I primi due giorni di Dracula
Cento anni fa è morto Bram Stoker: Einaudi ripubblica il suo romanzo più famoso e il Post ve ne fa leggere l'inizio, che alla fine conosciamo quasi tutti solo i film
Bram Stoker è un romanziere irlandese famoso soprattutto per aver scritto Dracula, il romanzo gotico pubblicato nel 1897 che diffuse nell’immaginario collettivo il personaggio del vampiro. Stoker nacque a Dublino l’8 novembre 1847 e morì a Londra il 20 aprile 1912, cent’anni fa. Dopo essersi trasferito a Londra lavorò a lungo come assistente personale dell’attore Henry Irving, uno dei più famosi del tempo, e fu il direttore finanziario del Lyceum Theatre di Londra – di cui Irving era proprietario – dal 1878 al 1898.
Il romanzo è ambientato nel 1890 e racconta il tentativo del conte Dracula di lasciare la Transilvania e stabilirsi a Londra e quello parallelo di un gruppo di uomini e donne guidati dal professore Abraham Van Helsing, che vuole fermarlo. Il racconto è narrato attraverso lettere, diari, stralci di giornale, diari di bordo e telegrammi scambiati tra i protagonisti, così da aumentarne il realismo. Stoker non visitò mai l’Europa dell’Est – dove si svolge parte della storia – ma ha condotto per anni approfondite ricerche sui vampiri nella storia e nel folklore europeo. Non fu Stoker a inventare i vampiri, che erano già presenti in miti e storie popolari ed erano comparsi anche in opere come La sposa di Corinto (1797) di Wolfgang Goethe o nel romanzo Il Vampiro di John William Polidori, medico e amico di Lord Byron (il romanzo venne pubblicato a nome di quest’ultimo, nel 1819). Stoker però ridisegnò il personaggio e lanciò la figura del conte Dracula, che da allora è stata ripresa in più di 160 film, oltre che rappresentazioni teatrali, racconti, romanzi e serie tv. Nel 1922 il regista tedesco Friedrich Wilhelm Murnau girò Nosferatu il vampiro, uno dei primi film dedicati al Conte, mentre la versione cinematografica più famosa è quella del 1992 di Francis Ford Coppola con Gary Oldman nella parte di Dracula, Winona Ryder, Keanu Reeves e Anthony Hopkins.
In occasione del centenario della morte di Stoker, Einaudi ha ripubblicato il romanzo (qui in formato ebook): di seguito le prime pagine.
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Diario di Jonathan Harker. (in stenografia)
3 maggio, Bistrita Partito da Monaco alle 20.35 del primo maggio, arrivato a Vienna di buon’ora il mattino dopo; saremmo dovuti arrivare alle 6.46, ma il treno viaggiava con un’ora di ritardo. A giudicare da quel poco che ho potuto vedere dal treno, e che ho potuto girare, Budapest mi sembra un posto splendido. Avevo paura di allontanarmi troppo dalla stazione, poiché, arrivati in ritardo, saremmo ripartiti quanto piú possibile in orario. Ho avuto l’impressione di lasciare l’Occidente per entrare in Oriente; infatti il piú occidentale dei magnifici ponti sul Danubio, che qui assume profondità e ampiezza imponenti, ci conduceva fra le tradizioni del regno turco.
Siamo ripartiti quasi in perfetto orario, e siamo arrivati a Klausenburg dopo il tramonto. Qui ho pernottato all’Hotel Royale, dove per cena, una cena piuttosto tardiva, ho mangiato del pollo al peperoncino, molto buono, ma che mi ha messo sete. (Mem., farmi dare la ricetta per Mina). Ho chiesto lumi al cameriere, il quale mi ha spiegato che si chiama paprika hendl e che, trattandosi di un piatto nazionale, avrei potuto trovarlo ovunque nei Carpazi. La mia infarinatura di tedesco si è rivelata molto utile qui: a dire il vero, non so come avrei fatto senza. Di passaggio a Londra, avendo del tempo a disposizione, avevo visitato il British Museum nella cui biblioteca avevo fatto delle ricerche tra i libri e le carte sulla Transilvania; mi era sembrato che una certa conoscenza del paese potesse servirmi, dovendo avere a che fare con un nobile del luogo. Ho scoperto che la regione cui egli aveva accennato si trova al confine orientale del paese, alla convergenza di tre stati, Transilvania, Moldavia e Bucovina, nel cuore dei monti Carpazi; una delle zone piú selvagge e meno conosciute d’Europa. Non sono riuscito a scovare alcuna cartina o volume con l’esatta ubicazione di Castel Dracula, poiché le carte geografiche di questo paese non sono ancora paragonabili alle nostre carte topografiche militari; ho scoperto, però, che Bistrita, la stazione commerciale citata dal Conte Dracula, è una cittadina abbastanza nota. Riporto qui alcuni appunti che potranno aiutare la mia memoria quando parlerò del viaggio con Mina.
