivo delle persone sotto la soglia mondiale della povertà è comunque destinato a scendere, sarà sempre più facile censirle e quindi finanziare progetti sociali mirati, oltre a utilizzare le risorse economiche con maggiore precisione. Potrebbero esserci meno soldi da investire, insomma, ma utilizzati meglio.
foto: Oli Scarff/Getty Images