La Chiesa e la contraccezione
Breve storia di un rapporto complicato, tornato d'attualità negli Stati Uniti dopo il compromesso trovato da Obama sulla copertura sanitaria nelle organizzazioni religiose
Dopo mesi di polemiche, lo scorso venerdì il presidente statunitense Barack Obama ha annunciato un compromesso sulla copertura assicurativa degli strumenti contraccettivi: saranno le compagnie assicurative e non direttamente i datori di lavoro rappresentati dalle organizzazioni religiose (come stabilito in precedenza) a includerli nei piani di assistenza sanitaria delle loro dipendenti.
Will Oremus di Slate, all’interno della celebre rubrica The Explainer, coglie l’occasione per ripercorrere brevemente la storia della contraccezione e cercare di capire se la condanna di questa pratica sia sempre stata diffusa e condivisa nella religione cristiana, cosa che sembra essere esclusa dal fatto che la Bibbia non ne parla mai esplicitamente.
I tentativi di controllare le nascite erano ampiamente diffusi in Mesopotamia e nell’antico Egitto, come testimoniano alcuni documenti. Tra questi, un papiro del 1850 a.C. circa, in cui vengono descritti delle specie di diaframmi fatti di gomma arabica, che ha effettivamente delle qualità spermicide. Il papiro parla anche di una miscela di miele e carbonato di sodio che veniva applicata all’interno della vagina, e di un altro tipo di diaframma fatto di sterco di coccodrillo. Uno dei metodi più diffusi e rudimentali per controllare le nascite – tuttora usato in molti paesi del Terzo mondo – era prolungare l’allattamento, cosa che blocca il flusso mestruale fungendo da contraccettivo naturale. Sempre in Egitto sono stati ritrovati degli antichi disegni che raffigurano uomini con indosso capsule simili a preservativi, ma non è chiaro se questi venissero usati come contraccettivi o decorazioni cerimoniali.
Oremus racconta che san Clemente da Alessandria fu forse il primo a vietare esplicitamente la contraccezione nel mondo cristiano. Nel 191 d.C. Clemente scrisse che “considerato l’ordine dato da Dio agli uomini di moltiplicarsi, il seme non dev’essere eiaculato per niente, né deve venire danneggiato o sprecato”. Clemente si rifaceva ad alcuni passaggi della Bibbia tra cui il famoso comando della Genesi: “Siate fecondi e moltiplicatevi”. E citava anche la storia di Onan, punito con la morte per aver disperso il suo seme a terra per non fecondare la vedova del suo fratello morto, che aveva nel frattempo sposato. Secondo molti studiosi l’avversione di san Clemente a qualsiasi forma di controllo delle nascite derivava dallo stoicismo, una corrente filosofica greca che invitava al distacco dai beni materiali, considerati peccaminosi. Anche Sant’Agostino, nel V secolo, si rifece agli stoici nella condanna alle forme di contraccezione, aggiungendo che il sesso era un peccato anche per le coppie sposate ma sterili perché non potevano generare figli.
La discussione sulla contraccezione venne abbandonata dalla Chiesa in epoca medievale, forse perché la pratica era diventata meno comune. I tassi di natalità erano notevoli l’alto tasso di mortalità infantile e le brevi aspettative di vita limitavano molto il ricorso alla contraccezione. Secondo alcuni studiosi, inoltre, le frequenti carestie ed epidemie spingevano le persone a voler fare figli per ripopolare le città e i villaggi – durante la peste nera del 1348 morì un terzo degli abitanti dell’Europa, per esempio – e il problema di controllare le nascite era meno sentito. Secondo altri studiosi, invece, la Chiesa cercava comunque di condannare qualsiasi forma di contraccezione anche in quel periodo storico: le stesse “streghe”, per esempio, venivano spesso descritte come donne che, tra le altre cose, praticavano aborti o fornivano erbe e unguenti a scopo contraccettivo.
