La battaglia di Aleppo, quinto giorno
Sia i ribelli siriani che il regime dicono di avere la situazione sotto controllo, il Guardian ha sentito un capo di al Qaida che combatte Assad «in incognito»
In Siria le forze ribelli e l’esercito continuano a combattere per ottenere il controllo della città di Aleppo, il centro economico più importante del paese. In un video girato dall’agenzia di stampa Reuters i ribelli proclamano di avere ottenuto il controllo della città. La tv di stato siriana, invece, ha più volte annunciato che le forze del regime guadagnano terreno e sono vicine alla vittoria. Altre testimonianze raccontano di una situazione incerta e scontri ancora in corso in quella che è stata definita, da un giornale vicino al regime, “la madre di tutte le battaglie“.
Ieri notte, dopo un combattimento di ore, i ribelli sono riusciti a prendere il controllo delle stazioni di polizia di Salihin e Bab al-Neyrab. Le forze di terra siriane hanno attaccato i quartieri di Salaheddine e Seif al-Dawla, in mano all’opposizione fin dall’inizio degli scontri. Secondo l’Osservatorio per i diritti umani in Siria, che ha sede in Gran Bretagna, più di 300 persone sono morte dall’inizio degli scontri in città e circa il 70 per cento dei cittadini di Aleppo è già fuggito. L’ONU ha detto che 200.000 persone sono fuggite da Aleppo durante il fine settimana.
Intanto il Guardian scrive che al Qaida combatte a fianco dei ribelli siriani, mettendo a disposizione la sua esperienza nella fabbricazione di ordigni esplosivi e autobombe. «Alcune persone hanno paura di sventolare la bandiera nera», ha raccontato al quotidiano britannico Abu Khunder, comandante di una truppa di jihadisti, «temono che l’America decida di intervenire per combattere contro di noi. Per questo combattiamo in incognito». «All’inizio eravamo in pochi», ha aggiunto, «ora, grazie ad Allah, ci sono immigrati che si stanno unendo a noi, portando la loro esperienza. Uomini provenienti da Yemen, Arabia Saudita, Iraq e Giordania». L’obiettivo di al Qaida è «creare uno Stato islamico e non uno Stato siriano», ha concluso.
Amnesty International ha accusato il regime di Assad di essere responsabile di gravi violazioni dei diritti umani, mentre l’Assemblea generale delle Nazioni Unite voterà giovedì una bozza di risoluzione in cui si chiede che tutte le parti in lotta del paese cessino immediatamente di combattere, oltre a incoraggiare il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ad adottare misure adeguate a condannare gli autori di violenze contro la popolazione. Nel documento si chiede poi una transizione verso un regime democratico e pluralistico.
foto: AHMAD GHARABLI/AFP/GettyImages