La popolazione della Transilvania comprende quattro nazionalità diverse: a sud i Sassoni, mescolati ai Valacchi, discendenti dei Daci; a ovest i Magiari, e i Seghedini a est e a nord. Io sono diretto fra questi ultimi, i quali sostengono di discendere da Attila e dagli Unni. Può essere, poiché, quando i Magiari conquistarono il paese nell’xi secolo, vi trovarono già insediati gli Unni. Ho letto che tutte le superstizioni che esistono al mondo sono racchiuse nel ferro di cavallo dei Carpazi, quasi costituisse il centro di una specie di vortice immaginario; se cosí fosse, la mia permanenza qui potrebbe rivelarsi assai interessante. (Mem., chiedere al Conte di parlarmene).
Malgrado il mio letto fosse abbastanza comodo, non ho dormito bene, perché ho fatto ogni sorta di sogni strani. Forse è stata colpa di un cane che ha abbaiato per tutta la notte sotto la mia finestra, o forse della paprika, che mi ha costretto a bere tutta l’acqua della mia caraffa, senza peraltro riuscire a togliermi la sete. Ho preso sonno verso mattino e sono stato svegliato da un bussare continuo alla porta, il che mi fa pensare che stessi dormendo profondamente a quell’ora. Per colazione ho mangiato di nuovo paprika, quindi una specie di polenta di farina di mais detta mamaliga, e melanzane bianche ripiene, un piatto gustosissimo che chiamano impletata. (Mem., chiedere la ricetta anche di questo). Mi sono dovuto sbrigare a colazione perché il treno partiva qualche minuto prima delle otto, o meglio sarebbe dovuto partire, dato che, dopo essermi affrettato per arrivare alla stazione alle 7.30, mi è toccato aspettare seduto in carrozza per piú di un’ora prima che cominciassimo a muoverci. Mi sembra che piú a est si vada, meno puntuali siano i treni. Chissà come saranno in Cina!?
Per tutta la giornata sembrava quasi di gironzolare per un paese rigoglioso di ogni tipo di bellezza. Talvolta capitava di scorgere paesi o castelli in cima a ripidi colli simili a quelli che si vedono in antichi messali; talvolta di correre lungo fiumi e torrenti che, a giudicare dagli ampi argini pietrosi su entrambe le sponde, devono andare soggetti a grandi piene. Occorrono i flussi potenti di tanta acqua per spazzare, spogliandola, la sponda di un fiume. A ogni stazione vi erano gruppi di persone, talvolta veri e propri affollamenti, abbigliati nei modi piú disparati. Alcuni erano del tutto simili ai nostri contadini o a quelli che ho visto attraversando Francia e Germania, con le loro giacchette corte, i cappelli tondi e i pantaloni fatti in casa; ma altri erano molto pittoreschi.
Le donne, se non le guardavi da vicino, sembravano graziose, ma avevano tutte fianchi molto sgraziati. Tutte avevano ampie maniche bianche di varie fogge e la maggior parte di esse portava delle grandi cinture dalle quali svolazzavano lunghe strisce di un qualche tessuto alla maniera delle vesti delle ballerine; ma sotto, naturalmente, portavano delle sottane. I personaggi piú singolari tra tutti quelli che abbiamo visto erano gli Slovacchi, veri e propri barbari rispetto agli altri, con i loro grandi cappelli da mandriano, ampi calzoni bianco-sporco, camicie di lino e pesanti cinturoni di pelle alti una trentina di centimetri, guarniti di borchie di ottone. Calzavano alti stivali nei quali rimboccavano i pantaloni e avevano lunghi capelli e folti baffi neri. Sono molto pittoreschi, ma non ispirano grande simpatia. Su di un palcoscenico li scambieresti subito per qualche vecchia banda di briganti orientali. Mi dicono tuttavia che siano persone del tutto innocue e piuttosto carenti nella capacità di affermare il proprio io.
Il crepuscolo cedeva al buio della notte quando siamo arrivati a Bistrita, che è una vecchia cittadina molto interessante. Trovandosi praticamente sul confine – è collegata alla Bucovina dal Passo Borgo – ha vissuto un’esistenza molto tormentata di cui porta segni evidenti. Cinquant’anni fa è scoppiata una serie di grandi incendi che hanno seminato distruzione in cinque occasioni diverse. Nel primo Ottocento ha subito un assedio di tre settimane nel quale sono morte tredicimila anime fra vittime di guerra e vittime di inedia e malattia.
