Che cos’è ACTA
Oggi è la giornata di protesta internazionale contro il discusso accordo in difesa della proprietà intellettuale, su cui ieri anche la Germania ha rinviato la decisione del parlamento
Per oggi diversi gruppi di attivisti hanno indetto una giornata di mobilitazione internazionale contro l’ACTA, l’accordo in difesa della proprietà intellettuale firmato il 26 gennaio a Tokio dai rappresentanti di quasi 40 stati e ora in attesa di essere approvato dal Parlamento Europeo. Alla giornata hanno aderito anche diversi giornalisti ed esperti di tecnologia, come Cory Doctorow, uno dei più celebri autori del sito BoingBoing. L’ACTA è un accordo intergovernativo molto discusso e controverso, tanto che proprio ieri il parlamento tedesco ha deciso di rinviare la decisione sulla sua ratifica. Il parlamento ha giustificato la propria decisione con la volontà di analizzare in profondità la questione, allargando la discussione alla società civile e agli utenti di internet. Nei giorni scorsi avevano già deciso di rinviare l’approvazione Lituania, Repubblica Ceca, Polonia e Slovacchia.
Che cos’è l’ACTA?
Dietro la sigla ACTA, in inglese Anti-Counterfeiting Trade Agreement, c’è una trattativa internazionale in corso dal 2008, ma che fino a pochi mesi era rimasta poco conosciuta. L’obiettivo dell’accordo è uniformare le leggi internazionali che regolano la proprietà intellettuale, in modo da poter disporre di metodi più efficaci per contrastare la pirateria e la contraffazione, in primo luogo su internet. Negli obiettivi dei promotori ci sarebbe, secondo i critici, anche il controllo sulla produzione di farmaci e vaccini generici a basso costo e sul libero utilizzo di prodotti agricoli brevettati dalle multinazionali del settore.
Sugli effetti che la messa in pratica dell’ACTA potrebbe avere sulla nostra vita quotidiana non ci sono molte certezze, anche perché l’accordo prevede che ogni paese abbia la responsabilità di scegliere gli strumenti per intervenire in caso di violazioni. Quel che sembra probabile è un potenziamento delle singole autorità nazionali di controllo sulle telecomunicazioni (che in Italia è l’AGCOM) e un aumento di responsabilità per i fornitori di servizi internet che, se venissero essere considerati corresponsabili delle attività degli utenti, potrebbero essere spinti a controllarne i movimenti e le azioni online.
A che punto è l’approvazione?
Dopo quasi 5 anni di trattative, il 26 gennaio l’accordo è stato firmato a Tokio da una quarantina di stati tra i quali Stati Uniti, Giappone, Australia, Canada e 22 dei 27 stati membri dell’Unione Europea. Per quanto riguarda l’Unione Europea, però, il passo decisivo per l’applicazione dell’accordo è la ratificazione da parte dei singoli stati e del Parlamento Europeo, che si ritroverà a votare sull’argomento il prossimo giugno. In quest’ottica hanno fatto molto scalpore le dimissioni dall’incarico di relatore dell’europarlamentare francese Kader Arif, arrivate il giorno stesso della firma di Tokio, insieme con gli interrogativi dello stesso Arif sulla mancanza di trasparenza nelle procedure.
Le proteste contro l’ACTA
Già a partire dal 2010, quando le prime indiscrezioni sull’ACTA iniziarono a circolare, ci furono reazioni da parte di alcuni utenti di internet, che si dissero preoccupati dagli effetti che l’accordo avrebbe potuto avere sulla libertà di espressione online. In seguito alla firma del 26 gennaio, le proteste si sono diffuse in tutto il mondo, sia online che offline. Anonymous, la più famosa rete internazionale di hacker, ha organizzato diversi attacchi informatici a siti istituzionali, come quello dello scorso 31 gennaio contro il ministero della giustizia greco. Nel frattempo in tutto il mondo sono state organizzate raccolte di firme e manifestazioni: la settimana scorsa in Polonia e in Slovenia migliaia di persone sono scese in strada, mentre per oggi sono state organizzate centinaia di manifestazioni in tutta Europa.
foto: AP Photo/Mindaugas Kulbis