La questione della contraccezione riemerse durante il Rinascimento, o perlomeno le notizie sui tentativi di controllare le nascite diventano in quel momento storico più frequenti ed espliciti. Nel XVI secolo il chirurgo e anatomista italiano Gabriele Falloppio scrisse un trattato sulla sifilide, una malattia che si trasmetteva sessualmente, in cui parlava per la prima volta del preservativo. Falloppio raccontò di aver inventato una guaina di lino imbevuta in una sostanza chimica, da lasciare asciugare prima dell’uso, e sosteneva che, stando ai suoi esperimenti, questa impediva la trasmissione della sifilide.
Da allora il preservativo si diffuse, anche se lentamente, soprattutto per impedire la trasmissione di malattie, ma venne subito condannato dalla Chiesa Cattolica: nel 1605 il teologo Leonardus Lessius lo definiì immorale. Nel 1666 la Commissione sulle nascite inglesi attribuì una diminuzione delle nascite all’uso dei “condoms”: si tratta del primo documento che attesta l’uso della parola. Sempre in Inghilterra – nel castello di Dudley, vicino a Birmingham – sono stati ritrovai i primi preservativi: erano fatti di pesci e intestino di animali. L’uso del preservativo si diffuse sempre di più soprattutto tra le classi alte, col passare degli anni: nel XVIII secolo Giacomo Casanova usava delle “capsule protettive” – come lui stesso scrisse – per non ingravidare le sue amanti. Le sue preferite erano fatte con budella di agnello, ma usava anche la versione in lino descritta da Falloppio.
Nel 1843 l’azienda Goodyear perfezionò la produzione della gomma, rivoluzionando in questo modo anche la realizzazione dei preservativi: vennero fabbricati in gomma dal 1855 e in latex dagli anni Trenta in poi. I primi preservativi inoltre venivano lavati dopo l’uso, unti con olio di vaselina e riposti in appositi contenitori di legno per essere riusati. Da allora iniziarono a poter essere comprati nei pub, dal barbiere, nelle farmacie, nei mercati e nei teatri, inizialmente europei e più tardi anche americani. Continuavano a venire usati soprattutto dai ricchi e dagli alto borghesi, per i prezzi elevati e per mancanza di educazione sessuale nei ceti proletari. Molti paesi approvarono delle leggi per vietarne la produzione e la promozione, spesso grazie alla spinta e all’influenza delle gerarchie religiose, senza riuscire mai a bloccarne la diffusione: molti giornali e riviste di viaggi ne parlavano usando nomi in codice – erano spesso presentati come prodotti per l’igiene femminile insieme a spray spermicidi e altri tipi di contraccettivi – ma fornivano le istruzioni per fabbricarli a casa.
Nei primi anni del Novecento i preservativi si diffusero anche tra le classi medie e basse, grazie ai costi più abbordabili e al crescente desiderio di controllare le nascite dovuto alla rivoluzione industriale, all’urbanizzazione e alla nascita del femminismo, con il conseguente desiderio delle donne di essere indipendenti e di controllare il loro corpo. La diffusione dei preservativi fu anche favorita dallo scoppio delle due guerre mondiali: i governi infatti li distribuirono ai loro soldati per prevenire il diffondersi di malattie veneree.
Nel 1918 i preservativi divennero legali negli Stati Uniti proprio perché usati e importati dai soldati durante la Prima guerra mondiale. Stranamente la Chiesa intervenne sull’uso del preservativo molto tardi. Nel 1930 Pio XI lo vietò nell’enciclica Casti Connubii, insieme a qualsiasi altro metodo di contraccezione. Anche le confessioni protestanti condivisero una simile visione, che però andarono ammorbidendo negli anni successivi mentre la posizione della Chiesa cattolica rimase invariata e venne ribadita nel 1968 da Paolo VI nell’enciclica Humanae vitae. L’ultimo cambiamento significativo nella storia della contraccezione risale agli anni Sessanta, con l’invenzione della pillola contraccettiva: da allora si è perfezionata sempre di più ed è diventata il principale strumento per il controllo delle nascite, mentre il preservativo rimane al secondo posto. La Chiesa si dice contraria anche alla pillola contraccettiva, naturalmente.
Foto: JACQUES DEMARTHON/AFP/Getty Images