Il Conte Dracula mi aveva dato istruzione di recarmi presso l’albergo Golden Krone che ho scoperto essere decisamente all’antica, con grande piacere: è chiaro che desidero conoscere tutto quanto mi è possibile delle usanze locali. Certamente, ero atteso: avvicinandomi alla porta d’ingresso mi sono trovato davanti un’anziana signora dall’aspetto allegro vestita con i soliti abiti contadini, una sottana bianca con sopra un lungo grembiule doppio, bianco davanti e dietro di stoffa colorata, forse un po’ troppo stretto per potersi dire pudico. Al mio avvicinarsi, ella si è inchinata, domandandomi «Der Herr inglese?» «Sí, – ho risposto, – sono Jonathan Harker». Ella ha sorriso e ha borbottato qualcosa a un anziano signore in maniche di camicia bianca che l’aveva seguita alla porta. Egli si è allontanato per poi tornare immediatamente con una lettera:
Amico mio, benvenuto nei Carpazi. Vi aspetto con ansia. Dormite bene questa notte. Domani alle tre parte la diligenza per Bucovina, sulla quale troverete un posto riservato per voi. La mia carrozza vi attenderà al Passo Borgo e vi condurrà da me. Spero che il vostro viaggio da Londra sia stato gradevole e che apprezzerete la vostra permanenza nel mio bel paese. Il vostro amico,
Dracula
4 maggio
Sono venuto a sapere che il mio oste aveva ricevuto una lettera dal Conte incaricandolo di riservarmi il posto migliore sulla diligenza; ma quando ho cercato di avere maggiori ragguagli, egli è sembrato piuttosto reticente, fingendo di non comprendere il mio tedesco. Ciò non poteva essere, perché fino ad allora lo aveva compreso perfettamente o, per lo meno, aveva sempre risposto alle mie domande come se lo comprendesse. Tra lui e sua moglie, la signora anziana che mi aveva accolto, intercorrevano sguardi in qualche modo intimoriti. Borbottava che il denaro era stato inviato per lettera ed era tutto quel che sapeva. Quando gli ho domandato se conoscesse il Conte Dracula e se sapesse dirmi qualcosa del castello di costui si è fatto il segno della croce, e sua moglie con lui. Affermando di non sapere assolutamente nulla, i due si sono semplicemente rifiutati di aggiungere altro. L’ora della partenza era cosí vicina che non ho avuto tempo di informarmi presso altri, ma il tutto rimaneva molto misterioso e decisamente poco rassicurante.
Proprio prima che partissi, la signora anziana è salita nella mia camera e mi ha detto assai sconvolta: «Dovete proprio andare? Oh, giovane Herr, dovete proprio andare?» Era in un tale stato di eccitazione che sembrava aver perso la padronanza del poco tedesco che conosceva, mischiandolo a una qualche altra lingua che non comprendevo per nulla. Sono riuscito a seguirla solo facendole molte domande. Quando le ho detto che dovevo partire immediatamente e che ero impegnato in affari molto importanti, ella mi ha fatto un’altra domanda: «Sapete che giorno è?» Ho risposto che era il quattro di maggio. Scuotendo il capo, ha detto ancora: «Oh sí! Questo lo so, lo so! Ma sapete che giorno è oggi?» Le ho risposto che non comprendevo ed ella di rimando: «È la vigilia del giorno di san Giorgio. Non sapete che questa notte, quando l’orologio batterà dodici rintocchi, tutto quel che di malvagio esiste al mondo avrà completo dominio? Ma voi sapete dove e verso che cosa state andando?» Era talmente angosciata che ho tentato di consolarla, ma senza effetto. Infine si è piegata sulle ginocchia, implorandomi di non andare via, o almeno di attendere qualche giorno prima di partire. Era una scena molto ridicola, eppure non mi sentivo a mio agio.
Comunque, c’erano degli affari da sbrigare e non potevo permettere che qualcosa vi interferisse. Ho cercato di farla rialzare; poi, con il tono piú grave di cui ero capace, l’ho ringraziata, dicendole però che non potevo sottrarmi ai miei obblighi e che dovevo assolutamente andare. Ella si è rizzata, si è asciugata gli occhi e, togliendosi un crocifisso che portava al collo, me lo ha dato in dono. Io non sapevo come comportarmi in quanto, essendo anglicano praticante, mi era stato insegnato a considerare tali oggetti in qualche misura idolatrici; tuttavia, mi sembrava molto scortese opporre un rifiuto a una vecchia cosí ben intenzionata, nello stato d’animo in cui si trovava. Ella, suppongo, ha letto il dubbio sul mio volto perché mi ha messo il rosario al collo, dicendomi, «Per amore di vostra madre», ed è poi uscita dalla stanza. Sto compilando questa parte del diario mentre sono in attesa della diligenza che, naturalmente, è in ritardo: e il crocifisso l’ho ancora al collo. Non so se è colpa del timore della vecchia, ma non mi sento del tutto sereno. Se questo diario dovesse mai giungere a Mina prima di me, che le porti il mio addio. Ecco la diligenza che arriva!
Foto: Bram Stoker (Hulton Archive/Getty Images)